Rafforzamento o cessione di sovranità? Italia al bivio
Francesi e tedeschi vogliono la nostra Oto Melara che produce cannoni e la WASS-Sistemi subacquei. Leonardo per 600 milioni fiuta l'affare, ma cedere questi gioielli ai franco-tedeschi significa consentire ai nostri rivali europei di acquisire il know-how e le eccellenze delle nostre aziende col rischio che entro qualche anno vengano chiusi gli stabilimenti italiani per spostare la produzione. La nascita dell’Europa della Difesa nasce su base di cooperazione o di assimilazione della nostra industria?
La notizia che il consorzio franco-tedesco KNDS, leader europeo nel settore degli armamenti terrestri che unisce KMW e Nexter, ha presentato a Leonardo un'offerta per acquistare la ex Oto Melara, storico produttore di cannoni navali e mezzi blindati e corazzati, e la ex WASS, società di punta nella realizzazione di siluri, equipaggiamenti e droni subacquei, evidenzia il bivio strategico e industriale a cui si trova di fronte l’Italia.
La notizia dell’offerta franco-tedesca, riportata nei giorni scorsi dal quotidiano Repubblica ma da settimane a conoscenza degli addetti ai lavori, pone infatti il governo Draghi davanti a una scelta che avrà ripercussioni rilevanti sull’industria della Difesa nazionale e al tempo stesso definirà le reali linee guide dell’esecutivo in termini di sovranità nazionale e di tutela del ruolo dell’Italia in Europa.
Legittima la volontà di Leonardo, azienda pubblica, di cedere le attività e gli stabilimenti ex Oto Melara di La Spezia e Brescia ed ex Whitehead Sistemi Subacquei (WASS) di Livorno, dal 2016 confluite nella Divisione Sistemi di Difesa di Leonardo, ma al tempo stesso resta auspicabile la volontà del governo di mantenere la proprietà italiana e pubblica degli stabilimenti e delle capacità delle due aziende.
Leonardo le vorrebbe cedere per rafforzarsi nel settore dell’elettronica puntando a incassare dalla vendita i 600 milioni necessari all’acquisto del 25 per cento delle azioni dell’azienda elettronica tedesca Hensoldt.
Fincantieri, azienda anch’essa a controllo pubblico e leader mondiale nella produzione di navi da crociera e militari (oggi peraltro attiva in numerosi altri settori), si è offerta immediatamente di rilevare le attività che Leonardo intende cedere.
Per alcune settimane sono circolate voci di una difficile intesa tra le due società italiane proprio sul prezzo e nei giorni scorsi sono circolate voci di un’offerta da KNDS addirittura tripla di quella di Fincantieri. Voci che sembrano volutamente esagerate per favorire l’idea che cedere agli stranieri possa risultare conveniente. La questione del resto non dovrebbe però limitarsi a pure valutazioni di costo poiché mantenere all’interno del perimetro industriale nazionale aziende leader come Oto e WASS significa salvaguardare nel tempo capacità produttive, posti di lavoro e competitività sui mercati.
Cederle ai franco-tedeschi significa consentire ai nostri rivali europei di acquisire il know-how e le eccellenze delle nostre aziende col rischio che entro qualche anno vengano chiusi gli stabilimenti italiani per concentrare la produzione in Francia o Germania. Per qualche centinaio di milioni vale forse la pena cedere a stranieri l’Oto Melara leader nel mondo nei cannoni navali soprattutto ora che è stato messo a punto il rivoluzionario munizionamento intelligente a lungo raggio Vulcano?
O WASS che con i suoi siluri hi-tech compete nel mondo proprio con aziende francesi e tedesche in questo mercato ad alto valore strategico?
E’ vero che sul fronte dei mezzi corazzati Oto non è più da tempo competitiva ma rivitalizzarla, come intende fare Fincantieri per inserirla all’interno di progetti di cooperazione europea come il carro armato franco-tedesco MGCS o il nuovo cingolato da combattimento è cosa ben diversa dal cederla alla concorrenza.
Per intenderci: nei grandi programmi europei l’Italia può entrare da protagonista, più ad alto profilo nel settore navale, con quote minori in quello terrestre, ma mettendo sovranità e impianti produttivi.
L’alternativa è la cessione di interi rami industriali a francesi e tedeschi determinando la nascita dell’Europa della Difesa non su una base di cooperazione ma bensì di assimilazione della nostra industria a quelle delle due maggiori potenze continentali.
Considerato che sia Leonardo che Fincantieri sono di proprietà pubblica non dovrebbe risultare difficile al Ministero dell’Economia e Finanze (MEF), azionista di maggioranza di entrambe le società attraverso Cassa Depositi e Prestiti, trovare un’intesa finanziaria soddisfacente per entrambi nella trattativa in corso, a meno che non si voglia politicamente cogliere la palla al balzo per avviare la svendita dell’industria italiana ad alta tecnologia di valore strategico.
Di sicuro dell’affare Oto Melara/WASS avranno parlato ieri Draghi e Macron e non c’è dubbio che l’esecutivo italiano è oggi chiamato a mostrare il suo vero volto in termini di tutela degli interessi strategici nazionali.
Ridicolo poi tirare in ballo il ritornello della cessione di sovranità necessaria nel nome dell’Europa. Dopo anni di trattative Parigi si è rifiutata di cedere il controllo dei Chantiers de l’Atlantique (STX) all’italiana Fincantieri mentre non aveva avuto difficoltà a cederne per anni il controllo a un partner sudcoreano,
Per comprendere con quale spirito di “fratellanza europea” i francesi considerino le aziende italiane è sufficiente leggere cosa ha scritto recentemente il quotidiano economico La Tribune, vicino all’industria della difesa d’Oltralpe, che lamenta l’aggressività e i successi commerciali di Fincantieri nel settore delle navi militari come un grosso ostacolo e un temibile rivale per la cantieristica francese.
Del resto sulla necessità di fare chiarezza e di mantenere le ex Oto Melara e WASS “italiane e pubbliche” si sono già espressi tutti i sindacati nonché Lega e PD.
La prima dichiarazione, inequivocabile, l’ha espressa in tal senso il sottosegretario alla Difesa Stefania Pucciarelli (Lega) che l’11 novembre in un comunicato ha sottolineato la necessità di scongiurare il rischio che «dall’ipotesi di vendita non debba derivare la consegna della proprietà nelle mani di imprese straniere» esprimendo preoccupazione per il rischio «di spacchettamento e cessione a realtà estere» affermando che «dovremmo incrementare ed affinare logiche virtuose di accorpamento all’insegna dell’italianità, ormai ineludibili per generare la ‘massa critica’ necessaria sia per competere sui mercati globali sia per sostenere il rango di nazione progredita e influente in seno alla comunità internazionale che l’Italia merita».
Anche Roberto Paolo Ferrari, responsabile dipartimento Difesa della Lega e capogruppo in Commissione Difesa alla Camera, ha espresso chiaramente la necessità che «Oto Melara e Wass, poste in vendita da Leonardo, restino di proprietà italiana e pubblica attraverso l'acquisizione da parte di Fincantieri, in quanto assetti industriali strategici della Nazione. La loro cessione a gruppi industriali stranieri comporterebbe la perdita di un patrimonio industriale fondamentale per il nostro Paese, in prospettiva anche occupazionale, e impedirebbe la realizzazione di importanti sinergie e cooperazioni in ambito europeo che restano una opzione percorribile solo se l'Italia manterrà il controllo sull'apparato nazionale dell'industria della Difesa».
Nella serata di venerdì anche il PD si è espresso in proposito con il deputato livornese Andrea Romano. «La vendita di Oto e Wass rappresenterebbe un rischio per l'occupazione e la perdita di attività ad alto contenuto di innovazione. Se Leonardo non ritiene più strategiche le attività, è essenziale che il Governo si adoperi affinché esse restino nell'ambito nazionale sotto il controllo e la gestione di un soggetto industriale nazionale del settore della Difesa'».
Le altre forze politiche, e soprattutto Palazzo Chigi e il MEF, al momento non si sono espresse.