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CAMPAGNE

Radicali e giustizia, un binomio improbabile

Il leader radicale Pannella cavalca il tema della giustizia e del sovraffollamento delle carceri.
Ma il gioco è ormai scoperto.

Attualità 22_11_2011
carecre

Ieri il settimanale Tempi ha lanciato una campagna di opinione per denunciare la situazione disumana delle carceri, chiedendo che il Parlamento dedica di concedere l'amnistia. Il direttore del settimanale, Luigi Amicone, ha sottolineato come quello delle carceri sia un vero e proprio scandalo nazionale che, non a caso, ci è costato diversi richiami dall'Unione Europea. Un tema certamente importante, sul quale torneremo nei prossimi giorni. Qui però vogliamo prendere in esame il coinvolgimento nella campagna del leader del Partito Radicale Marco Pannella. Abbiamo chiesto di spiegare l'origine e l'obiettivo dell'impegno dei Radicali sul tema della giustizia a un uomo che per venti anni è stato ai vertici del Partito Radicale e che perciò conosce bene dal di dentro questa realtà.

Eugenia Roccella, già portavoce del Family Day, in una dichiarazione alla stampa del 18 aprile 2011, ha affermato: “Ai radicali, dai quali molto ci divide, vanno però riconosciuti la trasparenza e il coraggio delle proprie opinioni. L’esplicita campagna sull’eutanasia attuata in questi giorni con lo scioccante manifesto che chiede anche il sostegno dei fondi del 5 per mille, ne è un esempio. Spesso infatti dietro la dura opposizione al disegno di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) che andrà presto in aula alla Camera, ci sono posizioni simili, ma mascherate. Pensiamo ad esempio alla battaglia sulla sospensione di idratazione e alimentazione oppure all’obbligo da parte del medico di eseguire qualunque volontà, anche eutanasica, espressa dal paziente, e ancora a chi non vuole che il parlamento legiferi e preferisce lasciare alle sentenze dei tribunali le decisioni sulla vita e la morte, contando su altri casi Englaro. E’ importante invece che il dibattito, nel paese come in Parlamento, si svolga con estrema chiarezza, chiamando le cose con il loro nome, perché la possibilità di giudicare da parte dei cittadini non sia confusa da terminologie ambigue o volutamente fuorvianti”.

Esaltare la trasparenza e il coraggio radicali, significa null’altro che riconoscere  quanto fascino ancora susciti il metodo radicale, che si pone in antitesi con quello cattolico, perché non ha nulla da spartire con la libertà e con la verità. Quel metodo non distingue tra mezzi e fini. A quel metodo, fondato sull’interesse, importano solo gli obiettivi da conseguire.

E’ un metodo sofisticato che corrisponde al tratto più singolare dell’esperienza politica dei radicali, quello di coltivare nicchie di consenso elettorale. A Pannella non interessano i grandi numeri. Quando li ha realizzati - ed è accaduto molte volte - se n’è sbarazzato subito, perché non avrebbe potuto governare un partito cosiddetto di massa. Si è proposto ed ha organizzato, con grande intelligenza, un partito d’elite, che si è sempre rivolto a piccoli nuclei di persone, per farli divenire simbolo di iniziative, poi condivise da molti. Usando tutti i mezzi a disposizione, sono stati individuati via via i temi e i relativi portatori d’interesse, per ottenere immediatamente il consenso, per sedimentarlo e renderlo riconoscibile, “sicuro”. Si dirà: questo è un connotato della politica. E’ vero, ma per i radicali corrisponde ad un metodo, che si è ripetuto per decenni, in maniera costante. E’ la loro forza, usata attraverso un armamentario di propaganda che non conosce precedenti nella storia politica del Paese. Forse solo Berlusconi, è riuscito - nei primi anni della sua discesa in campo - ad usare tecniche sofisticate e spregiudicate di comunicazione, di pari forza a quelle adottate da Pannella.


Che cosa sono state le battaglie sul divorzio e l’aborto, se non l’individuazione di una “massa critica” da coinvolgere attivamente perché portatrice di interessi personali che si dovevano tradurre in obiettivi politici? Nell’Italia degli anni ‘70, Pannella si rivolgeva direttamente ad una consistente fetta della popolazione, che poteva rappresentare un concreto e vasto potenziale di mobilitazione politica. Che cosa è stata la battaglia sulla fame nel mondo dei primi anni ’80, se non il tentativo spregiudicato di coinvolgere nelle iniziative radicali la parte cattolica, che era stata contrastata nel decennio precedente?


Per l’intero decennio degli anni ‘80, il tema della giustizia servì per garantire una consistente rappresentanza parlamentare. I radicali si pronunciarono per lo sciopero del voto contro il regime, ma presentarono egualmente le liste, capeggiate da Toni Negri, leader di Autonomia Operaia, dal ’79 in carcere per banda armata e altri reati. Eletto, fuggì all’estero. Nel 1984, andò meglio con Enzo Tortora, eletto al Parlamento europeo, dal quale si dimise per affrontare il processo. In quegli anni, era intenso il dialogo con i socialisti e Claudio Martelli, delfino di Craxi, propose, insieme ai radicali, la raccolta di firme sul referendum sulla responsabilità civile dei magistrati. Ancora una volta, il tema della giustizia - insieme a quello contro il nucleare - fu usato come grimaldello per ottenere, nel 1987, la rappresentanza parlamentare.


Agli inizi degli anni ’90, il tema della giustizia venne abbandonato. Mentre i giudici di Milano, a colpi di inchieste, abbattevano la loro scure sulle macerie della Prima Repubblica, Pannella decuplicava i suoi iscritti, per disperderli, immediatamente dopo, convocando alle sette della mattina i parlamentari inondati dalle inchieste della magistratura.


Verso la metà degli anni ’90 e fino alle elezioni europee del 1999 - quando furono raccolti sette parlamentari e due milioni e mezzo di voti, per poi immediatamente disperderli - l’iniziativa dei radicali si rivolse alle cosiddette “partite iva”. Si parlava di rivoluzione liberale e le partite iva dovevano esserne gli artefici. Poi, negli anni 2000, l’iniziativa dominante divenne quella dello slogan “dal corpo dei malati al cuore della politica”: i temi della ricerca scientifica e dell’eutanasia divennero fondanti dell’azione politica.


Ora, i radicali sono tornati ad occuparsi in maniera preminente di giustizia, ma a ben guardare, anche oggi, si tratta di coagulare attorno a quest’iniziativa una nicchia di consenso, il mondo delle carceri - detenuti e loro familiari - avvocati e parti consistenti della magistratura, direttori e guardie penitenziarie, associazioni e così via, per formare un bacino elettorale consistente e prezioso alla bisogna. Non basta dire che le battaglie siano giuste, per condividerle. Occorre sempre guardare da chi vengono condotte e perché vengono condotte. Anche la Rivoluzione Francese, con le sue parole d’ordine - libertà, eguaglianza, fraternità - si poteva considerare vicina, e per alcuni in effetti lo era, alle idee del Cristianesimo. Poi, sappiamo, come andò a finire. I radicali, che possono essere considerati nell’Italiana contemporanea, gli epigoni di quella Rivoluzione, nonostante usino tecniche suadenti che evocano necessità e bisogni evangelici - il caso dei diritti dei sofferenti in carcere è esemplare da questo punto di vista - rappresentano l’antitesi del pensiero cattolico, che si traduce in opere di bene disinteressate e prive di secondi fini.