Quell'ultima cena di un Gesù tradito e rassegnato
Nell'Ultima Cena di Andrea del Castagno, Gesù appare rassegnato, triste, conscio del tradimento del “nemico che era nella sua famiglia”. Il suo calvario comincia lì, in quel momento, con quella cena e quel tradimento. È arrivata fino a noi con la sua grazia, i colori, la precisione e soprattutto la figura di Cristo, maestro e modello di vita, è un esempio anche per l'umanità contemporanea.
- LA RICETTA
In una serie di articoli abbiamo analizzato delle opere d'arte che raffigurano la vita pubblica di Gesù - il battesimo, le predicazioni, i miracoli e gli esorcismi. Ne esce un Gesù affascinante, singolare e ispirante: un predicatore ebreo venuto dalla Galilea, che ha lanciato un movimento rivoluzionario che proclamava la venuta del Regno di Dio. I discorsi di Gesù minacciavano l'ordine costituito dall'Impero Romano e dalla gerarchia religiosa ebraica. Il rivoluzionario che ha percorso la Galilea attirando centinaia di discepoli e sfidando l'autorità dei sacerdoti del Tempio a Gerusalemme fu poi tradito, da uno dei suoi. Fu giudicato, condannato e ucciso: fin qui, tutte cose che accadono agli umani.
Ma poi risorse e andò da suo Padre in Cielo: divino e sovrannaturale. Gesù è questo, una figura complessa e a volte contraddittoria: uomo di pace che esorta i seguaci a prendere la spada, un esorcista e guaritore autoproclamatosi re dei Giudei, carismatico e convincente.
Soprattutto chiaroveggente: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa.” (Matteo, 10:34-36).
Può stupire questa frase in cui Gesù annuncia che è venuto per separare i membri delle famiglie.
Ma era la verità: in quei tempi, forse i più tumultuosi della storia, era ciò che stava succedendo, di fatto, nelle famiglie e nelle comunità: molta divisione, molta discussione, conseguenza dell’annuncio della Buona Novella tra i giudei di quel tempo, perché alcuni accettavano, altri negavano. Oggi la storia si ripete: nel terzo millennio sembra che la sua figura e la sua persona sia ancora “pietra di scandalo”, poiché Gesù per gli ebrei è stato solo un predicatore itinerante, ma non il Messia atteso. Per loro non era Figlio di Dio, non ha compiuto miracoli, non è nemmeno risorto dopo la morte e men che meno è asceso al Cielo.
Nella visione islamica la figura di Gesù è presentata come uno dei maggiori profeti venuti prima di Maometto; è nato verginalmente, ha compiuto dei miracoli per volere divino, non è morto ed è asceso al Cielo e deve tornare alla fine dei tempi quando sconfiggerà l'anticristo. Ma non era Dio, secondo la sūra CXII del Corano (Al-Ikhlâs, Il Puro Monoteismo).
Con i poteri che il Padre gli aveva dato aveva forse "visto" il tradimento di Giuda? ("i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa"). Non lo sapremo mai. Fatto sta che in effetti fu tradito dal nemico che aveva in casa. Successe tutto durante una cena, l'ultima che Gesù ha condiviso con i suoi discepoli. Quel momento fu raffigurato tante volte nell'arte, da tanti artisti, più o meno conosciuti.
Chi scrive ha abituato i propri lettori a "scoprire" opere e artisti meno conosciuti dal grande pubblico. Per questo forse vale la pena di analizzare un bellissimo affresco, che si trova nella chiesa di Sant'Apollonia a Firenze. L'autore è il pittore fiorentino Andrea del Castagno (1419-1457), nato Andrea di Bartolo di Bargilla, che con i suoi chiaro-scuri minuziosi ha influenzato la Scuola di Ferrara.
Il realismo con il quale dipinge le figure lo rendono famoso fin dai primi lavori. Per esempio, dopo la Battaglia di Anghiari del 1440 tra i Milanesi e i Fiorentini (vinta da questi ultimi), la Repubblica di Firenze diede l'incarico a Andrea di dipingere i ribelli (impiccati all'indomani della Battaglia) sulla facciata del Bargello (palazzo costruito nel 1255 che fu dal Medioevo fino al Rinascimento la sede della polizia cittadina). Lui dipinse i personaggi con un tale realismo che dava brividi ai passanti, che lo soprannominarono “Andreino degli impiccati”.
L'artista conosce il successo fin dall'inizio, eccelle soprattutto negli affreschi, ma dipinge anche le vetrate delle chiese.
Eseguì tra il 1440 e il 1444 gli affreschi della Crocifissione dei santi, nel chiostro piccolo di Santa Maria degli Angeli a Firenze (attualmente sono custoditi presso l'Ospedale Santa Maria Novella). Gli effetti della prospettiva e delle figure mostrano l'influenza di Masaccio.
Nel 1442 andò a Venezia dove eseguì gli affreschi nella cappella di San Tarasio della chiesa di San Zaccaria; e poi alla Basilica di San Marco con un affresco della Morte della Vergine (1442-1443). Ritornato a Firenze nel 1444, progettò per la cattedrale una vetrata della Deposizione dalla Croce. Il 30 maggio 1445 entrò a far parte dell'Arte dei Medici e Speziali e lavorò per i monaci benedettini. Per loro eseguì dal 1445 al 1450 gli affreschi del refettorio di Sant'Apollonia raffiguranti diversi episodi della vita di Cristo, tra cui l'Ultima Cena, che è ancora lì, conservato nella sua posizione originaria.
Il monastero delle Benedettine di Sant'Apollonia è il più grande monastero femminile di Firenze, fu fondato nel 1339. “L'ultima cena” fu affrescata sull'intera parte inferiore di una lunga parete: la scena si svolge in un ambiente riccamente decorato, dove ogni elemento architettonico è curato nel minimo dettaglio. L’impostazione prospettica è rigorosa, accentuata dall'effetto geometrico delle linee del pavimento e del soffitto. Nella parte superiore della parete sono raffigurate la Resurrezione, la Crocifissione e la Deposizione nel sepolcro.
Nel 1953 il distacco della parte superiore per motivi di conservazione rivelò le sinopie (disegni preparatori), che oggi si ammirano sulla parete opposta della sala. Questa e tante altre opere sono state create da Andrea del Castagno nella sua breve vita: è morto di peste nel 1457, a soli 38 anni. La sua “Ultima cena” gli è sopravvissuta, arrivando fino a noi, con la sua grazia, i colori, la precisione e soprattutto la figura di Cristo: rassegnato, triste, conscio del tradimento del “nemico che era nella sua famiglia”.
Il suo calvario comincia lì, in quel momento, con quella cena e quel tradimento.
Gesù, maestro e modello di vita, è un esempio anche per l'umanità contemporanea. LuI ci insegna come rinnovarci spiritualmente, come diventare samaritani nelle vie della vita, capaci di gratuità e generosità. Servire quei uomini “mezzi morti” menzionati nel capitolo 25 del Vangelo secondo Matteo: l'affamato, l'assetato, il forestiero, il nudo, l'ammalato, il carcerato. Il fine ultimo del servire è la propria salvezza, la salvezza di tutti noi, per guadagnare la vita eterna.