Quell'ecologismo d'accatto che inquina le menti
Il Ministro della Salute Renato Balduzzi ha presentato ad Aversa i risultati di uno studio secondo cui non esiste alcun nesso causale fra l'esposizione a siti di smaltimento e specifiche patologie.
La demagogia degli ambientalisti, che così poco a che fare con l’“ecologia umana” e che “incanta” gli strati sociali più umili della popolazione soprattutto delle terre martoriate del Mezzogiorno, produce l’abbandono della ragione.
Lo si è visto nel caso dell’ILVA, dove nessuna perizia ha ancora dimostrato il nesso intercorrente tra morti per neoplasie o altre malattie di pari gravità e inquinamento prodotto dal polo siderurgico. Stessa cosa è accaduta l’altro giorno ad Aversa, quando il Ministro della Salute Renato Balduzzi ha presentato i risultati di uno studio sulla "Situazione epidemiologica della Regione Campania e in particolare delle province di Napoli e Caserta con riferimento all'incidenza della mortalità per malattie oncologiche".
Dai dati di questo studio emerge che OAS_RICH('Left'); OAS_RICH('Left1'); nei territori delle province di Napoli e Caserta si muore due anni prima che nelle Marche - la regione che ha l'attesa di vita più elevata in Italia – ma, pur non escludendo “potenziali implicazioni sulla salute, che non possono essere escluse, non risulta alcun nesso causale accertato fra l'esposizione a siti di smaltimento di rifiuti e specifiche patologie”.
Secondo lo studio, "l'esposizione della popolazione ai rifiuti è in generale di tipo indiretto e perciò non è sempre semplice accertare le cause della mortalità tumorale. Tanto che uno studio di biomonitoraggio umano, ha dimostrato che le sostanze riscontrate nei fluidi biologici analizzati rientravano nei valori oggi ritenibili "normali".
In altre parole: l’aumento dei casi di neoplasie nei territori esaminati, non risulta essere conseguenza diretta della presenza in quegli stessi territori di siti inquinanti.
Dice il rapporto che la mortalità per tumori in Campania tra gli uomini è superiore ai valori del resto del paese per il contributo delle province di Caserta (solo per gli uomini) e di Napoli (per entrambi i generi), con tassi particolarmente elevati per tumori di fegato, laringe, trachea-bronchi e polmone, prostata, vescica (nelle donne solo del fegato, della laringe e della vescica). Nelle due province di Caserta e Napoli si osservano OAS_RICH('Middle'); i tassi più alti per molte sedi tumorali. Nella parte meridionale della Provincia di Napoli e nella parte settentrionale della Provincia di Caserta, precedenti studi hanno mostrato eccessi di mortalità per numerose cause, in particolare oncologiche, nonché eccessi di prevalenza alla nascita di malformazioni congenite.
Questo fenomeno, aggiunge il rapporto, ha fatto rilevare un andamento decrescente tra il 1988 e il 2008. Per l'incidenza dei tumori negli uomini, lo studio stima in Campania "livelli più elevati rispetto alla macro-area del Sud, ma generalmente in linea con il valore nazionale, ad eccezione del tumore del polmone, la cui incidenza si va riducendo, ma è più elevata della media nazionale.
Gli eccessi, in base allo studio, sono riconducibili in buona parte a fattori di rischio noti, quali la prevalenza di infezioni da virus per l'epatite C e B e la prevalenza dei fumatori. Nelle donne, la Campania presenta livelli più elevati rispetto alla macro-area Sud, ma generalmente inferiori ai valori nazionali (tutti i tumori, mammella, colon-retto) o equivalenti (stomaco, polmone, cervice).
Lo studio mette in guardia sugli stili di vita dei campani, che contribuiscono all'insorgere di malattie croniche, quali sedentarietà, eccesso di peso e fumo. Nonostante il contesto delineato, Balduzzi è stato duramente contestato, insieme ai componenti del gruppo di lavoro che ha redatto lo studio, da alcuni manifestanti appartenenti ai gruppi e ai movimenti civici - “Mamme Vulcaniche" di Terzigno, “Movimento cinque stelle” e "Comitato Fuochi", riferiscono le cronache - che da alcuni anni chiedono la bonifica del territorio di un’area oggetto dell’attività delle organizzazioni criminali che si dedicano al traffico dei rifiuti, ma nella quale sono presenti anche decine di discariche legali.
La contestazione non ha riguardato questo punto – legittimo e condivisibile – ma la preoccupazione che l’aumento dei tumori in quell’area sia conseguenza della presenza di rifiuti, del relativo inquinamento e dei roghi tossici.
”Qui stiamo morendo”, hanno gridato alcuni ed altri: “Noi moriamo per colpa della camorra e dei rifiuti e voi continuate a prenderci in giro".
La presa in giro deriverebbe dal fatto che lo studio non asseconda una convinzione sbandierata e sbagliata. Insomma, se la corrente di pensiero dominante è convinta che l’esposizione ai rifiuti produca il cancro, come si permette uno studio scientifico di dire che così non è? E, per giunta, come può affermare Stefania Salmaso, direttore del Centro nazionale di epidemiologia e sorveglianza dell’Istituto superiore di sanità (Iss), che ha contribuito alla stesura di quello studio che “la mortalità, sia per tumori che per altre cause, come d’altronde nel resto dell’Italia, è in diminuzione” e che “i dati del Rapporto non confermano un aumento della mortalità né un aumento della frequenza dei tumori nella regione e la maggiore mortalità si registra per malattie cardiovascolari e non per cancro”?
E’ tanto obnubilata la mente di coloro che si battono infervorati per un’idea, che perfino le evidenze scientifiche non bastano a scalfirla. Tanto che non si prendono in considerazione le indicazioni contenute nello studio per far decrescere l’alta percentuale di mortalità – “una raccolta sistematica di informazioni; la promozione di corretti stili di vita; la prevenzione e il potenziamento delle campagne di screening, l'accesso alle cure e i percorsi diagnostico-terapeutici e riabilitativi, soprattutto per le fasce povere della popolazione" – ma ci si concentra su una verità già precostituita e confezionata.
Tutto questo avviene in un’area del paese già fortemente martoriata, per la presenza della criminalità organizzata, per gli intrecci che questa riesce a operare con settori consistenti del potere e del sottopotere e per le condizioni di povertà in cui vive gran parte della popolazione. “Il popolo è allo stremo, sfiduciato, stanco, depresso e sono aumentate a dismisura le malattie”, scriveva Mons. Angelo Spinillo, Vescovo di Aversa, nel settembre scorso, al Presidente del Parlamento europeo, evidenziando “l’angosciante dramma relativo alla presenza di rifiuti tossici industriali abbandonati in spazi destinati alla vita pubblica o al lavoro agricolo, che vengono poi bruciati e interrati nelle nostre campagne come nelle periferie delle città”, chiedendo di “interessare il Parlamento Europeo per dare una svolta a questa trappola dalla quale, da anni, non sappiamo liberarci”.
Che quello dell’abbandono dei rifiuti sia un dramma non ci sono dubbi e occorre intervenire, ma fornendo anche a quel “popolo allo stremo” gli strumenti utili a non inquinare le loro menti e non assecondando quell’ecologismo d’accatto che genera solo confusione.