Quelle emergenze che l'Europa non vuole vedere
La crisi greca è, diciamolo ancora una volta, un temporale mascherato da uragano. Come ogni temporale esige qualche precauzione, ma non è di certo un grave problema. I problemi urgenti e gravi dell’Europa di oggi sono altri, sono quelli di cui si parla poco o nulla. Dall’Ucraina al Vicino Oriente.
La crisi greca è, diciamolo ancora una volta, un temporale mascherato da uragano. Come ogni temporale esige qualche precauzione, ma non è di certo un grave problema. Se monopolizza le prime pagine di giornali e di telegiornali è soltanto perché conviene a un sistema massmediatico governato da catene televisive transnazionali specializzate in programmi di telecronaca permanente. In tale quadro una vicenda come quella del referendum greco “funziona” come la finale di un campionato mondiale di calcio. Se ben gestito richiama un grande pubblico e quindi ha un grande valore pubblicitario. Tutto qui.
I problemi urgenti e gravi dell’Europa di oggi sono altri, sono quelli di cui si parla poco o nulla. Oggi l’informazione è uno specchio sostanzialmente deformato cui con le nostre forze siamo chiamati a porre rimedio ogni giorno in tutta la misura del possibile. Restando al caso dell’Unione Europea, il suo problema più grave non è la Grecia bensì l’instabilità crescente della sua intera frontiera strategica verso Est e Sudest, dall’Ucraina al Vicino Oriente. Sia nel caso dell’Ucraina sia in quello delle guerre in corso in Siria e in Iraq, per non dire dell’anarchia in Libia, non si sta facendo niente di serio e di efficace. All’ombra della continua girandola di incontri (ampiamente riecheggiati dai telegiornali) dei maggiori leader dell’Unione Europea, è tutto fermo. Se si va a vedere come era la situazione all’inizio dell’anno cadono le braccia. Non si registra un solo passo avanti, e quindi sono stati fatti molti passi indietro.
È sempre più evidente che gli Stati Uniti si stanno ritirando dall’area euro-mediterranea lasciando dietro di sé diversi focolai di crisi e di tensione. La Germania si sta illudendo di ereditarne il ruolo dietro l’usbergo di un’Unione europea a guida tedesca, ma è una tentazione alla quale è meglio aiutarla a resistere. Sempre nella storia le ambizioni egemoniche della Germania hanno avuto pessimo esito non solo per l’Europa, ma per la stessa Germania. E quel che già si vede basta per concludere che pure questa volta andrebbe a finire allo stesso modo. Ponendosi anche come referente di tutti quei Paesi dell’Ue, specialmente dell’Est, che hanno di che temere da una politica estera dell’Unione a guida tedesca, l’Italia avrebbe delle carte da giocare. Per questo però qualche dichiarazione televisiva e qualche intervista a grandi giornali non bastano. Occorre un progetto chiaro e un lavoro sistematico; occorre tessere dei rapporti e poi saperli mantenere; occorre creare le condizioni per alleanze stabili.
Tra Palazzo Chigi e la Farnesina invece non si vede oggi nulla di tutto questo. Il bello è che la nomina di Federica Mogherini a “ministro degli Esteri” dell’Unione in teoria avrebbe dovuto essere un vantaggio. Invece non sembra affatto, tanto più che la poverina è scomparsa del tutto dalla scena, travolta da Angela Merkel e dalla sua politica delle intese bilaterali dirette. Per fermare o almeno per condizionare tale sviluppo sarebbe poi necessario farla finita con le riunioni del Consiglio europeo ispirate solo alla necessità di dare risposte immediate a problemi immediati. Non è così che si costruisce un adeguato ruolo in sede internazionale di un’entità come l’Unione Europea che, per dimensioni economiche, geografiche e perciò geopolitiche, insieme agli Stati Uniti, alla Russia, alla Cina e all’India è uno dei cinque principali attori delle relazioni internazionali del nostro tempo. E non può evitare di esserlo. Quando infatti si hanno certe dimensioni non si può uscire di scena: o si diventa una grande locomotiva o si viene trasformati in un grande vagone.