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IL GIUBILEO LETTERARIO / 16

Quell'Anno Santo sobrio di trecento anni fa

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Segnato dal Concilio provinciale romano per la riforma della Chiesa, il 1725 ebbe i tratti di un pellegrinaggio caratterizzato da sobrietà e umiltà di cui diede prova lo stesso pontefice Benedetto XIII. Fu lui poi a canonizzare Luigi Gonzaga e un teologo e mistico che fu tra i massimi poeti di lingua spagnola: Giovanni della Croce.

Cultura 24_02_2025

Trecento anni fa si inaugurava la magnifica scalinata di Trinità dei Monti che congiunge la Chiesa omonima sul Pincio con Piazza di Spagna. Fu opera dell’architetto romano Francesco de Sanctis, da non confondersi con l’illustre critico letterario, saggista e politico italiano dell’Ottocento. Già dalla seconda metà del Cinquecento era nata l’idea di realizzarla, ma solo il bando di concorso di papa Clemente XI, cui parteciparono i migliori architetti del tempo, aprì la strada alla sua realizzazione. Alla messa di chiusura del diciassettesimo Anno Santo del 1725 tutti poterono ammirarla.

Fu papa Benedetto XIII a indire la bolla Redemptor et Dominus noster per il Giubileo ordinario del 1725. Era il giugno del 1724, Papa Innocenzo XIII era morto tre mesi prima. Benedetto XIII apparteneva alla prestigiosa e nobiliare famiglia Orsini. Prima di lui già due Orsini erano saliti al soglio pontificio: Celestino III e Niccolò III. Quest’ultimo fu reso immortale nella memoria dalla Commedia di Dante che lo pose tra i simoniaci all’Inferno. Collocato a testa in giù, con le estremità delle gambe che fuoriescono dai fori, il papa dimena le gambe in modo più vivace degli altri dannati. Davanti a lui, Dante appare come il frate che confessa il perfido assassino. Niccolò III, sul soglio pontificio dal 1277 al 1280, crede che sia già giunto il dannato che è destinato a sospingerlo giù nel foro e a rimanere con le gambe in fuori. Niccolò III si presenta come figlio dell’Orsa (quindi Orsino), così desideroso di far sopravanzare gli Orsatti (cioè i suoi parenti) che guadagnò tanto denaro in vita e ora si è guadagnato l’Inferno. Poi il dannato profetizza l’arrivo prima di Bonifacio VIII e poi di Clemente V (sul soglio pontificio dal 1305 al 1314), il Papa responsabile dell’inizio della cattività avignonese per la Curia romana.
In questo modo, a causa dei versi danteschi, il nome degli Orsini rimase indissolubilmente legato alla simonia. Benedetto XIII volle fin da subito attaccare questo vizio della Chiesa. Era un domenicano e portò l’abito bianco dell’ordine anche dopo l’elezione. Volle che i sacerdoti conservassero la chierica, disdegnando le parrucche, di moda nel Settecento e che permettevano ai prelati (la sera durante le feste e le occasioni di gioco) di nascondere la tonsura, segno della loro consacrazione.

Durante il Giubileo papa Benedetto XIII aprì il Concilio provinciale romano per la riforma della Chiesa che si chiuse pochi mesi più tardi, quando il Giubileo era ancora in corso. Promosse la creazione di seminari per la formazione dei sacerdoti, secondo le linee direttive tracciate nel Concilio di Trento. I sacerdoti dovevano seguire le prediche ogni sabato e non dovevano frequentare i salotti mondani e giocare d’azzardo. Nel corso dell'Anno Santo fu lo stesso papa Benedetto XIII esempio di sobrietà e di umiltà: dal Quirinale si trasferì a risiedere in Vaticano (più vicino alla Basilica di San Pietro), si spostava per Roma con mezzi di trasporto modesti, svolgeva personalmente l’ufficio di penitenziere e impartiva l’estrema unzione ai moribondi che incontrava.
Emanò disposizioni perché il Giubileo si svolgesse nel modo più consono a un pellegrinaggio santo: proibì il carnevale, le feste, i giochi; vietò l’aumento dei prezzi di cibo e affitto per evitare le speculazioni.
Il numero dei pellegrini fu inferiore a quello del precedente Giubileo, ma si iniziava ad assistere ad una sorta di internazionalizzazione dei pellegrini che per l’occasione giunsero anche dalla Siria e dall’Egitto.Vennero riscattati trecentosettanta schiavi di differenti nazionalità, divenuti prigionieri dei Turchi, e furono accolti e ospitati a Roma.

L’anno che seguì il diciassettesimo Giubileo fu caratterizzato da importanti canonizzazioni.  Salirono alla gloria degli altari Giovanni della Croce e Luigi Gonzaga. Dichiarato dottore della Chiesa nel 1926, san Giovanni della Croce fu uno dei massimi poeti in lingua spagnola, teologo e mistico i cui trattati hanno influenzato sensibilmente la cultura e la spiritualità successi, gli scritti di Thomas Stern Eliot e di Edith Stein, filosofa convertitasi al cristianesimo e divenuta monaca col nome di Teresa Benedetta della Croce, morta nel campo di concentramento di Auschwitz.
Luigi Gonzaga si era prodigato in tutti i modi per assistere i bisognosi insieme a san Camillo de Lellis quando imperversò la pestilenza a Roma nel 1590-1591. Lui stesso vi trovò la morte a soli ventitré anni. Beatificato nel 1605 da papa Paolo V, canonizzato nel 1726, fu dichiarato patrono degli studenti nel 1729 da papa Benedetto XIII e patrono della Gioventù cattolica nel 1926 da papa Pio XI. Molte congregazioni religiose dedite all’educazione si ispirano a lui.        



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