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IL CASO

Quei baby genitori che ci danno una bella lezione

Lei ha 13 anni, lui ancora meno: 12. Si conoscono da quando erano piccoli. Frequentano la stessa scuola, prima da amici poi come fidanzatini. Da giugno sono già diventati papà e mamma. La ragazzina partorisce con i genitori accanto e l'intero quartiere che li sostiene. Una storia non come tante, una lezione per tutti.

Editoriali 07_10_2014
La lezione dei baby genitori di Conegliano Veneto

Bisognerebbe aggiungerla a quelle tre buone notizie (di cui Alfredo Mantovano ha dato conto), perché il poker d’assi sia finalmente completo. Una quarta storia per dire che non tutto è perduto, che c’è sempre una scheggia di bene sfuggita al caos calmo e senza speranza della nostra società. Quella dei due baby genitori di Castelfranco Veneto, passata sui grandi giornali quasi invisibile, come la scia di una stella filante. Poi “scandalo” è tornato nell’ombra, uscito dalle pagine: ma forse è meglio così. Qualcuno avrebbe potuto guastarlo, buttarlo nella mischia delle solite battaglie abortiste. La storia, invece, ha qualcosa di inedito e meraviglioso.

Così le cronache raccontano la vicenda. Lei ha 13 anni, lui ancora meno: dodici. Si conoscono da quando erano piccoli. Frequentano la stessa scuola prima da amici poi come fidanzatini. Nemmeno hanno l’età per prendere il patentino del motorino e da giugno sono già diventati papà e mamma. La ragazzina partorisce con i genitori accanto e compiuti i 14 anni riconosce il bambino che oggi ha poco più di tre mesi. Continuano, per quanto possibile, la vita di prima. A settembre hanno ripreso a frequentare la scuola media: entrambi fanno la terza, ma in classi diverse. Il quartiere, superato l’iniziale stupore, fa il tifo per loro.

Fine della storia, anche se quella vera deve ancora iniziare. Ma l’happy end non era affatto scontato e il pupo dei due baby genitori di Castelfranco Veneto avrebbe potuto anche non nascere. Le cifre dicono che sono più di mille ogni anno le minorenni che ricorrono all’aborto: quasi tre ragazzine al giorno. Secondo la Legge 194, quando la donna è minorenne per interrompere la gravidanza è necessario il consenso di entrambi i genitori o di chi esercita la tutela. Ma i due genitori ragazzini quel piccolo lo hanno voluto, la mamma ha portato a termine la gravidanza e il papa l’ha sostenuta. Non solo: con loro pure i genitori e i nonni hanno giocato una parte che non era affatto già scritta. Hanno condiviso la decisione, li hanno sostenuti e confortati.  «Anche se», confida la nonna del baby papà, «tutto è avvenuto troppo presto, come non essere felici per la meravigliosa creatura che ci hanno regalato: è un bel maschietto sano. I nostri ragazzi sono ancora piccoli», ma, «un bimbo che nasce è una gioia per tutti». Naturale? Mica tanto, forse un tempo: oggi naturale sarebbe invece la scelta contraria e follia il tenersi quel bambino, frasi fratello per età dei suoi genitori.

Dite la verità: chi con un briciolo di buon senso potrebbe giudicare non condivisibile l’opinione della solita psico-esperta dell’età infantile che dalle colonne di Repubblica predica saccente: «no, troppo, presto, quei due perdono la giovinezza, non hanno gli strumenti, la maturità per fare i genitori. Avere un figlio a quell’età è un po’ come giocare con le bambole». Parola di Anna Oliverio Ferraris. Dunque? La legge offre una scappatoia: abortire, liberarsi di quell’intruso venuto troppo presto a scompigliare piani e prospettive e a complicare il futuro dei due improbabili genitori. Non è forse questo che suggerisce il nostro comune senso del pudore? Come faranno quei due a diventare padre e madre, e educare e far crescere un figlio, loro che vivono ancora nel mondo incantato delle barbi e delle tartarughe ninja?

Eppure, un’altra scelta è possibile, una prospettiva diversa e alla portata anche di quei due incoscienti e inesperti di tutto, neppure di come funziona la loro sessualità. É l’evidenza morale che rende disponibili alla lotta e al sacrificio quando c’è di mezzo un’esistenza umana da salvare. La sola certezza che conta e che può aiutare ad affrontare le difficoltà di una strada cominciata con il passo sbagliato.  Contro la ragionevole tentazione di togliere di mezzo il problema rifiutando il bambino, scelta che potrebbe contare su mille attenuanti e la comprensione generale. Invece no: i due baby genitori accettano il rischio, anche perché sanno che non saranno lasciati soli. E questo è il secondo grande esempio che ci arriva da Castelfranco Veneto.

I genitori e i nonni non hanno mai abbandonati i loro ragazzi e adesso sono contentissimi. «Siamo una famiglia a posto, senza problemi economici», dice la madre di lei, «le daremo tutto il sostegno di cui ha bisogno». Oltre alla baby mamma hanno un’altra figlia. «E ora abbiamo in casa anche un maschietto». Un terzo “figlio” che accudiranno con grande amore. Questo non basterà certo a garantirgli la felicità, ma è già un buon inizio. Al mattino la ragazzina va a scuola, al pomeriggio fa i compiti e poi si dedica al piccolo. Il baby papà fa lo stesso: insomma, normali scene di quotidianità familiare, ma non come fan tutti. I due genitori lo sono diventati in anticipo di almeno dieci anni su tutti gli altri: eccezione che stavolta non conferma affatto la regola. Che tuttavia, dovrebbe essere d’esempio per tante famiglie, prevedibili e del tutto “regolari”. Forse troppo.

Terzo e ultimo. A Castelfranco anche la comunità civile si è schierata. Il direttore dei servizi sociali dell’Usl approva la scelta e dice: «Le ferite di un aborto sono già profonde in una donna adulta, figuriamoci in una ragazzina. Certo, si troverà ad affrontare passaggi normali per la sua età, avendo già compiuto un’esperienza importante come la maternità. E questo può comportare scompensi, superabili con l’affetto e l’aiuto si chi le sta attorno». Com’è lontana questa consapevolezza della responsabilità sociale dal presuntuoso sapere della psicologa dal doppio cognome, che consiglia ai genitori dei due ragazzini di spiegare «che ci sono i preliminari, che quando ci si vuol bene ci si può abbracciare, accarezzare senza andare fino in fondo. E che soprattutto ci sono gli anticoncezionali». Tutta qui la saggezza dell’esperta? Solo un amore a bassa intensità, che galleggi in superficie e, soprattutto, senza rischi e spericolatezze. Ecco il massimo che può offrire la società del buon senso e del sesso sicuro: troppo poco per i due ragazzini condannati per il loro amore incosciente e una vita senza precauzioni. Ma non a Castelfranco: qui qualcosa di nuovo è davvero successo.