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ORA DI DOTTRINA / 8 - IL DOCUMENTO

Quando la Scrittura è un idolo, di Vittorio Messori

Il caso della Bibbia che fu ufficiale dal XVII secolo nel mondo anglosassone, la King James Version, dimostra molto bene i rischi della concezione protestante che vede la Rivelazione solo nelle Scritture, cancellando la Tradizione.

Catechismo 23_01_2022

Citiamo Julian Green, lo scrittore membro dell’Académie Franḉaise ma di origine americana e convertito dal protestantesimo al cattolicesimo. Osserva, Green, che, se programma delle Chiese nate dalla Riforma è il Sola Scriptura (la Bibbia soltanto, senza Tradizione e Magistero), resta però da chiedersi: «Quale Scrittura?».

In effetti, dal 1661, tutto il vastissimo mondo anglosassone basò la sua fede sulla King James Version, la traduzione compiuta per ordine del re Giacomo I. Era la Bibbia ufficiale (The Authorised Version) che anche quando – ma soltanto 220 anni dopo, nel 1881 – fu sostituita da una nuova traduzione, la Revised Version, conservò il suo prestigio: ancor oggi, gente colta del Commonwealth e degli Stati Uniti legge e cita la Bibbia solo «secondo Re Giacomo». In effetti, si tratta di una traduzione magnifica dal punto di vista letterario ma, sul piano dei contenuti, piena di errori, equivoci, persino refusi tipografici che si tramandarono inalterati di ristampa in ristampa. Green cita, tra i molti esempi di errori di stampa, Mt 23,24, dove lo scambio, in tipografia, di un at con un out rovescia addirittura il senso di una frase di Gesù. Con conseguenze che solo Dio conosce.

Certo: anche la Bibbia paga il suo scotto al peccato umano, a quell’aspetto non secondario della colpa primigenia che è la maledizione di Babele. Così, non è esente da difetti la Vulgata cattolica che, in effetti, è stata anch’essa rivista in tempi recenti.

Ma il fatto è che, nel «sistema» cattolico, la scrittura non è quella sorta di idolo unico e solitario in cui è stata trasformata dalla Riforma: per il cattolicesimo essa è la base della fede, ma è solo una delle due fonti della Rivelazione, l’altra fonte essendo la Tradizione. Poiché è alla luce del Magistero che la Parola di Dio va letta, non sarà l’errore o l’equivoco del traduttore a trarre in inganno la fede. Fede che, invece, per il protestante, non ha che quelle parole: e se sono (come talvolta sono) equivocate? E se per tanti secoli il pio credente riformato ha nutrito la sua riflessione o ha regolato la sua condotta su quello che non sapeva essere un errore di stampa?

Da qui, anche, la convinzione con cui l’anglicano pentito Green dice di ripetere spesso la frase famosa di sant’Agostino: «Non crederei al vangelo se non credessi all’autorità della Chiesa».