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CASO SALLUSTI

Prove di regime

L'arresto del direttore de Il Giornale è l'esito del festival dell'ipocrisia e vigliaccheria di politici (presidente della Repubblica in testa), giornalisti e giudici. Ma non è un incidente isolato, è l'affermarsi di quel "totalitarismo subdolo" da cui metteva in guardia Giovanni Paolo II.

Editoriali 03_12_2012
Alessandro Sallusti

Si può avere legittimamente opinioni diverse su Alessandro Sallusti, il direttore de Il Giornale arrestato sabato in redazione; e si può anche avere giudizi diversi sull’opportunità del suo braccio di ferro con i magistrati negli ultimi giorni. Ma queste sono quisquilie di fronte all’essenza del fatto: la condanna e l’arresto di Sallusti, per un articolo che non ha neanche scritto, sono una vergogna e uno scandalo. Di più: sono un segnale inquietante, la dimostrazione che il nostro paese si sta avviando verso una subdola forma di totalitarismo. “Delinquente abituale” e “pericoloso socialmente”, lo hanno definito i giudici perché un omesso controllo su un articolo scritto da altri e ritenuto diffamatorio (ma anche su questo ci sarebbe molto da discutere), arrivava dopo alcune altre condanne per diffamazione.

A parole tutti hanno affermato l’assurdità di tale condanna, la sproporzione della pena comminata, la vergogna di una legge che prevede lunghe detenzioni per i giornalisti. A parole, ma poi non hanno mosso un dito per intervenire, per riparare all’errore, cogliere l’occasione per correggere le storture della legislazione, non solo a beneficio di Sallusti, ma di tutti, giornalisti e non. Invece è stato tutto un festival dell’ipocrisia e della vigliaccheria.

È stato vergognoso l’atteggiamento dei politici: iniziando dal basso vanno citati i parlamentari che, chiamati a introdurre una nuova legge, hanno solo creato un enorme pasticcio, tra incapacità a legiferare e voglia di vendette. Poi il governo, che ha fatto finta di interessarsi del caso, ma sostanzialmente assecondando l’eliminazione di un pericoloso nemico politico. In tanti avevano detto fin dal primo momento che in fondo sarebbe bastato un decreto legge di un solo articolo per evitare il carcere a Sallusti, e che si potesse fare lo ha dimostrato lo stesso governo in questi giorni: sul caso Ilva a Taranto, con una decisione senza precedenti, il governo non ha avuto alcuna remora a firmare un provvedimento che addirittura annulla una sentenza del tribunale. Per Sallusti sarebbe bastato molto meno.

E poi, ancora, il Presidente della Repubblica. Appare addirittura una presa in giro il tweet del suo addetto stampa ieri sera, secondo cui Giorgio Napolitano si sta interessando al caso, che è “molto complicato”. Ma lo aveva detto anche due mesi fa, quando il caso era scoppiato. Apprezziamo questa capacità di meditazione del presidente, ma non possiamo non ricordare che quando si trattò di mandare a morte Eluana Englaro non solo non perse un minuto, ma con una procedura a dir poco irrituale anticipò addirittura il governo per evitare che fossero prese decisioni per la vita.

E’ stato vergognoso anche l’atteggiamento dei colleghi giornalisti, a cominciare dall’Ordine e dalla Federazione della Stampa: qualche presa di posizione all’inizio, ma poi silenzio, anche di fronte all’ingresso della polizia in redazione per arrestare un direttore. Un fatto gravissimo, ma nessuna protesta seria, nessuno sciopero, nessuna sollevazione della categoria. Che invece ci fu quando nove anni fa a Enzo Biagi e Michele Santoro furono cancellati i loro programmi in Rai, che pare fossero di diritto divino. Si andò avanti per mesi e per anni con titoloni, servizi, interrogazioni parlamentari, interventi all’Unione Europea: l’Italia maglia nera per la libertà di stampa, si diceva allora. Oggi invece niente, arrestano il direttore di un giornale per un articolo che neanche ha scritto – e probabilmente neanche condivideva – e tutto va bene. Ma solo perché è Sallusti: fosse accaduto, che so, a Marco Travaglio o Ezio Mauro, sarebbe venuto giù il mondo. Non è un segreto che, dietro alle parole di solidarietà di circostanza, in tante redazioni si sia fatto festa per l’arresto di Sallusti, anche in testate non di sinistra. Spettacolo un po’ penoso, perché sfugge il fatto che da oggi tutti si è meno liberi, sotto la minaccia di un potere giudiziario sempre più onnipotente.

I giudici, appunto; quelli che “dobbiamo applicare la legge”. Peccato che ormai sia invalsa l’abitudine ad applicare la legge in modo assolutamente arbitrario, quando non a crearla, come succede spesso in tema di bioetica e famiglia. C’è qualcuno che può ragionevolmente sostenere che l’articolo incriminato, di cui Sallusti ha omesso il controllo, è quanto di più diffamatorio mai accaduto in Italia negli ultimi 60 anni? E quanti personaggi pubblici sono stati diffamati e non hanno mai ottenuto giustizia? Quanta falsa informazione, per fare un esempio di questi mesi, viene diffusa consapevolmente sulla Chiesa, vedi la questione del pagamento dell’Imu? E cosa dire della campagna di stampa scatenata sempre in questi mesi da alcuni giornali contro Comunione e Liberazione, accusata di ogni cosa con il pretesto di mai verificate irregolarità commesse da alcuni suoi membri nel gestire la cosa pubblica in Lombardia? Dove sono i garanti della dignità della persona, della deontologia professionale, dei professionisti de “La diffamazione è un reato grave”?

Solo se tocchi un giudice, peraltro senza neanche nominarlo, rischi il peggio. Ma per la gente comune non c’è giustizia. Ricordate quel caso tremendo dell’aprile 1989 quando un giovane padre, abitante a Limbiate, in provincia di Milano, fu sbattuto in prima pagina e trattato per settimane come un mostro, accusato di aver violentato sua figlia di 2 anni, prima che si appurasse che le lesioni della piccola erano causate da un tumore? Fu un medico a lanciare il terribile sospetto contro Lanfranco Schillaci, un giudice gli tolse la patria potestà, tutti i giornali lo massacrarono. Settimane d’inferno prima che emergesse la verità. E’ mai andato nessuno in carcere per questa inaudita violenza, per questo comportamento criminale? Ci sanno dire l’Ordine dei Medici e quello dei Giornalisti se qualcuno della loro categoria ha mai pagato per quel misfatto, ed eventualmente quanto? E quel giudice, è stato sospeso o ha fatto carriera, come tanti altri protagonisti di errori giudiziari?

Inutile attendere risposte. 
La questione è che tutto quanto sta accadendo non è solo un incidente, un episodio isolato dove la fanno da protagonisti l’esagerazione di alcuni giudici o l’inconsapevolezza di altri politici. Siamo davanti a un uso sempre più spregiudicato delle istituzioni e dei media per colpire chiunque non si adegui alla mentalità dominante, chiunque faccia resistenza ai nuovi padroni. E’ quel “totalitarismo subdolo” in cui degenera “una democrazia senza valori”, come ebbe a ricordare profeticamente Giovanni Paolo II al Parlamento italiano il 14 novembre 2002 dopo averlo già scritto nell’enciclica Centesimus Annus.