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Proteggere i civili in Libia? Questa guerra fa il contrario

Coalizione senza strategia e obiettivi comuni. Gli attacchi aerei non possono frenare Gheddafi. Ora il rischio maggiore è la spaccatura del Paese e la sua somalizzazione. E comunque vada l'Italia perderà.
-  La fiducia messianica nel cambiamento,
di M. Introvigne

Attualità 24_03_2011
libia guerra
Sono bastati quattro giorni di guerra aerea sulla Libia per far emergere tutti i limiti e le contraddizioni di una Coalizione che appare priva di strategia e di un obiettivo comune da perseguire. I dissidi tra italiani e francesi e la leadership evidente espressa di Washington, Parigi e Londra nei confronti degli altri alleati nella conduzione delle operazioni belliche hanno evidenziato scollature che minacciano di diventare sempre più gravi per la gioia di Gheddafi che sfida pubblicamente i bombardamenti aerei. Del resto non si era mai vista un'operazione bellica multinazionale prendere il via senza che fosse stata ben stabilita la catena di comando e controllo. Gli statunitensi gestiscono in realtà solo una sorta di coordinamento e Washington ha comunque annunciato che tra pochi giorni si sgancerà dall'operazione "Odyssey Dawn" lasciandola a una gestione mista tra Nato e anglo-francesi ancora da definire.

In questo contesto ognuno fa ciò che vuole. Gli statunitensi hanno azzerato con missili e bombe le forze aeree e le difese contraerea di Gheddafi, che erano già poca cosa all'inizio della rivolta in Cirenaica. Di fatto l'attacco preventivo che ha distrutto radar, centri di comando, aerei e batterie di missili rende superflua l'instaurazione di una "no fly zone" perché Gheddafi non dispone più di velivoli da far alzare in volo.

La Risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, nella sua voluta vaghezza, consente di fatto ogni tipo di azione militare contro il regime autorizzando l'adozione "di ogni misura necessaria a proteggere i civili" dalle forze del raìs e non esclude neppure un attacco terrestre dal momento che si limita a vietare "l'occupazione anche temporanea e parziale del territorio libico". Un intervento di marines e paracadutisti franco-britannici (in aggiunta alle forze speciali già da tempo schierate
in Cirenaica a fianco dei ribelli) non è al momento né previsto né  auspicato per le perdite che potrebbero subire i reparti alleati ma sarebbe possibile nel nome della sicurezza della popolazione.
La risoluzione dell'Onu non riesce quindi a nascondere che si tratta di un intervento bellico della comunità internazionale a fianco degli insorti e contro lo stato regime libico,che era rappresentato dal dittatore Gheddafi anche un mese fa, quando Tripoli era membro addirittura della commissione
per i Diritti umani del Palazzo di Vetro. 

Si tratta quindi di una guerra a tutti gli effetti nella quale è possibile intravvedere gli interessi
degli Stati Uniti e soprattutto dei franco-britannici, meno quelli  dell'Italia. Chiunque vinca Roma perde. Se Gheddafi la scamperà ci considererà dei traditori e i rapporti energetici e militari preferenziali verranno instaurati con Russia, Cina e India. Se saranno gli insorti a spuntarla non dimenticheranno che siamo stati i migliori amici del raìs e dovranno in ogni caso pagare pegno ai franco-britannici che li hanno sostenuti fin dall'inizio.

Gheddafi però è ancora in sella e, se non verrà ucciso dai bombardamenti potrebbe creare non pochi imbarazzi ai suoi nemici, libici e internazionali. Nei suoi arsenali restano infatti quasi intatte le armi
che gli servono per combattere gli insorti, miliziani improvvisati armati male e privi di addestramento. Con armi leggere, artiglierie e mezzi blindo-corazzati il raìs sta assumendo il controllo delle città ribelli della Tripolitania (Misurata e Zentan) e mantiene attive milizie all'interno di Tobruk e Bengasi con compiti di disturbo. In entrambi i casi le sue forze vengono mantenute il più possibile all'interno dei centri urbani per inibire le incursioni aeree alleate con il rischio di
provocare vittime civili.

Il rischio è quindi che lo sforzo aereo alleato impedisca a Gheddafi di riprendere la Cirenaica ma non sia sufficiente a far cadere il regime creando di fatto due entità territoriali e politiche separate. Uno scenario somalo, altamente destabilizzante per tutto il Nord Africa e il Mediterraneo che aprirebbe le porte a sviluppi di ogni tipo, dall'esodo di immigrati africani all'insediamento nella regione di gruppi
terroristici islamici. Scongiurare un simile sviluppo potrebbe richiedere uno sbarco in forze a Tripoli con il rischio di trovarsi con truppe europee coinvolte in un nuovo Iraq.