Primi successi di Milei, un esperimento opposto a quello europeo
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Nel primo mese di presidenza di Milei, l'Argentina registra il primo avanzo finanziario in 12 anni. È una prima conferma di una politica economica opposta a quella dell'Ue.
Javier Milei è presidente dell’Argentina da neppure tre mesi. Però sta dimostrando di voler agire in fretta, sia sul versante diplomatico, come dimostrano i suoi viaggi, fra cui le visite a Italia e Vaticano, sia su quello delle riforme economiche. In gennaio (primo mese di governo del nuovo presidente) il paese ha registrato per la prima volta in dodici anni un avanzo finanziario pari a circa 576 milioni di euro.
Questo risultato, celebrato con lo slogan “Deficit zero, non si negozia”, è stato ottenuto grazie a tagli su tutto il settore pubblico. Il 16 febbraio, l’operazione “motosega” è proseguita con l’eliminazione, per decreto, di 28 fondi fiduciari pubblici, con cui sono stati finora finanziati gli enti locali e garantiti gli investimenti in opere pubbliche. Si tratta di un taglio alla spesa pubblica pari a 2 miliardi di euro. Milei ne parla come di una cascata di denaro che va a finire in “buchi neri”, in pozzi senza fondo delle amministrazioni locali, che deve finire il prima possibile. L’opposizione ne parla come di una rappresaglia, per delle amministrazioni locali che remano contro le sue riforme.
La luna di miele continua? Non è detto, perché anche dopo la vittoria a sorpresa delle presidenziali, il partito del presidente, la Libertà Avanza, resta una forza minoritaria, pari al 15% del parlamento. E che il presidente sia in minoranza si vede. Pareva essere stata trovata la quadra, quando tutti i partiti di centrodestra hanno votato, in linea generale, a favore della Legge Omnibus, con cui Milei intendeva privatizzare e liberalizzare gran parte del sistema economico argentino. Ma il 5 febbraio, la Camera ha votato la stessa Legge Omnibus articolo per articolo e la maggioranza ha respinto tutti i punti chiave, fra cui le privatizzazioni. Il presidente deve tornare alla partenza per modificare la legge e trovare una nuova maggioranza che l’approvi, probabilmente sacrificando alcune riforme. Ciò avveniva meno di una settimana dopo che, il 30 gennaio, la Corte d’appello ha accolto il ricorso del sindacato Cgt e ha dichiarato incostituzionale la riforma del mercato del lavoro, che avrebbe liberalizzato i contratti e ridotto il potere dei sindacati per proclamare scioperi.
I risultati in questi primissimi mesi sono dunque un mix di vittore e sconfitte. Dove il presidente argentino può agire liberamente, taglia la spesa e ottiene i primi buoni risultati. La prossima tappa, nel breve periodo, sarà la lotta all’inflazione. E saranno dolori, perché causerà una recessione: Milei stesso la ritiene inevitabile e registrerà un impatto più duro in primavera. “Si toccherà il fondo, per risalire”, ammette il capo di Stato. Prima si dovranno ripulire i conti pubblici, poi si procederà, nel medio periodo, con la riforma monetaria: la dollarizzazione. Il peso sarà messo fuori corso e sostituito con il dollaro, una valuta più stabile, in modo da ridurre drasticamente la moneta emessa.
L’esperimento argentino è pressoché unico al mondo. L’urgenza è motivata dalle condizioni catastrofiche in cui versa il paese: il 57% degli abitanti versa in condizioni di povertà relativa e l’inflazione, su base annua, ha raggiunto il 254%. In questa situazione, non c’è nulla da perdere e Milei è stato votato, non promettendo più soldi per tutti, ma ammettendo “non ci sono più soldi”.
Si tratta di un esperimento che, a seconda dei risultati, dovrebbe interessare molto anche gli europei e gli americani. Infatti, gli Usa hanno rinunciato da un pezzo al modello economico liberale che, dopo Reagan, pareva dominante anche negli anni Novanta, con amministrazioni di entrambi i partiti. E gli europei hanno scelto un modello di sviluppo opposto, basato soprattutto sulla spesa pubblica. Qual è, infatti, la polemica di questa settimana? Quella che l’Italia non ha speso abbastanza in fretta i fondi (pubblici) del Pnrr.
La riforma di Milei, sia quella portata a termine, sia quella per cui sta ancora lottando, consiste nel tagliare la spesa, tagliare le tasse e ridurre l'emissione di moneta. Usa e Ue, invece, nei decenni, hanno aumentato la spesa, hanno aumentato le tasse e soprattutto hanno moltiplicato l'emissione di moneta (salvo ritirare temporaneamente i remi in barca per combattere l’inflazione del 2022). Gli investimenti di cui si parla, in Italia e in Europa, sono sempre invariabilmente “pubblici”, pagati con le tasse di tutti. Milei è l’opposto: vuole permettere ai singoli cittadini di prendere le loro iniziative, lasciando loro più soldi in tasca e più libertà di spenderli. Da europei, finora, ci siamo sempre sentiti protetti dalla spesa pubblica, ma senza mai notare un aspetto importante dello statalismo: sia gli Usa che (soprattutto) l’Ue, sono Stati sempre più “etici”. Se finanziano progetti, pretendono che questi rispondano a una determinata ideologia. Ultimamente è l’ecologismo ad andare per la maggiore, quindi ogni finanziamento pubblico servirà a realizzare progetti conformi all’utopia verde, che funzioni o meno, che renda o meno. In Argentina avranno sempre meno questo vincolo.