Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Francesca Saverio Cabrini a cura di Ermes Dovico
MILANO

Prima denuncia contro i trafficanti di uteri in affitto

Partiamo da un articolo di legge, l’art. 12 comma 6 della legge 40: «Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro». Nonostante questo c’è qualcuno che ha deciso di avviare il business delle madri surrogate e degli embrioni venduti. 

Vita e bioetica 07_10_2015
Denunciata a Milano la società spagnola che procura uteri in affitto

Partiamo da un articolo di legge, l’art. 12 comma 6 della legge 40: «Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro». Più chiaro di così si muore: in Italia, almeno fino ad oggi, è ancora vietata la pratica dell’utero in affitto e non si possono comprare né gameti né embrioni. Chi lo fa commette un reato. Nonostante questo c’è qualcuno che ha deciso di avviare sull’italico suolo il business delle madri surrogate e degli embrioni venduti. 

A scoprirlo sono stati Y e X, due membri dell’associazione Pro Vita che si sono finti coppia omosessuale interessata ad avere un bambino tramite la pratica dell’utero in affitto. X e Y hanno così contattato “Prepara”, azienda spagnola la quale, così si legge nel loro sito, «offre consulenza e accompagna chi ha bisogno del ventre di qualcuna, o per meglio dire, di una gestazione surrogata o di una donazione di ovuli in quei paesi che offrono maggiori garanzie in tutto il mondo». Dato che X e Y hanno bisogno di «un ventre di qualcuna», “Prepara” li invita a Milano il 23 settembre perché, in un salone affittato per l’occorrenza, avranno l’opportunità, insieme ad altre coppie, di conoscere il dottor Said Daneshmand, fondatore della Fertility Clinic la cui mission è quella di dare, tramite provette ed uteri in affitto, un figlio a chi non può averlo. L’incontro è stato registrato dai due finti gay e si è aperto il vaso di Pandora. 

Il primo argomento che si mette sul tappeto sono i costi. Alla fiera del bebè, parodiando Branduardi, per due soldi un bambino per due soldi nessun aspirante padre può comprare. Ecco infatti il prezziario della tratta di esseri umani: dai 5mila ai 10.000 dollari per gli ovuli e dai 15mila ai 30mila per affittare l’utero di una donna, intorno ai 10mila per gli esami diagnostici sull’embrione (se non fosse perfetto verrebbe scartato), altri 2.500 per l’esame del feto intorno alla decima settimana (se ci fosse il sospetto che il “prodotto” presenti della anomalie la gestante in procura dovrebbe abortire). Ma poi ci sono altri esami sui genitori biologici, spese legali e di burocrazia, etc. Insomma per stingersi al petto questo bambino high- tech si può arrivare a sborsare fino a 120mila dollari. Ma l’amore non ha prezzo così come la vita di un bambino, giusto? Poi si illustrano i particolari tecnici. Il duo “Prepara-Fertility Clinic” è una ditta seria, fanno le cose per bene e non vogliono grane. In primo luogo la donna che si sfanga la gestazione in conto terzi non ci mette gli ovuli. Così evitiamo che la stessa, con fare poco professionale, poi magari rivendichi qualche diritto di proprietà sul prodotto. Inoltre, sia chi vende gli ovuli sia la locataria di utero devono essere Doc. Non solo perché gli acquirenti vogliono un bimbo sano, ma soprattutto perché se l’embrione o il feto risulta malformato a causa del fatto che la matrice non era perfetta, sono poi tutti costi aggiuntivi che gravano sulle tasche del cliente. Si dovrebbe infatti ripetere un altro ciclo di fecondazione artificiale, procurare un aborto e molto altro. Insomma, una perdita di tempo e denaro che nessuno vuole.

Altra specifica del contratto di locazione d’utero: i committenti possono indicare le future caratteristiche fisiche del pupo. «Al momento della selezione dell’ovulo possiamo scegliere secondo i nostri canoni di preferenza giusto? Magari una bella bionda con gli occhi azzurri alta 1.80», chiede Tizio buttando lì una battuta, che battuta non è poi così tanto. Il discorso si sposta poi sul Paese dove prelevare ovuli e gestante. Infatti, ogni Stato ha una sua legislazione in materia ed anche i costi variano. E così ci sono bimbi da discount provenienti da India e Ucraina, e bebè di lusso americani e canadesi. Poi, come ogni bene di lusso, occorre ponderare con attenzione il rapporto qualità- prezzo. Vero, spendi poco in India, ma il bambino che ti porti a casa non è di prima qualità. Insomma sta a te acquirente scoprire se il tuo cuore è più profondo del tuo portafogli.

C’è infine la questione della legittimazione del figlio. Come far entrare in patria il neonato spacciandolo per figlio della coppia? Nel Paese dove è nato il piccolo, questo in genere figura figlio della coppia. Ciò avviene perché la pratica dell’utero in affitto è in quella nazione legale. Ma il problema rimane perché per la nostra legge un bambino può essere figlio di una coppia solo se la lei della coppia lo ha partorito e riconosciuto oppure perché è stato adottato, non perché è venuto al mondo tramite maternità surrogata. Però pare che il tutto si risolva facilmente alla dogana (né più né meno che portarsi a casa l’ultimo modello di Iphone comprato nella Grande Mela). «Basta rientrare in Europa facendo scalo in un altro Paese prima dell’Italia» racconta uno che ha esperienza sul campo «non devi tornare direttamente in Italia, devi fare uno scalo in un Paese dove non ci sono problemi», come Francia o Germania, «in Italia sul passaporto c’è scritto che è mio figlio». In soldoni, basta dichiarare il falso alle autorità e il gioco è fatto.

Ieri [6 ottobre] le associazioni Pro Vita" e Giuristi per la vita hanno presentato denuncia presso il Tribunale di Milano. Vedremo come andrà a finire. Si dirà: sono eccezioni, casi sporadici. Tutt’altro. Uno dei partecipanti, infatti, si è lasciato sfuggire questa frase in merito a quante coppie hanno già fatto ricorso ad una madre surrogata: «Almeno 25 coppie di uomini con bambini, tutti a Milano. Eh, son tanti, se ci pensi, e nessuno ha avuto problemi». Dai precedenti giurisprudenziali che hanno modificato la legge 40 c’è da prevedere che questi 25 – senza contare tutti gli altri di tutte le altre città italiane – non verranno perseguiti a norma di legge, ma saranno considerati coraggiosi precursori di una pratica – quella dell’utero in affitto – che a breve sarà legalizzata anche da noi.