Preti, i medici della vita al fianco dei sofferenti
Al mondo i preti hanno sempre fatto di tutto, condividendo il destino della gente. Guerra e pace, prosperità e miseria, festa e lutto e anche in questi giorni di alluvione. «Liberi dalle cose e da sé stessi, rammentano a tutti che abbassarsi senza nulla trattenere è la via per quell’altezza che il Vangelo chiama carità» dice Papa Francesco.
Nei giorni critici del mese di novembre nei quali veniamo preservati (per quanto ancora?) dall’acqua alta che solitamente da noi invade strade e piazza, sentiamo e vediamo storie di città e paesi colpiti da alluvioni e frane. Famiglie sfollate, negozianti avviliti, folle di spalatori di fango.
Chissà i preti, mi domando: dove sono, cosa fanno, cosa dicono. Al mondo i preti hanno sempre fatto di tutto, condividendo il destino della gente. Guerra e pace, prosperità e miseria, festa e lutto, conflitti e riconciliazione. Il prete di campagna – e in altro modo il prete di città – è stato tutto e ha fatto di tutto per il suo popolo. Non c’è nulla a cui il prete possa sottrarsi: l’immagine di Gesù appassionato per il suo popolo gli attraversa il cuore. Preti nelle chiese, preti nelle case, preti in piazza, preti nei locali pubblici: ascoltano, parlano, consolano, sostengono, invitano, perdonano, anche protestano. A loro appartiene l’altimetria dei sentimenti della gente e la planimetria delle situazioni che accadono. Un prete non può sottrarsi al dolore e al lutto delle persone, non può non condividere il dramma di una calamità o la gioia di una speranza; l’attesa di una novità o una preghiera di condivisione. Non solo per la parte ‘spirituale’ della vita. Anche nei lavori materiali il prete si butta, magari da incompetente o da manovale, e non solo come ‘direttore dei lavori’. È un’immagine passata? Adesso il prete è più raffinato e più distaccato? Il mondo è individualista, le persone non lo cercano più e sembrano non averne più bisogno? La sua figura è soppiantata da specialisti, dai psicologi prontamente chiamati a sostenere le persone ferite? Eppure c’è una sanità della vita, c’è una giustizia delle opere e una saldezza del cuore, che non possono essere procurate dagli apparati e dagli impiegati degli uffici ingolfati in pratiche burocratiche che non fanno guardare in faccia le persone.
Mentre fuori piove a dirotto, questi intrigati pensieri vengono sorpresi dal messaggio di Papa Francesco ai vescovi italiani riuniti ad Assisi, dove parla dei preti: «Quanti ne abbiamo conosciuti! Quanti con la loro testimonianza hanno contribuito ad attrarci a una vita di consacrazione!... Nella memoria riconoscente ciascuno di noi ne conserva i nomi e i volti. Li abbiamo visti spendere la vita tra la gente delle nostre parrocchie, educare i ragazzi, accompagnare le famiglie, visitare i malati a casa e all’ospedale, farsi carico dei poveri, nella consapevolezza che “separarsi per non sporcarsi con gli altri è la sporcizia più grande” (L. Tolstoj). Liberi dalle cose e da sé stessi, rammentano a tutti che abbassarsi senza nulla trattenere è la via per quell’altezza che il Vangelo chiama carità; e che la gioia più vera si gusta nella fraternità vissuta….»