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L'EDITORIALE

Prepararsi all'emergenza

Il rischio di un massiccio arrivo di profughi dal Nordafrica è alto. C'è bisogno di una iniziativa politica europea e di un coinvolgimento dell'Alto Commissariato per i Rifugiati per la gestione tecnica dell'eventuale afflusso. 

Editoriali 23_02_2011
Arrivano, arrivano! Finalmente in Europa ci si comincia a rendere conto dell’importanza di quanto sta avvenendo sulla sponda sud del Mediterraneo, non fosse altro per il rischio di un arrivo imminente di ondate di profughi sulle coste italiane.

Non è automatico che ciò avverrà; come sempre dipenderà da molti fattori, ma la situazione in Libia e Nordafrica è tale da avere tutte le potenzialità per generare un disastro umanitario. Secondo il ministero dell’Interno potrebbero arrivare fino a 2-300mila persone, non solo dal Nordafrica. Non bisogna dimenticare infatti che la Libia è la porta di uscita dal Continente Nero per chiunque voglia tentare di attraversare il Mediterraneo alla ricerca di un futuro migliore. Secondo l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Acnur) in Libia ci sono già 8mila rifugiati registrati arrivati dall’Africa nera, a cui vanno aggiunti altri 3mila con richieste di asilo ancora pendenti da Sudan, Iraq, Eritrea, Somalia, Ciad e Territori palestinesi.

Peraltro le prime reazioni lasciano chiaramente intendere quale sarà il leit motiv dei prossimi giorni: l’Italia chiede il coinvolgimento degli altri paesi europei, da Bruxelles si dicono pronti a fornire aiuti ma i profughi sono affari dell’Italia; e l’Acnur invita a non respingere quanti fuggono dal conflitto in corso a Tripoli, mostrando spirito umanitario.

Si tratta di un balletto già visto che non promette bene e che potrebbe aggravare e rendere ingovernabile l’emergenza, con conseguenze gravi sia per i profughi sia per la popolazione italiana. Non bisogna infatti dimenticare che davanti a qualsiasi movimento migratorio è necessario conciliare l’accoglienza e il soccorso del migrante con una politica di gestione dei flussi che tenga conto anche della situazione della popolazione già residente. Criteri che valgono anche in una situazione straordinaria come quella attuale. In altre parole: il dovere di soccorrere e dare temporanea ospitalità ai profughi che arrivano con i barconi non si può tradurre in un diritto automatico a restare sul suolo italiano o europeo. Ma a decidere le modalità con cui attuare questi criteri deve essere la politica e saranno decisivi questi primi giorni di crisi, perché segnali sbagliati o contraddittori in questa fase possono favorire situazioni che diventerebbero rapidamente ingestibili.

Per questo sono necessarie due azioni immediate: anzitutto la convocazione urgente di un vertice dei capi di governo europei. E’ indispensabile una valutazione comune della rivoluzione in atto in Nordafrica e Medio Oriente, così come una posizione unitaria che dia forza ai necessari interventi politici ed economici che aiutino a mitigare e superare le conseguenze dei disordini in atto, di cui l’emigrazione è una conseguenza. Purtroppo a diverse settimane dall’inizio delle manifestazioni in Tunisia ed Egitto, l’Unione Europea appare ancora incapace di una iniziativa qualsiasi, e il tempo perduto va recuperato in fretta.

Secondo, nella prospettiva di un massiccio arrivo di profughi sulle coste italiane è importante che sia subito attivato un tavolo tecnico tra le autorità italiane, europee e l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, per stabilire le necessarie misure per fare fronte all’eventuale emergenza. Non si tratta del normale flusso migratorio, ma di una situazione straordinaria: l’Acnur non può limitarsi a generici appelli all’accoglienza o a sterili critiche sugli interventi. Come in tutte le altre parti del mondo dove situazioni del genere si sono create, deve invece essere parte di un comune sforzo per gestire la situazione.