Pregare per i cristiani perseguitati
Come reagire alle quotidiane notizie di persecuzione dei cristiani, ad Aleppo e non solo? Resta la preghiera, come potente strumento per invocare un intervento divino. La preghiera per i perseguitati, che si svolge ogni 20 ottobre a Rimini, organizzata dal comitato Nazarat, questo giovedì sarà a Milano in piazza della Scala.
Come reagire alla notizia di nuovi bombardamenti ad Aleppo che hanno massacrato altri innocenti (fra cui bambini)? In cosa sperare quando si legge di giovani mamme sole, i cui mariti sono morti trucidati dalla persecuzione dei cristiani in Medio Oriente? Dove cercare aiuto quando le potenze internazionali non hanno alcun interesse a porre davvero fine ai conflitti? Cosa fare di fronte a un esodo che ormai da anni sta portando alla scomparsa della Chiesa in Iraq e alla sua erosione in Siria?
Apparentemente nulla, se non abbassare le braccia e arrendersi all'ineluttabile. Eppure secondo i testimoni della tragedia una via d'uscita esiste ed è probabilmente l’unica ragionevole (sebbene la più lontana dal razionalismo occidentale): si tratta di supplicare un intervento divino pregando. Per questo dall’agosto del 2014 di fronte all’escalation della barbarie, ogni 20 del mese, un gruppo di laici dando vita al Comitato Nazart ha cominciato a riunirsi la sera in piazza Tre Martiri a Rimini per recitare il Rosario e invitare a parlare coloro che vivono il dramma delle persecuzioni in prima persona. Da allora l’iniziativa del comitato si è allargata in altre città e il 20 di ottobre partirà anche Milano (ore 19 in piazza della Scala).
La supplica, infatti, si fa sempre più urgente in un momento in cui, oltre all’esodo drammatico che sta portando alla scomparsa del cristianesimo in Iraq e in Siria, continuano i bombardamenti che domenica scorsa hanno fatto domandare ancora una volta al sacerdote di Aleppo Ibrahim Allsabagh così: “Carissimi, vi chiedo una preghiera per noi ad Aleppo. Questa notte, tutta la città non ha potuto dormire e fino ad adesso continuano i bombardamenti su tutte le nostre zone. Abbiamo cancellato il catechismo dei bambini, conservando solo la S. Messa loro alle 11,00. Abbiamo passato momenti molto difficili negli ultimi giorni ma oggi la situazione è ancora più difficile". Lasciamoci aiutare a prendere maggiore coscienza del valore della preghiera" con questa frase presa dall'omelia di questa mattina di Papa Francesco durante la canonizzazione di sette nuovi santi: "Questi sette testimoni canonizzati hanno combattuto la buona battaglia della fede e dell’amore con la preghiera: per questo sono rimasti saldi nella fede, con il cuore generoso e fedele. Per il loro esempio e la loro intercessione, Dio conceda anche a noi di essere uomini e donne di preghiera; di gridare giorno e notte a Dio, senza stancarci; di lasciare che lo Spirito Santo preghi in noi, e di pregare sostenendoci a vicenda per rimanere con le braccia alzate, finché vinca la Divina Misericordia”. Mi permetto quindi di invitare ciascuno di noi a continuare la preghiera incessante per la Pace ad Aleppo e per tutta l'amata Siria affinché vinca la Divina Misericordia. Unione di preghiera”.
Dall'urto del messaggio inviato dal sacerdote in Italia si capisce bene che il Rosario recitato in piazza non serve semplicemente a chiedere il miracolo della speranza per i nostri fratelli perseguitati, ma a svegliare dal sonno della fede l’Occidente gridando appunto “giorno e notte a Dio, senza stancarci” e quindi chiedendo“di pregare sostenendoci a vicenda”. Insieme al comitato pregheranno, come ogni mese, anche decine di monasteri, parrocchie e gruppi di preghiera. Persino ad Erbil un gruppo di cristiani si ritrova lo stesso giorno a recitare il Rosario in comunione con gli italiani. In ogni piazza, poi, si ergeranno le voci delle vittime, di sacerdoti o reporter per rendere consapevoli i cittadini anche di quello che la stampa tace. Basti pensare a quanto scritto ad Acs sabato scorso dalle carmelitane di Aleppo: “I bombardamenti sulla parte est di Aleppo sono numerosi, ma la situazione nella parte occidentale della città non è migliore, nonostante i media non ne parlino. Questa parzialità dell’informazione ci fa soffrire, perché siamo quotidianamente testimoni delle sofferenze vissute nei numerosi quartieri occidentali della città: morti e feriti si contano anche lì a decine ogni giorno. Un sacerdote – affermano le Carmelitane – è arrivato da noi in lacrime: abita a Midan, un quartiere popolare da tre anni incessantemente bersaglio di attentati. Da una settimana non fa altro che dare sepoltura alle vittime civili (…) domandiamo la fine dei combattimenti in ogni parte della città, oltre ad un’informazione un po’ più obiettiva”.
Le testimonianze di questi due anni hanno poi fatto emergere ciò che ha ricordato recentemente a La Nuova BQ l’archimandrita melchita Mtanios Haddad: “Sia i cristiani che i musulmani devono, prima di tutto, poter tornare in Siria. Quando apriamo tutte le porte, senza controllare chi entra, non facciamo altro che permettere ai terroristi di infiltrarsi fra gli emigranti (...) Se volete aiutarci realmente, aiutateci a vivere in pace a casa nostra, con la nostra dignità di cristiani siriani”. Motivo per cui “questa gente, cacciata dalle loro case, derubata dei proprio beni, minacciata affinché rinnegasse il proprio credo non ci ha chiesto di imbracciare la armi, di ospitarli, di dare loro cibo, soldi o vestiti. Ci ha solo chiesto di continuare a pregare”, si legge sul sito del comitato (www.nazarat.org). “Una preghiera che li aiuti a resistere, senza scappare" e una testimonianza che tocchi i cuori induriti nell'indifferenza.