Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
A 99 ANNI

Poltawska, la paladina anti aborto e il triste compleanno

L'amica polacca di san Giovanni Paolo II, vittima in un campo di concentramento degli esperimenti del nazismo abortista, diceva: “Vedevo i nazisti buttare i neonati nei forni crematori: per tutta la vita avevo davanti agli occhi queste immagini strazianti...mi sono promessa, se fossi sopravvissuta, di studiare medicina e di difendere la vita". Oggi Wanda festeggia il compleanno guardando l'ultimo attacco sferrato alla vita nel suo Paese.

Attualità 05_11_2020 English Español

Esattamente 99 anni fa, il 2 novembre, nacque in Polonia, nella città di Lublino una bambina Wanda Wojtasik (sarà più conosciuta al mondo con il cognome del marito, Poltawska). La sua tranquilla giovinezza fu interrotta nel 1939 quando il 1° settembre le armate tedesche attaccarono la Polonia dando inizio alla Seconda Guerra Mondiale.

Wanda, che frequentava il liceo ed era responsabile di un gruppo di scout, decise di entrare nelle strutture clandestine della resistenza polacca. Purtroppo, nel febbraio del 1941 venne scoperta, arrestata e rinchiusa per mesi nella prigione di Lublino e nel settembre del 1941 venne trasportata, insieme ad altre polacche, al campo di concentramento di Ravensbrück. Dietro la porta del campo smise di essere una persona con un nome e cognome: divenne la prigioniera numero 7709. Nel periodo della guerra in questo campo vennero imprigionate 130 mila donne: le polacche furono 40 mila, ne sopravvissero 8 mila.

A Wanda, che non fu fucilata, toccò una sorte più crudele: divenne “Kaninchen” cioè prigioniera destinata agli “esperimenti” dell’équipe medica della vicina clinica per le SS diretta dal dott. Gebhard. Insomma, divenne una cavia umana. Gli “esperimenti medici” le causarono dolori tremendi e stava per impazzire. Ma fortunatamente il campo fu liberato il 30 aprile 1945 e Wanda, dopo la guerra, si trasferì da Lublino a Cracovia. Ma il cambio di residenza non cancellò gli incubi legati alla guerra e prigionia. Dopo le sue esperienze dell’inferno nazista, si chiedeva: chi è l’uomo, se è capace di commettere tali atrocità? In quegli anni difficili incontrò un uomo, un sacerdote che seppe capirla e aiutarla: don Karol Wojtyla.

E con don Karol cominciò anche a collaborare, particolarmente nell’ambito della difesa della vita e della famiglia. Nell’intervista che mi ha concesso nel 2014, pubblicata nel libro “Accanto a Giovanni Paolo II. Gli amici e i collaboratori raccontano” (Edizioni Ares), così ha spiegato questo suo impegno per la vita: “Durante la mia prigionia al campo di Ravensbrück vedevo i nazisti buttare i neonati nei forni crematori: per tutta la vita avevo davanti agli occhi queste immagini strazianti. Per questo motivo mi sono promessa, se fossi sopravvissuta, di studiare medicina e di difendere la vita. (…) Nel 1956 nella Polonia comunista fu varata la legge sull’aborto. Io, come medico, e lui, come sacerdote, fummo impressionati di questa decisione contro la vita. Allora abbiamo iniziato un lavoro comune contro questa legge. L’impegno di salvare un bambino neonato, una vita nuova che sbocciava, cominciò allora ed è durato per altri cinquant’anni, fino alla fine”.

La sensibilità di tanti polacchi all’argomento della difesa della vita nascente dipende, tra l’altro, da una certa “saggezza storica”. I polacchi sanno che la Germania nazista, che per più di cinque anni occupò la Polonia (1939-1945), introdusse subito l'aborto. Adolf Hitler, nella sua ricerca di creare una "razza padrona", pura e biologicamente potente, nel 1933 legalizzò l'uccisione di bambini non nati che avevano o avrebbero potuto avere “difetti” alla nascita. Va aggiunto che i "legislatori" nazisti hanno protetto la vita dei bambini tedeschi sani, lottando per la crescita demografica della Germania nazista. Invece, dopo la conquista della Polonia, i tedeschi svilupparono il "Plan Ost" (Il piano per l’Est), un piano per sterminare le nazioni conquistate dell’Est Europa, raccomandando ampio uso della contraccezione e la legalizzazione dell'aborto nelle nazioni occupate.

Ma Hitler non fu il primo ad introdurre l’aborto di Stato: il primo Paese al mondo a legalizzare l'uccisione di bambini concepiti è stata l'Unione Sovietica. Dopo la vittoria della rivoluzione bolscevica, il 18 novembre 1920 Lenin emanò una direttiva per "chiedere l'abolizione incondizionata di tutte le leggi che impediscono aborti artificiali". Risultato? Si stima che nel 1928 il 41% delle gravidanze finirono con l'aborto e nel 1934 già il 72%. Allora in tutta l’Europa le leggi proteggevano la vita umana.

Conoscendo questi fatti si capisce che l’aborto non è una “conquista” dell’Occidente democratico ma fu introdotto da due sistemi totalitari anticristiani: il comunismo e il nazismo. Purtroppo, dopo la Seconda Guerra Mondiale, i regimi dei Paesi del blocco comunista seguirono l’esempio di Mosca e legalizzarono “l’interruzione volontaria di gravidanza”. Nei Paesi dell'Europa occidentale (così come negli Stati Uniti), l'aborto è stato legalizzato solo a partire della fine degli anni '60.

La dott.ssa Poltawska conosceva molto bene questa storia e soffriva vedendo che cosa succede nel mondo di oggi. “Non ho dubbi - diceva - che abbiamo a che fare con una politica coordinata contro i valori cristiani, la famiglia e l'etica medica. Inoltre, anche gli stessi valori dell'umanesimo sono già messi in discussione. L'arcivescovo Hoser (vescovo polacco, di professione medico) ha affermato che la medicina assomiglia sempre di più alla medicina veterinaria. Questa è una conseguenza naturale della rimozione della sfera dello spirito dall'immagine dell’uomo. Non appena rimane solo il corpo, l'umanità ‘si sposta’ nel regno degli animali. Ma dopo tutto, l'uomo non è solo il corpo, ma lo spirito. E ora non se ne parla più, dello spirito”.

Purtroppo, l’aborto continua a diffondersi in tutto il mondo con delle pressioni sulle istituzioni statali e internazionali a riconoscerlo addirittura come “diritto”. Per questo motivo la dott.ssa Poltawska ha lanciato dalle pagine de LOsservatore Romano un appello, pubblicato il 15 maggio 2020, in occasione del centesimo anniversario della nascita di Giovanni Paolo II (18 maggio 1920): “Se si vuole ora davvero onorare il centenario della sua (di Giovanni Paolo II, ndr) nascita e la sua memoria, io vedo solo un modo: convertire le persone affinché capiscano che ogni bambino e ogni persona hanno il diritto alla vita. L’unico Signore della vita è il Creatore che ama il suo creato. Sono sicura che una legge internazionale che vieti di uccidere i bambini non nati potrebbe essere un ‘regalo’ dell’umanità per questo grande uomo”.

Questo “regalo” è arrivato dalla Polonia dove il 22 ottobre, il giorno della memoria liturgica di san Giovanni Paolo II, la Corte Costituzionale polacca ha stabilito che una legge che permette l’aborto di feti con difetti congeniti è incostituzionale. I giudici hanno stabilito che il diritto alla vita, tutelato dalla Costituzione, è dato all’uomo in ogni fase dello sviluppo, in cui egli ha diritto alla tutela della dignità umana, e quindi anche nel periodo prenatale. In questo modo il Tribunale ha sancito l’incostituzionalità dell’aborto eugenetico, restando libero, legale e accessibile solo nei casi di incesto, stupro e pericolo di vita e salute per la madre. È stata una grande vittoria della cultura della vita in un'Europa ormai scristianizzata. Purtroppo, nel mondo di oggi ci sono delle forze potentissime che non vogliono permettere nessuna limitazione dell’aborto e tali forze hanno scatenato in Polonia una vigorosa protesta con un motto minaccioso: “Questa è la guerra”. Secondo tutte queste forze il verdetto del Tribunale Costituzionale è stato motivato religiosamente e condizionato dalle presunte pressioni della Chiesa cattolica. Per questo motivo, a parte gli attacchi alle sedi del partito di governo PIS, sono state proprio le chiese e i simboli religiosi a finire sotto attacco. Domenica 25 ottobre i manifestanti hanno disturbato lo svolgimento delle Messe, aggredito i fedeli, imbrattato gli edifici sacri con scritte offensive e blasfeme. I fedeli si sono dovuti organizzare per difendere le chiese e i monumenti sacri dalle profanazioni.

Il giorno del suo compleanno la dott.ssa Wanda ha potuto vedere dalla finestra della sua casa a Cracovia i manifestanti sulla piazza grande della città con le scritte: “L’aborto è OK”. E ha saputo che a Poznan e Varsavia sono stati profanati i monumenti di Giovanni Paolo II. Non poteva nemmeno far piacere alla Dottoressa, vittima della Germania nazista, vedere la vicepresidente del parlamento tedesco (il Bundestag), Claudia Roth, con il simbolo della protesta in Polonia, un fulmine e la scritta: “Questa è la guerra”. I tedeschi portarono già una volta la guerra in Polonia al prezzo di 6 milioni di morti e furono loro ad introdurre l’aborto in Polonia. Vedere un alto esponente politico di questa nazione rivolto ai polacchi con la scritta “Questa è la guerra” fa rabbrividire e spaventa.