Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Cecilia a cura di Ermes Dovico
EST

Polonia e Ungheria, le destre più odiate d'Europa

Aspettiamoci dal coro unanime dei media una campagna di demonizzazione del prossimo governo conservatore polacco, così come abbiamo assistito al linciaggio di quello ungherese. Ma perché i polacchi hanno votato i conservatori cattolici del Pis? Per motivi simili a quelli che rendono popolare la destra in Ungheria. E non sono tutte ragioni da bollare come "xenofobia".

Esteri 27_10_2015
Beata Szydlo

Le elezioni in Polonia hanno dato la vittoria al conservatore Pis, il Partito Diritto e Giustizia. La candidata premier, Beata Szydlo, formerà il prossimo governo, mentre un altro esponente del Pis, Andrzej Duda, è già presidente. Questo tandem, come quello dei gemelli Kaczynski nella seconda metà degli anni 2000, garantirà una salda direzione conservatrice della Polonia. I media europei occidentali, italiani inclusi, già disperano. Dobbiamo attenderci, nei prossimi mesi e anni, una nuova campagna denigratoria della Polonia, al pari di quella scatenata ai tempi dei Kaczynski e analoga alla demonizzazione dell’Ungheria conservatrice di Viktor Orban. I due casi, Ungheria e Polonia sono spesso accostati nei commenti sotto il termine di “onda nera” nell’Europa dell’Est. Ma la demonizzazione non serve a capire quel che i polacchi hanno votato, né a comprendere la nuova vittoria conservatrice nel contesto dell’Europa centrale ex comunista.

Prima di tutto, le elezioni si vincono o si perdono sull’economia. La Polonia, contrariamente all’Ungheria, è un paese sempre in crescita, praticamente l’unico che ha evitato gli effetti nefasti della grande crisi del 2009. Perché, allora, i polacchi hanno deciso di voltare le spalle al partito Piattaforma Civica (liberale), lo stesso che esprime il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, per votare un altro partito di centro-destra di orientamento cattolico-sociale? Nonostante le differenze fra Polonia e Ungheria, la causa di questo cambio di direzione è simile. Quindi è bene esaminare quel che è avvenuto in Ungheria cinque anni fa per meglio comprendere la Polonia di oggi.

Nel 2010, quando il partito Fidesz vinse la maggioranza qualificata in Ungheria, i suoi predecessori socialisti avevano dato scandalo per: corruzione, una politica talmente europeista da far carte false nei conti pubblici, disuguaglianza fra ricchi e poveri. Questo non vuol dire, come sostengono i populisti, arricchimento di pochi “a spese dei più”, perché tutti hanno innalzato il loro livello di vita. Vuol dire solo che una minoranza si è arricchita molto più rapidamente di una maggioranza. Di più: l’arricchimento di una minoranza è avvenuto quando erano dei socialisti post-comunisti al potere. Di qui l’impressione che fosse la vecchia casta al potere (ora appoggiata dall’Ue e non dall’Urss) che stava consolidandosi, non l’intera popolazione. Orban ha vinto grazie al suo programma di destra sociale: tassare le banche per redistribuire alle famiglie.

In Polonia, attualmente si è venuta a creare una situazione simile. Il partito di governo, Piattaforma Civica, è diventato impopolare per gli stessi motivi: scandali di corruzione, una politica estera considerata troppo prona agli interessi europei (tedeschi, in particolare, che i polacchi ricordano ancora come i loro distruttori) e una divaricazione fra ricchi e poveri che diminuisce, ma non alla velocità sperata. In Polonia, contrariamente all’Ungheria del 2010, l’economia è in crescita. Ma il rancore nei confronti dei nuovi ricchi non cala, perché proprio chi è uscito recentemente dalla povertà è più propenso a rivendicare per sé una fetta di benessere maggiore. Ecco allora che un programma come quello del Pis, di destra cristiano-sociale, viene incontro a questa domanda, promettendo una maggior redistribuzione della ricchezza a favore delle famiglie. Come nel caso ungherese, anche in Polonia il passato comunista non è affatto passato. Il ricco di oggi può anche essere il gerarca di ieri, colui che ha saputo sfruttare meglio la transizione dal vecchio al nuovo sistema. Sia Piattaforma Civica che Diritto e Giustizia discendono da Solidarnosc, ma hanno due modi opposti di affrontare la vecchia classe dirigente comunista. Piattaforma Civica ha preferito chiudere un occhio, sia sui vecchi apparatchik che sulle loro carriere nella Polonia post-comunista. Agli occhi dei polacchi, ha fornito loro legittimità e protezione, dando loro la possibilità di continuare ad arricchirsi e far carriera. Al contrario, Diritto e Giustizia, nella sua precedente esperienza di governo, aveva iniziato a “purificare” gli organi di Stato di tutti gli ex esponenti del regime comunista. 

L’Unione Europea ha fermamente condannato il vecchio processo di “purificazione” e ha dato piena legittimità a Piattaforma Civica che lo aveva fermato. Nel prossimo governo è difficile che Beata Szydlo lo riprenderà, perché in campagna elettorale ha dimostrato di essere molto più prudente del suo predecessore (nonché presidente del partito) Jaroslaw Kaczynski. Se mai dovesse farlo, sarà di nuovo condannata con la stessa veemenza. Ma questo potrebbe ulteriormente screditare l’Ue agli occhi dei polacchi, non i conservatori. Altre critiche potrebbero venire dalla Bce e dai ministri delle finanze europei, se mai la Szydlo dovesse imboccare la via di una maggior sovranità monetaria (rallentando l’ingresso nell’euro e sottoponendo la Banca Centrale al controllo governativo). E’ più difficile che lo faccia, anche in campo economico ha dimostrato di aver compreso la lezione dei liberali: una maggior integrazione porta alla crescita. Ma se dovessero tornare a piovere critiche dell’Ue sulla gestione finanziaria di Varsavia, agli occhi dei polacchi sarebbe l’Ue a perdere la faccia e non i conservatori. Se c’è una cosa che accomuna i governi conservatori di Polonia e Ungheria è la loro visione dell’Europa. Nessuno dei due è contrario all’integrazione, entrambi sono però contro la costruzione di un super-Stato europeo sovranazionale. Vogliono un’Europa delle nazioni, non un’Europa Stato, che ricorda troppo da vicino la vecchia Urss. In entrambi i casi: maggiori sono le critiche dall’Europa occidentale, più i governi nazionali conservatori si rafforzano.

Su un altro punto della politica estera, i conservatori polacchi e ungheresi sono simili, quasi sovrapponibili: la gestione dell’immigrazione. Oltre che per l’economia, il Pis ha vinto anche grazie alla sua forte campagna anti-immigrazione, incentrata sulla preservazione dell’identità cristiana ed europea della Polonia, contro l’imposizione di quote di rifugiati da accogliere decise dall’Ue. Il primo principio, affermato anche dal precedente governo Kopacz (Piattaforma Civica) è quello della volontarietà: è il governo nazionale, non la Commissione Europea, che può decidere quanti e quali rifugiati ammettere. Il secondo principio è quello dell’omogeneità culturale: la priorità va data ai rifugiati cristiani. Questi principi, comuni anche a quelli finora seguiti dall’Ungheria, sono stati fatti propri e resi più coerenti dal Pis. Dunque è prevedibile che siano sostenuti con maggior convinzione dal prossimo governo. E non sono seguiti solo da Polonia e Ungheria, ma anche dagli altri membri del “gruppo Visegrad”, Slovacchia e Repubblica Ceca, che pure hanno governi di sinistra. La questione identitaria, dunque, è trasversale in tutta quest’area d’Europa, è sia conservatrice che socialdemocratica. Ed è quella che i commentatori occidentali bollano troppo facilmente come “xenofobia”. Senza comprendere che paesi che hanno subito, per mezzo secolo di comunismo sovietico, la cancellazione forzata della loro identità nazionale, del loro credo e della loro cultura, oggi si tengono stretto quel che hanno appena riconquistato.