Più Messe, i vescovi polacchi indicano la strada
Moltiplicare il numero delle Sante Messe domenicali per evitare assembramenti: è la raccomandazione della Conferenza episcopale polacca di fronte alla diffusione del coronavirus. Dispensa per malati e anziani dalla partecipazione fisica alle celebrazioni festive. Accorgimenti, insieme ad altre semplici misure, che si potevano prendere anche in Italia, preservando fede e prudenza.
Aumentare il numero delle Sante Messe domenicali. È la misura, in controtendenza rispetto all’Italia, che la Conferenza episcopale polacca (Kep) ha raccomandato ai suoi sacerdoti in riferimento alla diffusione del coronavirus, per venire incontro alle richieste di prudenza senza con ciò impedire ai fedeli di partecipare alla celebrazione dei divini misteri. «Nella situazione attuale, vorrei ricordare che proprio come gli ospedali curano le malattie del corpo, così le chiese servono, tra le altre cose, a curare le malattie dell’anima, quindi è inimmaginabile per noi non pregare nelle nostre chiese», esordisce il comunicato a firma del presidente della Kep, monsignor Stanisław Gądecki, arcivescovo di Poznań.
Dopo aver ricordato le raccomandazioni delle autorità sanitarie, «secondo cui non dovrebbero esserci grandi raduni di persone», il comunicato prosegue: «Si prega di aumentare, se possibile, il numero delle Sante Messe domenicali nelle chiese, in modo che di volta in volta il numero di fedeli partecipanti alla liturgia sia in accordo alle linee guida dei servizi sanitari». Segue la dispensa dal recarsi in chiesa nei festivi per i soggetti più a rischio: «Ricordo che – nella situazione attuale – gli anziani e i malati possono rimanere a casa e seguire le trasmissioni delle Sante Messe», aggiunge Gądecki, segnalando alcune possibilità via radio e tv. Il comunicato non parla di Messe feriali, evidentemente perché nemmeno in Polonia c’è il problema dei temuti assembramenti.
Nel documento, pubblicato il 10 marzo, il presidente della Kep ricorda anche che non è necessario scambiarsi il segno della pace con le mani. E conclude: «Raccomandiamo al buon Dio coloro che sono morti di coronavirus. Preghiamo per la salute dei malati e per i medici, il personale sanitario e tutti i servizi che lavorano per fermare la diffusione di questo virus. Preghiamo che l’epidemia finisca. Secondo la tradizione della Chiesa ti incoraggio in particolare a pregare con la supplica “Święty Boże, Święty Mocny…”». È la supplica, da recitare tre volte, nota come Trisagion («Tre volte Santo»), che nella traduzione italiana suona come «Santo Dio, Santo forte, Santo immortale, abbi pietà di noi», inno antichissimo che è divenuto ancora più noto tra i fedeli grazie alla Coroncina alla Divina Misericordia insegnata da Gesù a santa Faustina Kowalska.
Dunque, di fronte alla situazione di pericolo, i vescovi polacchi hanno scelto di moltiplicare le Messe festive (un’idea che la Nuova Bussola aveva avanzato fin dai primi focolai italiani), con l’ulteriore accorgimento della dispensa ‘fisica’ dal precetto per malati e anziani. Inevitabilmente sorge la domanda: non si poteva adottare una soluzione simile anche in Italia? Preveniamo qualche obiezione.
Si potrà dire che in Polonia, dove il coronavirus è emerso più tardi che da noi, la situazione è molto meno grave, contandosi fino a ieri pomeriggio solo 27 casi di contagiati contro gli oltre diecimila del nostro Paese. Vero. Ma nemmeno all’inizio dell’emergenza coronavirus in Italia abbiamo letto comunicati della Cei volti a chiedere l’incremento delle Sante Messe, che sarebbe stata la soluzione più di buonsenso sia come rimedio umano - evitare assembramenti - sia tanto più come rimedio divino. A maggior ragione, poi, più una malattia si propaga e più abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio: e la sacra liturgia, fonte e culmine della vita cristiana, è insostituibile.
Si potrà anche obiettare che in Polonia è al governo un partito di ispirazione cristiana, che non chiederà mai - si spera - la sospensione delle Messe con i fedeli, contrariamente a quanto ordinato dall’esecutivo laicista che oggi guida l’Italia. Ma la Chiesa italiana ha dalla sua sia il Concordato sia la Costituzione, con quest’ultima che riconosce il diritto di «professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto» (art. 19) e stabilisce che il carattere ecclesiastico di un’istituzione e il fine del culto «non possono essere causa di speciali limitazioni legislative» (art. 20). C’erano le tutele giuridiche per resistere al diktat del governo, insensato - anche da un punto di vista ateo - per le Messe feriali. E c’è ancor di più il comando di Nostro Signore («fate questo in memoria di me») e l’esempio dei cristiani che ci hanno preceduto in contesti - sia di epidemie che di persecuzioni - ben più gravi dell’attuale, guardando alla Santa Messa come alla ricchezza più grande.
Insieme agli accorgimenti indicati dai vescovi polacchi, si potevano - e si potrebbero ancora - prendere altre semplici misure, come per esempio: far sistemare uno-due fedeli per panca, a seconda degli spazi, così da mantenere il famoso “metro di sicurezza”; celebrare l’Eucaristia anche all’aperto; regolare gli ingressi alle chiese nelle Messe vespertine del sabato - possibilmente celebrandone almeno una in più - e in quelle domenicali e festive (anche qui, aumentandole), eccetera.
Si tratterebbe di “sacrificare”, nel complesso, un po’ di tempo in più per il dono più grande che ci è stato lasciato. Con la buona volontà dei sacri Pastori e dei fedeli, non ci sarebbero grandi problemi a partecipare al rinnovamento dei misteri della Morte, Passione e Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo, cioè dell’atto salvifico più potente e del Sacrificio più gradito al Padre. Basta volerlo.
Così si preserverebbe la prudenza e si conserverebbe lo sguardo cristiano sul reale, che ci richiede di guardare prima alla salvezza dell’anima e chiedere ogni altra grazia a Colui che è onnipotente, con l’intercessione di Colei che di tutte le grazie è mediatrice. «Chiedete e vi sarà dato». L’epidemia potrà passare presto, se si confida nelle parole di Gesù.