Pirati, la nuova piaga nel Canale di Sicilia
Mentre la Marina impiega cinque navi per imbarcare migliaia di immigrati nel Mediterraneo e trasportarli in Italia, Medici Senza Frontiere riferisce di aver subito un attacco in alto mare da parte di pirati. La vicenda è ancora piena di punti oscuri, ma è un sintomo grave: la navigazione nel Canale di Sicilia inizia ad essere pericolosa.
La vicenda dei flussi migratori dalla Libia ha già da tempo assunto i contorni di una farsa arricchita ieri da due notizie che ridicolizzano ancor di più l’Italia e l’Europa agli occhi del mondo e dei loro stessi cittadini e contribuenti.
Ben 5 navi della Marina Militare sono state mobilitate per imbarcare 8.600 immigrati clandestini da sbarcare in Italia. Un’operazione che ha permesso ai trafficanti di incassare in poche ore quasi 21 milioni, considerato che il costo medio di un “posto barca” è di 2.400 euro, anche se ogni clandestino ne spende circa 10 mila per l’intero viaggio dall’Africa Occidentale (e in misura minore Orientale) fino alle coste libiche dove resta in attesa di un imbarco.
Cifre che non possono certo permettersi poveracci e bambini denutriti ma che sono alla portata di molti africani benestanti. Infatti vediamo bighellonare per le città italiane ragazzi palestrati, non certo bambini con pance e occhi sporgenti a causa della denutrizione. Inutile stupirsi quindi che ieri sia stata soccorsa una ragazza marocchina che si era sentita male a causa dei postumi di un recentissimo intervento di chirurgia estetica effettuato in Marocco al modico costo di 5mila euro per ridurre l’adipe e avere un ventre piatto. L’aspirante fotomodella ha pagato i trafficanti per arrivare in Italia forse nella speranza di ritagliarsi uno spazio sulle passerelle della moda milanese ma per ora è stata accolta come possibile richiedente asilo e verrà mantenuta forse a vita con le tasse degli italiani, terremotati inclusi.
Pochi giorni or sono abbiamo invece appreso che oltre a trafficanti, immigrati illegali e terroristi ora dalla Libia arrivano anche i pirati, frutto della demente politica di sicurezza attuata da Italia e Ue. La nave di soccorso Bourbon Argos, gestita da Medici senza frontiere (Msf) e impiegata per raccogliere immigrati clandestini e sbarcarli in Italia, è stata attaccata da un gruppo di uomini armati a largo delle coste libiche. La notizia, va subito detto, suscita qualche perplessità. E’ stata riferita da un comunicato di Msf il 25 agosto ma l’attacco si è verificato una settimana prima, il 17 agosto.
Bourbon Argos, che batte bandiera del Lussemburgo ed è una delle tre navi di MSF impegnate nelle acque del Mediterraneo per soccorrere e trasferire in Italia gli immigrati clandestini, è stata attaccata da alcuni uomini armati a bordo di barchini che si sono avvicinati e hanno iniziato a sparare da una distanza di circa 400 metri. Successivamente sono saliti a bordo dove il personale di MSF e gli uomini dell’equipaggio si sono chiusi nell’area protetta e blindata dell’imbarcazione. Nessuno a bordo è stato ferito. “Anche se non conosciamo l’identità degli aggressori o la loro motivazione, da una nostra prima ricostruzione dei fatti riteniamo che fossero dei professionisti e ben addestrati”, ha detto Stefano Argenziano, coordinatore delle operazioni di Msf, secondo il quale i colpi sparati “non erano d’avvertimento” ma erano diretti a colpire le persone a bordo: una volta tornati sul ponte “abbiamo contato almeno 13 buchi di colpi sparati verso la plancia”.
Il motoscafo era stato avvistato in mattinata, intorno alle 9,15. In assenza di una chiara identificazione, di comunicazioni e di una qualsiasi risposta radio dal motoscafo che si stava avvicinando, il team Msf ha preso la misura precauzionale di spostarsi nell’area sicura all’interno della nave. Uomini armati sono saliti a bordo della Bourbon Argos e hanno cominciato a perlustrarla, lasciandola circa 50 minuti dopo, senza rubare o portar via nulla e senza lasciare alcun elemento utile per identificarli e dopo aver tentato inutilmente di scovare l’equipaggio, probabilmente per prendere degli ostaggi. L’attacco sarebbe avvenuto a circa 24 miglia nautiche a nord delle coste libiche, si legge nel comunicato di MSF, quindi in acque internazionali.
La vicenda resta però misteriosa con più domande che risposte. Perché la notizia dell’attacco è stata resa nota da MSF solo una settimana dopo? Perché né le autorità italiane né la flotta della Ue hanno reso note informazioni in proposito? La nave minacciata e poi attaccata ha lanciato SOS? E nel caso chi lo ha raccolto? Quali unità militari sono state inviate sul posto? Qualcuno ha inseguito con navi, aerei o elicotteri i pirati? In quale porto hanno trovato rifugio? Troppi gli interrogativi senza risposta ma se venisse confermato l’abbordaggio rappresenterebbe il primo atto di pirateria nel Mediterraneo dai tempi dei pirati albanesi di Saranda che nel 1997, quando l’Albania era in preda al caos, attaccavano gli yacht al largo di Corfù per derubarne i passeggeri.
Meglio ricordare che nel febbraio 2015 trafficanti libici a bordo di un motoscafo aprirono il fuoco con i kalashnikov contro una motovedetta della Guardia Costiera italiana impegnata a imbarcare immigrati illegali per recuperare (e poi riutilizzare) il barcone usato dai clandestini. Due mesi dopo un’unità della Guardia Costiera libica (evidentemente complice dei trafficanti) si avvicinò a una motovedetta italiana aprendo il fuoco per poi impossessarsi del barcone e riportarlo verso la Libia.
Le forze navali libiche sembrano coinvolte anche nel caso dell’abbordaggio alla Bourbon Argos. Il portavoce della Marina, il generale Ayoub Qassim, ha infatti reso noto di aver avuto un confronto con la nave di Msf smentendo però di aver sparato contro la plancia della nave. “Un battello della Guardia Costiera era a circa 25 miglia quando ha individuato una nave non identificata cui è stato ordinato di fermarsi. La nave però non ha obbedito all’ordine” ha spiegato Qassim aggiungendo che sono stati “sparati colpi d’avvertimento ma non abbiamo né colpito né arrembato la nave. Il pattugliatore è poi tornato verso la costa e abbiamo informato l’Operazione Sophia dell’Ue dell’incidente e abbiamo aperto un’inchiesta”.
Dichiarazioni ben poco credibili ma c’è da preoccuparsi se si considera che alla Marina libica verrà impartito l’addestramento offerto dalla flotta europea in base a un memorandum firmato la settimana scorsa a Roma. Addestriamo forze libiche che dovrebbero contrastare le bande di trafficanti di cui sembrano invece essere complici? Pur tenendo conto dei tanti aspetti oscuri, l’abbordaggio al Bourbon Argos sembra confermare che nel Mediterraneo centrale i trafficanti di esseri umani (che incassano 5-6 miliardi all’anno grazie alle operazioni militari e civili che trasferiscono in Italia chiunque paghi i criminali) stanno compiendo un salto di qualità puntando anche ad azioni di pirateria che potenzialmente possono minacciare il traffico mercantile e le piattaforme petrolifere off-shore. L’episodio della nave di MSF getta inoltre un’ombra sulla capacità di garantire la sicurezza della navigazione che dovrebbe essere assicurata da ben quattro flotte: quella della Guardia Costiera italiana, “Mare Sicuro” della Marina Italiana, “Triton” dell’agenzia europea delle frontiere Frontex e “Eunavfor Med/Operazione Sophia” della Ue.
Forse perché due dozzine di navi da guerra vengono impiegate, tra l’altro con un grande spreco di risorse finanziarie, come traghetti e taxi per immigrati clandestini invece di proteggere anche con le armi l’Europa da criminali e traffici illeciti? Del resto l’unica ragione per mantenere a basso profilo mediatico e politico l’assalto al Bourbon Argos, è nascondere il fatto che stiamo perdendo il controllo del Canale di Sicilia, non perché sovrastati da eventi o forze avversarie più grandi ma per una precisa e sciagurata scelta politica di non mostrare mai la forza ai capiclan che pretendono di rappresentare la Libia, di non usare le armi contro trafficanti, terroristi e pirati e di non riportare mai sulle coste libiche neppure uno dei 115 mila clandestini sbarcati illegalmente in Italia solo quest’anno.