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MEDITERRANEO

Pirateria dell'Isis, potremmo tornare ai tempi dei mori

L'anarchia libica può riportare i pirati islamici nel Mediterraneo, come secoli addietro, quando i mori saccheggiavano le coste italiane ed europee meridionali. E la minaccia a una nostra unità della Guardia Costiera da parte di scafisti armati può essere solo un primo assaggio.

Esteri 26_02_2015
Propaganda Isis: bandiera nera sul Colosseo

“Se farete cadere Gheddafi la Libia diventerà un’altra Somalia”. Il monito espresso dall’Unione Africana nella primavera del 2011, purtroppo inascoltato da Nato e Occidente, suona oggi come una profezia e non solo per le similitudini tra una Somalia tribalizzata e una Libia ormai Stato fallito in preda a oltre 200 milizie.

Il parallelo tra i due Paesi potrebbe estendersi anche alla minaccia della pirateria che pare in procinto di tornare a manifestarsi sulla sponda meridionale del Mediterraneo con l’affermarsi dello Stato Islamico in Libia e il consolidarsi dei trafficanti di esseri umani legati ai jihadisti. Il rischio pirateria sembra sia stato analizzato e definito molto credibile da un rapporto dell’intelligence militare italiano citato dal quotidiano britannico Daily Express, secondo cui il Mediterraneo si potrebbe "somalizzare" e lo Stato Islamico potrebbe puntare sull’attacco e il sequestro di yacht e mercantili per finanziarsi e colpire gli interessi dei “crociati”.

Nel documento si fa riferimento al fatto che l’IS ha preso il controllo di porti e imbarcazioni in Libia facendo presagire "la possibilità che si possa ripetere lo scenario che ha visto protagonista la regione marittima tra la Somalia e Aden negli ultimi dieci anni". E ancora: "barche veloci potrebbero attaccare pescherecci, navi da crociera piccoli mercantili e imbarcazioni delle guardie costiere". Quest’ultima ipotesi si è già concretizzata due settimane or sono quando scafisti armati di kalashnikov hanno imposto con le armi a una motovedetta della Guardia Costiera italiana di imbarcare gli immigrati clandestini lasciando loro il gommone con cui sono rientrati (impuniti) in Libia.

Un episodio che potrebbe anticipare un vero e proprio abbordaggio a unità navali italiane di piccole dimensioni, con equipaggio ridotto e prive di armamento impegnate a salvare immigrati.  L'obiettivo di azioni piratesche sarebbe "catturare prigionieri da esibire in tute arancioni" e chiedere riscatti per il loro rilascio o fare pressioni sui governi dell'area, secondo il rapporto.

Rispetto alla pirateria in Somalia, ridotta ai minimi termini grazie a un massiccio impiego di flotte militari internazionali e alla capillare presenza di guardie armate sui mercantili, la pirateria dalle coste della Libia potrebbe godere di maggiori vantaggi quali un traffico commerciale e turistico ben più intenso di quello dell’Oceano Indiano, acque più calme in grado di garantire scorribande tutto l’anno e la possibilità di utilizzare gli immigrati clandestini come scudi umani.

Secondo l'ammiraglio britannico Chris Parry "i nuovi pirati" sono maggiormente armati rispetto ai loro "colleghi somali". Hanno missili terra-aria, pericolosi per gli elicotteri, e armi che rendono più complessi gli interventi. Inoltre nel Mediterraneo transita il 15% dell’intero traffico marittimo globale: sarebbe quindi impossibile proteggere tutte le imbarcazioni e, anche grazie ai tagli ai bilanci della Difesa degli ultimi anni, sarebbe difficile (oltre che costosissimo) disporre a tempo pieno di un numero di navi da guerra sufficiente a controllare e bloccare le coste libiche.

Parry già nel 2006 aveva evidenziato in un rapporto il rischio che “entro dieci anni i pirati nordafricani avrebbero avuto i mezzi per attaccare imbarcazioni e spiagge nel Mediterraneo”. Una minaccia che ci riporta indietro di secoli, all’epoca delle incursioni dei mori sulle coste italiane e del sud Europa anche se in realtà gli ultimi abbordaggi pirateschi nel Mediterraneo vennero attuati da ciurme albanesi che nel 1997 attaccavano le imbarcazioni turistiche durette a Corfù dal porto di Saranda, a sud di Valona.

Anche l’ammiraglio statunitense James Stavridis, ex comandante supremo della Nato, considera l’Italia particolarmente esposta alla minaccia e, intervistato dal Sunday Times, ha ribadito la possibilità già più volte ventilata che i jihadisti “possano infiltrarsi tra i migranti clandestini o semplicemente decidere di sbarcare sulle coste italiane per conto proprio”. Stavridis ricorda che nelle attuali condizioni l'Italia potrebbe richiedere in base all'articolo 4 del Trattato Nato una consultazione con gli alleati per ottenere garanzie per la propria integrità territoriale. Minacce all'Italia arrivano del resto direttamente da siti web vicini ai jihadisti. In un messaggio rinvenuto da Site un militante mette in guardia l'Italia dall'entrare in guerra contro l'Isis per evitare che il Mediterraneo sia “arrossato dal sangue dei suoi cittadini”.

Un pericolo che sembra preoccupare il turismo marittimo di lusso come conferma il Consorzio "Rete Porti Sardegna" che accusa però l’articolo del Sunday Times di spaventare i turisti.

"Diversi affezionati clienti internazionali - spiega il Consorzio - ci hanno segnalato preoccupati un articolo apparso sul Sunday Times del 22 febbraio. Considerato che la Sardegna e la Corsica rappresentano la prima destinazione mondiale estiva per i più grandi e lussuosi yacht esistenti appare evidente che questo allarme può dirottare questo importantissimo target per il turismo nautico della Sardegna verso altri bacini”. L'auspicio è che si faccia chiarezza al più presto. Prima dell'estate. "Ci si augura - spiega il Consorzio - che le istituzioni militari e di pubblica sicurezza italiane, europee e della Nato, possano replicare rapidamente ed efficacemente alle affermazioni rilanciate dal giornale assicurando che, perlomeno nella sponda europea del Mediterraneo, la sicurezza della navigazione è assolutamente garantita, con un dispositivo militare, sia al traffico commerciale che a quello diportistico".

In assenza di un intervento militare internazionale sul suolo libico l’unico modo per contrastare eventuali attacchi dei pirati è attuare una sorta di blocco navale delle coste e dei porti. Finora gli unici a porsi il problema sono gli egiziani che stanno effettuando con la loro Marina un controllo molto intenso delle acque fino al porto di Bengasi soprattutto per impedire l’afflusso di armi ai miliziani jihadisti.

In Italia la presenza della Marina Militare a ridosso delle coste libiche potrebbe consentire di tenere sotto stretto controllo ogni imbarcazione in uscita dai porti libici bloccando i traffici di immigrati come eventuali imbarcazioni pirata. Come ha più volte sottolineato la NBQ, la nostra Marina Militare dispone di mezzi e personale in grado di sostenere questa missione a cui potrebbero affiancarsi  anche forze alleate interessate a garantire la sicurezza dei traffici marittimi e a impedire ai jihadisti di continuare ad arricchirsi.

Uno sforzo a cui potrebbe unirsi pure la flotta russa, che schiera una squadra navale nel porto siriano di Tartus e ha ottenuto l’uso dei porti ciprioti per le navi  "che partecipano alle operazioni di lotta al terrorismo e alla pirateria internazionale" come ha detto Vladimir Putin incontrando ieri il a Mosca il presidente cipriota Nicos Anastasiades.