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Immigrazione

Piano Albania: Starmer si congratula, l’ideologia attacca

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Nell’incontro con Giorgia Meloni il premier britannico Keir Starmer, che in patria ha bocciato il Piano Ruanda, si è congratulato con l’Italia per il progetto in Albania volto a contrastare l’emigrazione illegale. Ma vari altri Paesi guardano a progetti simili, invisi all’ideologia immigrazionista.

Politica 19_09_2024
Incontro Meloni-Starmer a Roma, 16 set 2024 (LaPresse)

Mancano poche settimane all’apertura dei due centri in Albania che l’Italia, grazie a un accordo stipulato con il governo di Tirana, ha allestito per ospitare almeno una parte degli emigranti illegali che, dichiarandosi profughi e chiedendo asilo, non possono essere fermati e rimpatriati. Come nei Cas italiani (Centri di accoglienza straordinaria), i richiedenti asilo vi resteranno per tutto il tempo necessario a verificare la veridicità delle loro affermazioni e decidere, caso per caso, se concedere protezione internazionale o espellerli.

I centri funzioneranno e contribuiranno a ridurre i flussi migratori illegali diretti verso l’Europa, sostiene il primo ministro Giorgia Meloni. Proprio per questo il Piano Albania non piace a chi approva e giustifica l’emigrazione irregolare e quindi tenta di screditarlo e delegittimarlo. Nei giorni scorsi il segretario del Pd, Elly Schlein, ha dichiarato che quello con l’Albania è un «cinico accordo», un progetto che «calpesta i diritti delle persone» ed è contrario «a quanto prevede la Costituzione». Amnesty International ha più volte denunciato che portare in un altro Stato chi chiede asilo all’Italia «equivale a un respingimento», e pertanto è una misura illegale, inaccettabile, che viola le norme internazionali, i diritti umani e il diritto di asilo. Human Rights Watch ha definito l’accordo uno «stratagemma» che viola i diritti delle persone, mina il diritto di asilo e la libertà dalla detenzione arbitraria. Progetto Melting Pot Europa per condannare il Piano Albania è ricorso persino a Zanë Kolektiv, un collettivo di giovani albanesi residenti in Italia secondo i quali i centri italiani in Albania, essendo il prolungamento di una regione italiana, sono «basi neo colonialiste». «L’ultima volta che l’Italia ha esercitato una giurisdizione in Albania – hanno commentato – è stato quando è stata occupata dai fascisti, sotto il regime di Mussolini».

Ma, come tutte le ideologie, anche quella immigrazionista prima o poi doveva fare i conti con i fatti e quel momento ormai sembra essere arrivato. I fatti sono che la maggior parte dei richiedenti asilo non sono profughi in cerca di salvezza, non hanno bisogno di protezione internazionale. A quei pochi che davvero lo sono, e che spettava all’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) assistere facendo sì che non dovessero ricorrere a costose organizzazioni criminali e affrontare un viaggio dall’esito incerto per mettersi in salvo, poco importa se devono attendere l’esame della loro richiesta in Italia o in qualsiasi altro Paese, purché sia sicuro.

Così persino il primo ministro britannico Keir Starmer, in visita in Italia il 16 settembre, si è congratulato con Giorgia Meloni per i risultati conseguiti nella lotta all’emigrazione illegale, per le iniziative intraprese e in particolare, pur riservandosi di vederne i risultati, proprio per il progetto realizzato in Albania, paese con cui i suoi predecessori avevano a loro volta firmato un accordo nel 2022 per accelerare i rimpatri degli emigranti illegali albanesi. E dire che il leader laburista, entrato in carica lo scorso luglio, aveva subito cancellato il piano britannico di trasferire i richiedenti asilo in Ruanda, elaborato nel 2022 dall’ex primo ministro conservatore Boris Johnson dicendo che era solo un “espediente”, adducendo costi troppo elevati e accampando dubbi sulla sua efficacia dissuasiva.

Chi invece ancora crede nel Piano Ruanda, pur avendolo temporaneamente sospeso nel 2023, è la Danimarca che nel 2022 con il governo ruandese ha firmato un accordo simile a quello britannico. Il ministro di Stato, Mette Frederiksen, socialdemocratica, può contare su una legge che autorizza a trasferire i richiedenti asilo in paesi non europei. La legge prevede inoltre la revoca del diritto all’asilo ai rifugiati allorché nei loro paesi di origine vengano meno le condizioni che li hanno indotti a fuggire. Alla possibilità di trasferire in Ruanda i propri richiedenti asilo, approfittando delle strutture di accoglienza predisposte dalla Gran Bretagna, ha pensato di recente anche in Germania un esponente della coalizione di governo, Joachim Stamp, che propone, a garanzia di legalità e correttezza, la supervisione dell’Unhcr. La proposta si scontra con lo scetticismo del cancelliere Olaf Scholz, che tuttavia lo scorso novembre si è impegnato a verificare se sia possibile esaminare le domande di asilo in un paese terzo. Scholz, nel frattempo, per proteggere i confini nazionali, ha disposto a partire dal 16 settembre e per sei mesi la sospensione di Schengen al fine di ripristinare e intensificare i controlli alle frontiere.

Anche altri paesi dell’Unione europea, dopo anni trascorsi a discutere soprattutto, peraltro senza arrivare a risultati concreti, di accordi per ridistribuire tra gli Stati membri i richiedenti asilo e alleviare così il peso dei paesi situati ai confini dell’Ue, insistono sull’urgenza di trovare nuove soluzioni. Lo scorso maggio, 15 Stati membri su 27 hanno firmato una lettera indirizzata alla Commissione europea nella quale sollecitano l’Ue a riconsiderare le politiche migratorie finora adottate: «Riteniamo – vi si legge – che per affrontare le cause alla radice della migrazione irregolare e gestire i movimenti migratori verso l’Ue, sarà necessario che tutti noi pensiamo fuori dagli schemi e troviamo insieme nuovi modi per affrontare questo problema». Uno dei nuovi modi è il trasferimento in paesi terzi, al di là dei confini dell’Unione, delle procedure per l’asilo. I firmatari della lettera sono: Austria, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca e Romania.



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