Perché si parla di Mafia nella Capitale
E' il nuovo tormentone mediatico: Mafia Capitale. Ma perché l'estesa rete di corruzione romana, viene chiamata col nome dell'Onorata Società siciliana, che non c'entra nulla? E perché il caso scoppia proprio adesso, a pochi giorni dalle elezioni? C'entra la faida interna al Pd, sicuramente. E il solito accanimento mediatico contro l'ex Pdl.
Siccome è evidente a chiunque che “Mafia capitale” è sì un caso di grave e diffusa corruzione, ma non ha nulla a che vedere con la mafia, diventa importante domandarsi perché l’uso improprio della parola “mafia” per definire tale episodio trovi generale consenso in tutto l’ordine costituito della vita pubblica del nostro Paese. I maggiori giornali e telegiornali lo cantano in coro benché continui a non emergere il minimo elemento che lo giustifichi. Tra l’altro, pur se capace di estese ramificazioni, la mafia autentica trova nella Sicilia occidentale le proprie necessarie radici. Poi può valicare non solo lo stretto di Messina ma gli oceani. Anche a Chicago o in Australia però i suoi uomini-chiave sono siciliani. Tutto ciò è indiscutibile, tanto quanto il fatto che i siciliani bona fide, ovvero la massima parte, sono le prime vittime della mafia; e tanto quanto il fatto che nessuno più di loro ha versato sangue a causa della mafia e nella lotta contro la mafia.
Nella presunta “Mafia capitale” non c’è invece della Sicilia alcuna traccia rilevante. I personaggi coinvolti sono tutti quanti romani, e per di più molto spesso con cognomi che rivelano una discendenza da gente evidentemente emigrata a Roma da Bergamo e da altre parti della Lombardia. Benché inoltre assai rilevante in termini assoluti, l’entità pur milionaria delle ruberie è molto modesta rispetto alle spese di un Comune le uscite del cui bilancio di previsione 2015-2017 ammontano a 7.188.548.558,24 euro. Una cifra una bella fetta della quale è costituita da soldi che la grande città laziale riceve dallo Stato a titolo di copertura delle spese che le derivano dall’essere la capitale della Repubblica. Viene spacciato insomma come un handicap quella che è la principale risorsa dell’economia romana e poi si chiede di venire indennizzati per questo: è come se Milano si facesse indennizzare perché è sede della Borsa, o Firenze e Venezia si facessero indennizzare perché sono mete principali del turismo culturale del globo. E ad ogni modo, in quanto a sprechi della spesa pubblica italiana, tutte le ruberie di “Mafia capitale” sono briciole in confronto a quanto viene legalmente e ordinariamente sprecato da Roma, uno dei comuni più sgangherati del Paese ma anche uno dei più assistiti.
Fermo restando il dovere delle forze dell’ordine di denunciare i presunti responsabili della ruberia, e fermo restando il dovere della magistratura di giudicarli e di condannarli se le accuse contro di loro verranno accertate, resta ancora da considerare il significato complessivo, ovvero politico, dell’operazione che, a pochi giorni dalle recenti elezioni, ha condotto all’arresto di 44 tra notabili della politica romana e appaltatori di servizi comunali, e all’iscrizione sul registro degli indagati di altre 21 persone non solo nel Lazio ma anche altrove in Italia. Quali che siano le ragioni tecniche per cui l’ondata di arresti si è messa in moto proprio adesso, considerato che il grosso dei politici coinvolti appartiene alla dirigenza locale del PD di Roma, la vicenda va a situarsi come elemento di rilievo negli scontri in corso all’interno di tale partito tra Matteo Renzi da una parte e dall’altra quel che resta della “vecchia guardia” del Partito Comunista. Da un punto di vista politico in prima battuta la sostanza della vicenda è questa.
In seconda battuta, o meglio in più ampia prospettiva, per il modo con cui viene gestito mediaticamente l’episodio si colloca nel binario di quella campagna di centralizzazione del potere che è un elemento-chiave della visione politica di Renzi. Da quando Renzi è al governo si scoprono ruberie solo negli enti di governo locale, e allegre spese solo nei conti dei Consigli regionali. Senza pregiudizio per le spese illecite davvero accertate, basta talvolta che un assessore abbia offerto un the con i pasticcini a una delegazione straniera in visita perché poi lo si accusi di essersi fatto una scorpacciata di cannoli a spese del contribuente. I ministeri, il parlamento e gli altri organi di potere centrale continuano invece a restare circonfusi da una luce celestiale. Lì non ce n’è uno che si mangi dei pasticcini; e se qualcuno lo fa evidentemente se li paga poi di tasca sua. Perché infine tutti i media italiani più diffusi ripetono compunti il “mantra” di Mafia capitale? Perché la Bbc e gli altri motori più influenti della giostra mediatica internazionale nel dare notizia degli arresti a Roma evitano di dire che la maggior parte di loro è del Pd mentre citano con nome e cognome i pochi incriminati di area PdL? Tutto ciò è molto curioso, e merita di venire considerato attentamente.