Perché Rai3 trasmette solo una parte di "Maria Teresa"?
La tv pubblica non ha mandato in onda la prima parte del film storico ma solo la seconda. Vedendola si capisce perché: nello sceneggiato i buoni perseguitati per la loro larghezza di vedute e modernità sono i massoni e la loro (ingiusta) persecutrice è la Chiesa.
Appassionato come sono di film storici non mi sono perso Maria Teresa-Seconda Parte in programma in prima serata su Rai3 il 30 dicembre. Avevo visto la prima parte, molto tempo fa e su un altro canale mi pare privato. Mi ero chiesto, meravigliato, come mai detta prima parte fosse andata in onda su una rete secondaria e l’altra, invece, sulla Rai (per un raffronto, Caterina la Grande in due parti e con ben altro cast: Helen Mirren, premio Oscar, e Jason Clarke nella parte del principe Potemkin, è stata trasmessa da La8). Se avrete la pazienza di leggere quel che segue capirete perché mi sono risposto.
Si tratta di uno sceneggiato uscito nel 2017 e prevalentemente di produzione austriaca, ma anche ceca, slovacca e ungherese. Infatti, Maria Theresia von Augsburg era regina di Boemia e Ungheria nonché arciduchessa d’Austria. Storicamente è stata quel che Vittoria fu per l’Inghilterra e Caterina la Grande per la Russia, una sovrana «di ferro» politicamente migliore di tanti re, imperatori e zar; sotto di lei il regno raggiunse una potenza ineguagliata. Maria Teresa, quella vera, sposò Francesco Stefano di Lorena, granduca di Toscana, e il suo fu, inusualmente, un matrimonio d’amore. Ebbe un’infinità di figli che fecero di lei la «suocera d’Europa»: per dirne due, Maria Antonietta regina di Francia e Maria Carolina regina delle Due Sicilie. Però nel film ecco spuntare un figlio illegittimo avuto di straforo con un aitante ufficiale degli ussari.
Vabbè, esigenze di copione presentate come comprensibile reazione alle tante infedeltà del marito. In fondo quando si guarda un film storico la tentazione è sempre quella di scambiarlo per un documentario. Invece è un’opera di fantasia ambientata in un contesto storico. Insomma, veniale. Poi, però, si comincia a intravvedere il motivo per cui Rai3, da sempre appaltata alla sinistra, abbia deciso di trasmettere la seconda parte e non la prima. Innanzitutto, il cattivo: è il confessore di corte, naturalmente un gesuita. Col ricatto (ha saputo in confessionale che la regina è fedifraga) riesce a sedere nei consigli di guerra e, causa la sua bacchettoneria, a far cacciare le prostitute che accompagnano l’esercito. La misura solleva l’indignazione del medico di corte, che è un giansenista.
Notare l’inversione: il giansenismo fu condannato dalla Chiesa come eretico proprio a causa delle sua intransigenza ed eccessiva durezza: per esempio, i preti seguaci dell’eresia concedevano la comunione solo di rado e solo a quelli che secondo loro ne erano «degni». Cioè, mai. Invece, i gesuiti erano da costoro accusati di lassismo (si pensi alle polemiche tra Pascal, simpatizzante di Giansenio, e la Compagnia di Gesù). Insomma, una vera e propria inversione che porta la fiction su Maria Teresa ad assomigliare ai feuilleton illuministi e alla letteratura «gotica» inglese in cui i gesuiti erano sempre la bestia nera di ogni storia. Ma non basta.
Nello sceneggiato i buoni perseguitati per la loro larghezza di vedute e modernità sono i massoni, di cui il marito di Maria Teresa è Gran Maestro. E chi è la loro (ingiusta) persecutrice? La Chiesa. Ora, a parte il dettaglio che i massoni non hanno Gran Maestri ma solo Maestri, in tutto lo sceneggiato si parla di «Vaticano» e non, più correttamente, di Quirinale, perché è là che i Papi risiedevano prima dello scippo piemontese. E la Chiesa, col suo Nunzio a Vienna, fa la parte dell’intrigante politica, interessata solo al potere e alla presa sulle coscienze. Insomma, roba da Dumas, da Garibaldi (autore dell’anticlericale romanzo Clelia), del primo Mussolini (anche lui autore di un romanzo: L’amante del cardinale).
Il bello è che fu proprio il figlio e successore di Maria Teresa, Giuseppe II, a cercare di decattolicizzare il suo regno anticipando il giacobinismo, tanto da costringere il povero Pio VI a un umiliante viaggio a Vienna per evitare il peggio, cioè lo scisma. Per fortuna il glorioso impero austroungarico finì con un santo: Carlo d’Asburgo, beatificato da Wojtyla (il cui padre aveva militato sotto le sue insegne).