Perché la Russia fa paura
La Russia fa paura, quando inizia a soffiare sul fuoco degli indipendentismi (tranne quelli nel suo territorio) e lo fa per attizzare le minoranze russe in Lettonia ed Estonia, membri della Nato e dell'Ue. E la prossima fermata sarà l'Apocalisse.
È bene sempre conoscere altri punti di vista. Grazie a Dio gli alberghi di Cambridge, dove mi trovo, come spesso avviene nelle città universitarie offrono un'ampia scelta di canali televisivi di notizie. Dopo la dose quotidiana di BBC ho così deciso di farmi raccontare le stesse cose, ma da una prospettiva diversa, dalla televisione di Stato russa in lingua inglese, Vesti24. Le feste e i fuochi d'artificio in Crimea e in Russia non mi hanno stupito. I problemi sono cominciati con la seconda notizia. Nel mondo succedono molte cose ma, subito dopo la Crimea, la televisione russa propone ai suoi telespettatori di tutto il mondo il referendum per la secessione del Veneto dall'Italia. Non si tratta neppure di un'iniziativa della Lega, ma di un piccolo partito, Plebiscito 2013, costola di un altro partitino, Indipendenza Veneta. Lavorando sodo, i reporter russi sono riusciti a mettere insieme una trentina di persone con bandieroni veneti, filmate in una piazza che resta comunque desolatamente vuota.
Il commento è surrealista, ma nell'attuale contesto internazionale forse meriterebbe una protesta da parte del nostro governo: mentre in Crimea il voto dei cittadini è preso sul serio, l'Unione Europea e l'Italia rifiutano il sacro principio dell'auto-determinazione dei popoli e tengono i poveri veneti, che vorrebbero diventare indipendenti, nella prigione chiamata Italia.
Di tutto questo si può anche ridere, ma a me capita di interagire con colleghi che vengono, per esempio, dalla Lettonia e che di ridere non hanno molta voglia. Perché se la Russia comincia a parlare di diritto dei popoli all'auto-determinazione una grande crisi è alle porte, se anche non vogliamo ricordare che gli stessi discorsi prepararono la Prima e la Seconda guerra mondiale. Sappiamo tutti che le frontiere uscite da queste guerre, e dalle manovre interne all'Unione Sovietica, sono imperfette. Per l'Ucraina, questo giornale ha cercato di spiegarlo nel dettaglio, riconoscendo anche qualche ragione ai russi. Tuttavia dopo la Seconda guerra mondiale l'Europa ha evitato altre guerre perché tutti, con maggiore o minore entusiasmo, hanno accettato il principio di lasciare le frontiere come stavano. La Russia stessa non pratica il principio dell'auto-determinazione. Se lo facesse, lascerebbe decidere la Cecenia, il Daghestan, la Kabardino-Balkaria e diverse altre repubbliche della Federazione Russa del loro futuro, trovandosi con una bella costellazione di Stati indipendenti, alcuni dei quali musulmani fondamentalisti e un paio controllati direttamente da al-Qa'ida. Se pensiamo che non sia bene per nessuno che questo succeda, dobbiamo però smettere di considerare assoluto il diritto all'auto-determinazione dei popoli.
Non per colpa di nessuno, se non dei sovietici che hanno paracadutato nelle repubbliche baltiche centinaia di migliaia di russi come presidio contro la resistenza indipendentista, in Estonia e in Lettonia - non in Lituania, culturalmente molto diversa e da cui dopo il 1989 molti russi sono andati via - ci sono diverse province a maggioranza russa. I censimenti sono atti politici spesso manipolati, ma in Lettonia è possibile che ci sia una maggioranza russa nella capitale, Riga, dove molti russi poveri si sono inurbati. Le statistiche ufficiali danno i russi a Riga al cinquanta per cento, ma forse sono di più e c'è perfino già stato un referendum, dal momento che è stato eletto un sindaco russo che si chiama Usakovs, rappresentante di un partito di sinistra filo-russo chiamato Armonia. Nella seconda città lettone, Daugavpils, i russi sono la maggioranza assoluta, a Narva in Estonia sono l'ottanta per cento, nella capitale estone Tallinn ufficialmente il trentotto per cento, ma forse quasi il cinquanta. Come accennato, non ci sono minoranze - o maggioranze - russe simili in Lituania, ma ci sono storiche rivendicazioni russe sul porto di Klaipeda, l'antica Memel, di cui in questi giorni la Russia minaccia il blocco. C'è pieno di russi in Transnistria, lo Stato canaglia non riconosciuto da nessuno ma foraggiato dalla Russia che si è costruito fra Moldavia e Ucraina ed è diventato il paradiso della criminalità organizzata e dei latitanti, italiani compresi. Negli Stati musulmani dell'Asia Centrale i russi sono in maggioranza in molte regioni. Lo stesso nel Caucaso, e con la Georgia c'è già stata una piccola guerra.
Vale per altre regioni del mondo. A Singapore, per esempio, i cinesi sono il settanta per cento della popolazione: dovrebbe unirsi alla Cina? Sappiamo che in Italia ci sono zone dove la maggioranza non ha l'italiano come lingua madre, e che oltre Trieste e Gorizia ci sono regioni storicamente italiane. Il pianeta è pieno di rivendicazioni storicamente fondate e giuste. Alcune, eccezionalmente e in contesti particolari, trovano un consenso per portare a referendum: è il caso del Québec o della Scozia. Ma se passa il principio di ridiscutere tutte le frontiere sulla base delle maggioranze etno-linguistiche e dell'auto-determinazione si arriva, senza che nessuno la voglia, alla guerra mondiale. La Russia non applica questo principio al suo interno - per informazioni, chiedere ai ceceni - e se davvero lo applicasse all'esterno finirebbe per trovare delle reazioni serie perfino dall'Europa. Personalmente sono sensibile alle rivendicazioni di identità nazionale e religiosa di questi popoli, che storicamente si sono costruite contro la Russia, ma so che l'Europa non si batterebbe per queste.
L'Estonia però è il Paese europeo con l'economia in più veloce crescita, ed è strapiena di investimenti tedeschi e americani. Estonia e Lettonia fanno parte della zona euro. Per quanto le minoranze russe strepitino, e senz'altro qualcuno al Cremlino sogni il ritorno all'Unione Sovietica o all'impero degli zar, se nessuno morirà per Sebastopoli e forse neppure per l'Ucraina orientale, in nome della geo-economia, dell'euro e del dollaro Europa e Stati Uniti non potrebbero non difendere con tutti i mezzi Paesi che fanno parte dell'Unione Europea, dell'eurozona e della NATO. La prossima fermata sarebbe l'Apocalisse. Altro che referendum in Veneto.