Perché i terroristi islamici odiano la nostra civiltà
Simpatica o meno, bisogna però riconoscere che, in barba a tutti gli storici, politici, generali ed analisti, Oriana Fallaci è stata l’unica che abbia saputo prevedere come sarebbe andata a finire la convivenza tra la civiltà occidentale e le spinte totalitarie e intolleranti della “civiltà” islamica.
Non mi era simpatica Oriana Fallaci. Devo riconoscere che ha svolto una eccellente e coraggiosa attività giornalistica, ma non la apprezzo molto come scrittrice; avrei anche da commentare alcune sue scelte sia ideologiche che di vita privata: lo farò, semmai, in altra sede. Bisogna però riconoscere che, in barba a tutti gli storici, politici, generali ed analisti, è stata l’unica che abbia saputo prevedere come sarebbe andata a finire la convivenza tra la civiltà occidentale e le spinte totalitarie e intolleranti della “civiltà” islamica. Coloro che ne offendono la memoria (e ce ne sono, altro se ce ne sono!) appartengono a quella categoria di vigliacchi traditori sulla quale mi soffermerò più avanti.
I fatti di Parigi e quelli che verranno sono inevitabili episodi dello scontro (guerra? E sia!) tra un modo di vivere nel quale, alla fine, è la libertà l’elemento caratterizzante e un contesto nel quale non solo parlare di libertà, in qualunque sua accezione, è fuor di luogo, ma che porta questa esclusione fin nel titolo (islam significa infatti sottomissione, abbandono: con il concetto di libertà non vedo alcun tipo di collegamento, neanche sotto la forma della mera intenzione).
L’islam contiene in sé una forte spinta all’espansione, fortemente e sanguinosamente inveratasi ogni volta che ce ne è stata l’occasione, e finché non è incorso in una delle ripetute, catastrofiche sconfitte che ne hanno bloccato l’avanzata; ricordo Poitiers, Lepanto, Vienna e via dicendo. Tale spinta può inscriversi, a mio modo di vedere, nello scontro sempre presente nella storia tra Oriente e Occidente (vedi Maratona, Isso, Zama, e via seguendo). Ma nella situazione attuale c’è un elemento nuovo rispetto al passato. Gli antichi capi islamici erano spinti alla guerra soprattutto da bramosia di conquista e desiderio di estendere i propri domini: oggi una significativa componente dell’aggressività è fornita dal forte spirito sociale di rivalsa che anima una popolazione che, pur disponendo di risorse naturali in quantità sterminata, non è riuscita a tenere il passo dello sviluppo con gli occidentali.
Da questo stato di cose è venuta a determinarsi quella invidia che costituisce il motore più importante dell’aggressione: e tanto più virulenta in quanto sviluppatasi in un contesto di consapevolezza ineludibile della pochezza di capacità che l’ha determinata. Ritengo che uno dei motivi del rinascere dello spirito di “conquista o morte” in questo periodo storico sia stato l’affievolirsi della coscienza del necessario collegamento tra il successo raggiunto e l’impegno necessario a conseguirlo. L’affermarsi, in molte società del mondo, della logica del diritto su quella del dovere, se vogliamo dirla in altro modo. Non a caso, la diffusione di questo tipo di istanza è avvenuta tra la fine del XIX e quella del XX secolo, in coincidenza con la martellante propaganda per i diritti attivata da coloro che poi, giunti al potere, nei Paesi dove governavano diritti non ne riconoscevano a nessuno.
C’è ancora un altro motivo all’origine di questa guerra islam-Occidente: la scarsa disponibilità a combatterla presente da noi, ed il gran numero di traditori, ignavi e cacadubbi che, mangiando lautamente e spesso immeritatamente nel piatto dell’Occidente, poi ci sputano dentro. Sta parlando di gente che nutre, anch’essa, un ben giustificato complesso di inferiorità, che maschera accusando il mondo di ingiustizia, per non aver raggiunto obiettivi ai quali riteneva apoditticamente di aver diritto; ed un forte sentimento di invidia verso coloro che hanno raggiunto risultati rispetto ai quali essi fingono di non sapere di essere inadeguati.
Tangheri che si mascherano da buonisti pronti a sfoderare tutta la loro ferocia su chi non sia loro compiacente; cristiani pelosi che reclamano la misericordia infinita di Dio dimenticandone la giustizia, che è infinita anch’essa; giustificazionisti dei crimini dei delinquenti che giudicano simpatici, feroci contro chi invoca giustizia: sono solo le principali tra le categorie di traditori che si spingono fuori dalle loro tane nell’occasione nella quale possono sfogare il loro livore verso le persone per bene.
Gente della quale faremmo volentieri a meno, persone spiacevoli dal comportamento spiacevole, oggetto di tutto il nostro – o perlomeno il mio – disprezzo. E taluno di loro, tra i più ignobili, sgangheratamente accusa la Fallaci per non aver chiesto scusa di quanto ha scritto. Anche se evidente che ignoranza e invidia hanno un ruolo importante in questo comportamento, non potremo mai giustificarlo.