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INTERVISTA

Pera: Senza Dio il liberalismo diventa dittatura del relativismo

Pubblichiamo ampi stralci dell'intervista a Marcello Pera, filosofo e politico liberale, fatta dall'Osservatorio Cardinale Van Thuan per la Dottrina sociale della Chiesa, per ricordare il contributo di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI all'identità cristiana dell'Europa. L'intervista può essere letta integralmente sul sito dell'Osservatorio.
- BENEDETTO XVI, PADRE E MAESTRO IN TEMPI DI CRISI, di Alessandro Rimoldi

Cultura 19_01_2023
Il cardinale Ratzinger e Marcello Pera

Con la morte di Benedetto XVI, non solo ci lascia un fine teologo e un grande intellettuale europeo, ma si chiude un’epoca, quella del Concilio Vaticano II (e del travagliato post-Concilio) e forse si chiude anche l’età della Chiesa come anima di una civiltà. Joseph Ratzinger, come teologo e Cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, poi come Romano Pontefice, ebbe sempre a cuore l’identità cristiana dell’Europa e della Magna Europa, non si arrese mai all’idea che la Civiltà Cristiana fosse da archiviare come cosa superata, sempre intese ribadire l’inseparabilità di fede e ragione, di fede e cultura, dunque il necessario farsi civiltà del Cristianesimo.
(…) In questo quadro si inserisce l’incontro, il confronto, il dialogo e l’amicizia con Marcello Pera, illustre filosofo e politico liberale italiano.

Presidente Pera, da liberale laico, cosa trovò in Ratzinger di stimolante, di coinvolgente e di convincente?
Ci fu immediata consonanza di idee. Mi era ben chiaro che, se il relativismo fa male alla scienza, perché la riduce solo a una “cultura”, una “tradizione”, una “narrazione”, il relativismo teologico e religioso ha conseguenze perniciose sul cristianesimo. Se la verità è relativa, Cristo redentore dell’umanità è privo di senso. Non solo. Non era passato molto tempo dall’11 settembre 2001: se il cristianesimo fosse solo una cultura fra tante, la civiltà cristiana non avrebbe particolari fondamenti e meriti. E allora avevano ragione i terroristi islamici a considerarci imperialisti e a combatterci in quanto “giudei e cristiani”. Solo che il cristianesimo non è una fede e basta, è una fede che ha tenuto a battesimo una civiltà: quella della dignità degli uomini, della libertà, della responsabilità, dell’uguaglianza. Abbattete il cristianesimo e avrete distrutto questa civiltà. Relegate la fede cristiana al ruolo di una narrazione e avrete perso il nostro fondamento. E anche la nostra identità. (…)

Politicamente il Magistero di Benedetto XVI avrebbe potuto ispirare una rinnovata identità culturale euro-occidentale cristiana. A suo giudizio, come risposero le forze politico-culturali conservatrici/identitarie europee e americane all’estremo appello di Benedetto XVI?
“Avete perduto una grande occasione”, mi disse una volta, quando ormai era emerito, e noi di centro-destra avevamo perduto il governo. Gli replicai con sincerità e anche amarezza: “è vero, ma neppure la Chiesa ci ha aiutato”. Perché di chiese cristiane cattoliche ce ne erano già due all’epoca del suo pontificato: la sua, del cristianesimo come salvezza, e quella dei più, secolarizzata, del cristianesimo come giustizia. Come nell’affresco della scuola di Atene: una col dito e lo sguardo in alto, l’altra in basso. L’una che voleva correggere il mondo, l’altra che andava incontro e assorbiva il mondo, col pretesto di “aggiornarsi”. Benedetto XVI ebbe il conforto di tanti che aveva chiamato a raccolta col nome di “minoranze creative”, fu appoggiato da intellettuali laici, fu sostenuto negli Stati Uniti dal presidente Bush. Ma il sostegno era timido, serpeggiava la paura, la circospezione, la prudenza. Fino a che, dopo la lezione di Ratisbona, tutto precipitò. Nessun capo di stato o di governo si alzò a difendere Benedetto XVI, a dire che non era questione di libertà di religione dell’islam, ma degli strumenti violenti che l’islam usava e non rinnegava.  (…) Il Papa che aveva tenuti sull’attenti i partecipanti al collegio dei Bernardini a Parigi, nella Westminster Hall a Londra, al Reichstag di Berlino, che aveva condotto il laico presidente Sarkozy a dire a Roma che la Francia è cristiana, che aveva sfidato i laici sulle radici dell’Europa in una sala del Senato italiano, fu abbandonato. Fu costretto a spiegarsi, a giustificarsi, ad aggiungere note a piè di pagina. Se quella era una guerra di civiltà, allora la civiltà cristiana si ritirava. Difficile spiegare perché le cose siano andate così. Io penso che la bomba ad orologeria innescata col Vaticano II, e che Woytila e Ratzinger avevano cercato di disinnescare con la loro ermeneutica della continuità, infine sia esplosa. Si sono aperte la cataratte, al punto che oggi siamo alla Madre Terra, cioè alla rinascita del paganesimo, e al sincretismo.

Vede ancora possibile una “ri-conversione” dell’Occidente a Cristo, una nuova unità di fede e ragione, di fede e cultura, di fede e politica oppure la deriva nichilista e post-anti-cristiana dell’Occidente è umanamente inarrestabile?
La storia, mi scusi, è una baldracca. Va con tutti i clienti che incontra e cambia continuamente gusti. Dunque, cambierà ancora. Ma su una riconversione a Cristo dei popoli europei ho dei dubbi, almeno per le prossime generazioni. Temo che dovremo berci l’amaro calice ancora per un bel po’. Viviamo un’epoca scristianizzata e che pensa che scristianizzarsi sia un bene. Pensiamo di essere sempre più liberi e invece la mancanza del senso del limite, del proibito, del peccato, ci rende più schiavi. Siamo diventati creatori di diritti fondamentali: una bella contraddizione per chi crede in questi diritti, perché se sono fondamentali allora non possono essere creati dalle nostre leggi. Perciò i nostri laici razionalisti devono sciogliere un dilemma e prendere una posizione: o i diritti fondamentali dipendono dalle leggi positive e allora sono convenzionali e interessati, come favori elettorali, e dunque non sono diritti, oppure se sono fondamentali c’è una legge superiore alle leggi positive.

Frutto di lunghi anni di studio, nel 2022 ha dato alle stampe il volume Lo sguardo della Caduta. Agostino e la superbia del secolarismo (Morcelliana, Brescia), un intenso dialogo tra lei e il Vescovo d’Ippona in cui il liberale Marcello Pera cerca nel vecchio Agostino una risposta al male che corrode l’Occidente odierno. (…)  Come si può sperare di tenere assieme la liberal-democrazia che costituisce l’identità politica dell’Occidente con la cura agostiniana “non liberale”?
Se lei vuol fare del liberalismo un bersaglio, è necessario, per colpire nel segno, identificarlo con precisione. Che cosa si intende per liberalismo? Una dottrina politica a salvaguardia della dignità e libertà dell’uomo contro la interferenza della società e dello Stato. Il liberalismo perciò è contrario allo Stato assolutistico e anche paternalistico, ed è favorevole ai diritti inalienabili dell’uomo. Questi sono diritti, come la uguaglianza nel valore dell’uomo, la sua irriducibilità a solo mezzo, la sua libertà di pensiero e di devozione, che sono fondamentali nel senso che non sono creati da alcuna autorità politica, ma da essa rispettati come limite della propria azione. Come si giustificano? È nota la posizione del liberalismo classico di Locke: i diritti fondamentali si giustificano perché noi siamo creati e siamo proprietà di Dio e a lui siamo sottomessi, e Dio non può aver voluto che, riguardo a “life, liberty, and property”, alcuni uomini fossero sottomessi ad altri o avessero valore inferiore a quello degli altri. Perché? Perché Dio ci ama e noi dobbiamo essere degni del suo amore. Questo liberalismo, chiaramente, discende e si iscrive in una cornice cristiana, di cui accetta il primo insegnamento: Dio è caritas, amore che si dà alle sue creature, e noi dobbiamo onorarlo. In questo liberalismo vige, palesemente, la priorità del dovere (verso Dio) sui diritti. È il tuo dovere verso Dio che fa nascere il mio diritto di essere rispettato da te. È il mio dovere di non sopprimere una creatura di Dio che fa nascere il mio diritto alla vita. Eccetera.
Ora, si cambi qualcosa in questa cornice. Si sopprima il ruolo di Dio o lo si metta da parte. Che cosa diventano più i diritti fondamentali dell’uomo? Nient’altro che richieste di individui o di gruppi concesse e tutelate dallo Stato. Potrà chiamarli ancora fondamentali, ma non sono più gli stessi: sono libertà o licenze garantite. Come tali, si moltiplicano, perché non hanno più un limite che le freni: sono desideri, poi richieste, poi rivendicazioni, infine leggi. Il regime politico che tollera e consente tutto questo si chiama ancora liberalismo, ma si tratta di un’usurpazione concettuale. È quella che è in corso in Europa e nell’Occidente. Dove scompare il cristianesimo, il liberalismo si trasforma in anarchia etica, la vera “dittatura del relativismo”, come la chiamavano papa Wojtila e papa Ratzinger. E viceversa. Non è la prova migliore che liberalismo e cristianesimo sono concettualmente congeneri? E che un liberale autentico dovrebbe difendere il cristianesimo? Quando Agostino dice che lo Stato ha bisogno di un vincolo sociale religioso, non è come se dicesse ai liberali di oggi: almeno tornate alle vostre origini?