Per il Cavaliere è l'ora del "giudizio" e del "compimento"
Ascolta la versione audio dell'articolo
L'omaggio della folla, il clamore mediatico, le ovazioni dei tifosi, gli onori civili e militari. E poi il silenzio, la solennità del rito, le invocazioni e la preghiera di suffragio per Berlusconi che deposti gli incarichi e i ruoli terreni, come ha detto mons. Delpini, è "un uomo" che "ora incontra Dio".
Quale che sia il giudizio politico su Silvio Berlusconi, che peraltro era “il Cavaliere” già prima della discesa in campo del 1994, quello di ieri è stato un evento di indubbio rilievo, quantomeno sul piano “sociologico”. Lo ha dimostrato anche il susseguirsi di omaggi fuori da Villa San Martino ad Arcore alla “mancata” camera ardente (mancata per ragioni di ordine pubblico e limitata al solo omaggio privato) e poi a Milano in piazza Duomo ad attendere il feretro di un protagonista amato, odiato, discusso quanto si vuole ma impossibile da ignorare. Protagonista di un trentennio di storia politica, ma anche di decenni di multiforme attività imprenditoriale, che ha radunato attorno al feretro scortato dai carabinieri in alta uniforme – secondo il cerimoniale di Stato – le massime autorità del Paese e i volti della tv, i sostenitori di Forza Italia e i tifosi di Milan e Monza e tanti comuni cittadini.
Sarebbe stato difficile pensare che al Cavaliere venissero negate le esequie di Stato. Benché previste dalla legge n. 36 del 1987, di fatto Berlusconi è stato tra i pochi ex premier in 70 anni di storia repubblicana, insieme a Spadolini e Fanfani, ad aver ricevuto funerali di Stato (eccettuando naturalmente coloro che in seguito furono anche presidenti della Repubblica). Meno scontato, e infatti più discusso, è stato il lutto nazionale come pure il fermo dei lavori parlamentari per ben 7 giorni. Decisamente scontato invece che, con o senza esequie di Stato, quello di Berlusconi sarebbe stato un funerale di massa.
Un silenzio interrotto da scrosci di applausi. Questa era Piazza Duomo, gremita di gente, all’orecchio del milanese che passava, durante i funerali di Silvio Berlusconi. Come nelle vittorie del Milan, c’erano le bandiere rosso-nere (ma qualcuna anche del Monza, ultima gioia calcistica del Cavaliere), a centinaia. Come per assistere alle finali, i giovani erano arrampicati sul monumento di Vittorio Emanuele, ancora imbrattato di giallo per la vernice “lavabile” tirata dagli ecologisti, mesi fa. La piazza attende, poi esplode la prima ovazione (ma dalla Galleria partono anche diversi fischi) quando il feretro entra nel Duomo, sfilando fra le uniformi da parata di tutti i corpi militari schierati sul sagrato. E iniziano i cori da stadio “Un presidente! C’è solo un presidente!”.
A differenza delle partite del Milan, però, quando inizia la Messa, tutti tacciono di nuovo. Ma fino a un certo punto. Un provocatore ha pensato bene di dissacrare il momento solenne. Non appena inizia la Messa, arriva sotto il monumento di Vittorio Emanuele col cartello “Vergogna di Stato”, per polemizzare sulla scelta di riservare all’ex premier le esequie di Stato. “Pagliaccio!” “Vattene!” “Sei un buffone!” le urla che lo investono. “Lo ha bloccato il capo della curva”, dice un milanista, commentando in diretta. Vediamo il provocatore portato via, protetto da una nuvola di poliziotti. Sono gli unici momenti di tensione, inevitabili per un imprenditore, uno sportivo e un politico che ha diviso i cuori e le menti degli italiani come non mai.
Altri applausi, a tratti, quando arriva il momento dell’omelia di monsignor Delpini, arcivescovo di Milano. Nelle analisi successive, i commentatori gli hanno dato un significato di implicita condanna della vita di Berlusconi. Ma in piazza nessuno se ne accorge: applausi a scena aperta, più e più volte, oltre a tanta commozione.
L’eccitazione da stadio, i cori, le ovazioni ricominciano di nuovo, al comparire del feretro nel portone centrale del Duomo. “Un presidente! C’è solo un presidente!” “Berlusconi uno di noi!” Non c’è gente abituata alle solennità. Abbiamo sentito parole sui Novissimi, sul Giudizio, sulla vita eterna, ma la piazza, quasi tutta rosso-nera, saluta per l’ultima volta il suo presidente, come fosse vivo, per la parata dell’ultima vittoria.
Partito il carro funebre, lentamente le bandiere vengono arrotolate, la gente si disperde. Un uomo sventola la bandiera cilena. È un italo-cileno, ci spiega che nel suo Paese, nella comunità italiana, Berlusconi è molto famoso, popolare come imprenditore e per il Milan, oltre che per la politica. Vediamo anche spuntare, nella folla, bandierine dello Sri Lanka. “Viviamo qui a Milano da anni – ci spiegano questi immigrati – siamo voluti venire per l’ultimo saluto”. C’è anche una bandierina americana, fra quelle di Forza Italia, un italo-americano che vive nel Wisconsin, “Silvio ha realizzato il sogno in Italia, io l’ho portato in America”, spiega ai suoi intervistatori. Ci incuriosisce un cartello, portato da un giovane ben vestito, “Ingengnere gestionale ad honorem, Silvio Berlusconi”. Chi lo porta è uno studente di ingegneria gestionale: “Non ha preso quella laurea, ma è stato comunque un ingegnere gestionale perfetto”, ci spiega.
Sulla facciata del palazzo di fronte al Duomo, reso celebre in passato per le sue pubblicità al neon, è steso un solo cartello, da un balcone “Ciao, Silvio”. Non più l'imprenditore, il leader, il premier, ma "Silvio" che, come ha detto l'arcivescovo Delpini, dopo essere stato tante cose ("un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio alla ribalta della notorietà") è "un uomo" che "ora incontra Dio", quasi riecheggiando il celebre passo di Giobbe: "Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò" (1,21). Al clamore e agli applausi si sovrappone la preghiera di suffragio della Chiesa che invoca per lui la misericordia e la pace del Cielo – un'invocazione che sale come l'incenso e sembra destinata a prolungarsi ben oltre le splendide antifone in latino, sobrie e solenni, dilatandosi nel tempo eterno della liturgia.
Contrasto curioso ma tipicamente umano (saremmo tentati di dire tipicamente "berlusconiano") quello tra la solennità del rito e le ovazioni dei tifosi, tra gli onori civili e militari e la "spoglia immemore" che ha ormai esalato "il mortal sospiro", tra il "Presidente" e l'anima che in questo istante è al cospetto di Dio, ora che la partita ha superato il 90° minuto. È in questa prospettiva che gli omaggi cerimoniali e persino quelli mediatici non fanno che rivelare il "dietro le quinte" di un funerale di Stato: "A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più" (Lc 12,39). A Silvio Berlusconi è stato dato e affidato molto – ne era consapevole e certamente, per quel che si sa del suo carattere, anche grato. Adesso che, citando l'arcivescovo, è l'ora del "giudizio" e del "compimento", non possiamo che augurare a lui (e a noi, quando sarà), un giudizio misericordioso e un compimento gioioso.