Pell, il “Diario di prigionia” e quella lettera misteriosa…
Dopo le dichiarazioni sugli ostacoli che gli avrebbe posto Becciu in tema di trasparenza finanziaria, George Pell ha presentato ieri, in Sala Nassirya, il primo volume del suo Diario di prigionia, ripercorrendo i giorni in carcere per l’ingiusta condanna, poi ribaltata. E ha rivelato un particolare su una lettera senza firma, ricevuta dal Vaticano in quel periodo.
“Scrivere un diario di questo tipo non era qualcosa che avevo pianificato perché non ho mai immaginato di finire in prigione”. Ormai uomo libero, ottantenne, il cardinale George Pell non rinuncia all’ironia nel presentare il primo volume del suo Diario di prigionia (Edizioni Cantagalli) nella Sala Caduti di Nassirya del Senato.
Durante l’evento, organizzato dall’esponente di Forza Italia-Udc Paola Binetti, il porporato australiano ha ripercorso la quotidianità delle sue giornate in carcere dopo essere stato condannato ingiustamente a sei anni per abusi sessuali. Il primo volume in italiano, di cui la Nuova Bussola Quotidiana ha già scritto a maggio scorso, è stato presentato al Senato negli stessi giorni in cui oltreoceano è pronta l’uscita del terzo volume Prison Journal. The High Court Frees an Innocent Man sulla liberazione dopo la sentenza d’assoluzione con cui l’Alta Corte australiana ha ribaltato i precedenti verdetti. Questo terzo libro si annuncia una lettura da non perdere, suggerita dall’arcivescovo emerito di Filadelfia, monsignor Charles Chaput, che lo ha definito meraviglioso.
Ieri il cardinal Pell, che a dicembre sarà negli Stati Uniti per il lancio del diario, ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale per le sue dichiarazioni sullo scandalo immobiliare di Sloane Avenue, sostenendo che ai tempi in cui ricopriva l’incarico di prefetto della Segreteria per l’Economia vaticana avrebbe incontrato resistenze da parte della Segreteria di Stato. “Se il Revisore o noi avessimo potuto entrare prima - ha detto il cardinale al Corriere della Sera - avremmo salvato tanti denari a Londra e in altri posti”. Ad ostacolare il suo impegno per la trasparenza negli affari finanziari del Vaticano, secondo Pell, sarebbe stato il cardinale Angelo Becciu - all’epoca Sostituto - contrario all’idea che il Revisore generale avesse l’autorità di intervenire sulle pratiche della Segreteria di Stato. Non è la prima volta che Pell se la prende con il cardinale ormai in disgrazia: già all’indomani dell’incontro tra Papa Francesco e Becciu a seguito del quale quest’ultimo aveva dovuto rinunciare ai suoi incarichi in Curia e ai diritti del cardinalato, il prefetto emerito della Segreteria per l’Economia non aveva nascosto una certa soddisfazione ringraziando e congratulandosi con il Pontefice “per i recenti sviluppi” e augurandosi che “la pulizia nelle stalle” potesse proseguire. Non proprio una dimostrazione di garantismo da parte di un uomo reduce da un processo, una condanna e una prigionia ingiusta per accuse totalmente infondate.
Del suo periodo alla guida del dicastero oggi occupato dal gesuita padre Guerrero Alves, Pell ha accennato anche ieri alla presentazione in Senato, ricordando che una volta arrivato a Roma alcune persone gli avevano suggerito di tenere un diario che lui, per “molte buone ragioni”, decise di non realizzare. Il porporato, dunque, ha utilizzato l’arma dell’ironia per lasciar intendere che occuparsi di economia in Vaticano non era proprio il mestiere più facile del mondo. Al termine della presentazione, in sala è stato affrontato il tema del ruolo dei media nell’incriminazione e poi nella condanna di Pell in Australia. “I media sono potenti, ma io sono a favore della libertà di parola: un prezzo che qualcuno deve pagare ed io l’ho pagato”, ha osservato il cardinale. Sotto questo aspetto, non è azzardato avanzare un’analogia tra il prelato australiano e l’odiato Becciu: sebbene le vicende processuali in sé siano molto diverse, è innegabile che la macchina colpevolista si sia azionata in entrambi i casi con grande anticipo persino rispetto all’iscrizione stessa nel registro degli indagati.
In ogni caso, Pell è stato vittima di un’ingiustizia conclamata e questo, ieri, lo ha portato a riflettere sul perdono nei confronti di chi lo ha accusato falsamente. “Si decide di perdonare - ha detto il cardinale - e una volta deciso, si deve mantenere questa posizione. È una decisione della volontà”. L’evento di ieri, inoltre, è stata l’occasione anche per una rivelazione importante riguardo a uno dei passaggi del libro che avevano lasciato nel dubbio i lettori: l’identità del mittente di una lettera dal Vaticano, in forma di “misteriosa fotocopia” (parole dell’autore), arrivata in carcere senza firma. Nella missiva si leggeva: “In questo momento difficile, per tutto il tempo, le sono rimasto vicino con la mia preghiera e il mio sostegno spirituale (...). Lei ha aiutato la Chiesa Cattolica in Australia a uscire da un liberalismo distruttivo, guidandola ancora verso la profondità e la bellezza della fede cattolica… Temo che adesso dovrà pagare anche per la sua incrollabile cattolicità, ma in questo modo sarà molto vicino al Signore”. Ebbene, Pell ha rivelato ieri che ad inviargliela era stato il Papa emerito, Benedetto XVI.