Peggiora la situazione dei cristiani in Iran
A documentarlo è il rapporto del relatore speciale Onu sui diritti umani in Iran in vista della prossima sessione del Consiglio Onu per i diritti umani
Nel 2021 in Iran almeno 53 cristiani sono stati arrestati per il solo fatto di aver “praticato il culto legato alla propria fede”. Lo rivela il rapporto presentato nei giorni scorsi alle Nazioni Unite da Javaid Rehman, relatore speciale Onu sui diritti umani in Iran, in vista della 49esima sessione regolare del Consiglio Onu sui diritti umani che si riunirà dal 28 febbraio al 1° aprile, rapporto che smentisce l’affermazione del governo iraniano che nel paese le minoranze sono rispettate e i fedeli di tutte le religioni sono liberi di praticare i rispettivi culti. Tra le violazioni della libertà religiosa, il rapporto elenca le numerose chiusure forzate di luoghi di preghiera, soprattutto di chiese domestiche, con il pretesto che vi si commettano attentati alla sicurezza nazionale. Vi trova conferma anche il crescente ruolo repressivo svolto dai Pasdaran, i Guardiani della rivoluzione, l’organo paramilitare istituito nel 1979, anno della rivoluzione khomeinista. Almeno 12 su 38 episodi di violenza e persecuzione registrati – irruzioni in case e chiese domestiche, confisca di beni… – sono opera dei Pasdaran. Article 18, il sito che documenta la repressione in atto nella Repubblica islamica, riferisce in particolare quanto accaduto a un gruppo di cristiani convertiti, originari di Dezful, nell’ovest del paese, che, pur essendo stati prosciolti lo scorso novembre dall’accusa di propaganda anti-statale, saranno costretti a sottoporsi a dieci sessioni di “rieducazione” tenute da esperti in Islam con l’obiettivo di “guidarli nel giusto cammino”, vale a dire riconvertirli. Le sessioni di rieducazione negli ultimi anni sono diventate sempre più numerose e compaiono nell’elenco delle “punizioni correttive” nei documenti dei tribunali.