Pechino rende le religioni megafoni del comunismo
Fra le brutte notizie di inizio anno, va annoverata senza dubbio quella che arriva dalla Cina. Infatti, il regime comunista guidato da Xi Jinping ha annunciato un nuovo giro di vite sulle religioni. Tutte le religioni, inclusa quella cattolica. Non intende sopprimere le religioni, ma trasformarle in megafoni della propaganda del Partito.
Fra le brutte notizie di inizio anno, va annoverata senza dubbio quella che arriva dalla Cina. Infatti, il regime comunista guidato da Xi Jinping ha annunciato un nuovo giro di vite sulle religioni. Tutte le religioni, inclusa quella cattolica.
La persecuzione delle religioni a cui abbiamo assistito nel 2018 e nel 2019 era basata sulla nuova Normativa sugli Affari religiosi, che era entrata in vigore nel febbraio del 2018 e prevedeva una serie di misure per rendere tutti i culti, incluso quello cristiano, più conformi alla cultura cinese. Veniva messo in pratica, insomma, quel principio di “sinizzazione” che Xi Jinping aveva annunciato già nel 2015. Sinizzazione è un termine volutamente astratto che nasconde una realtà molto più familiare: la persecuzione sistematica di tutto ciò che va contro all’ideologia socialista cinese, a cui il nuovo regime ha aggiunto un po’ di tradizione confuciana. E’ dunque nel nome della sinizzazione che si sono viste aberrazioni come la trasformazione architettonica di templi in centri culturali comunisti, di statue buddiste e taoiste in statue della tradizione confuciana, l’abbattimento di cupole e mezzalune nelle moschee e, per quel che riguarda i cristiani, la demolizione di chiese o la rimozione di croci, considerate “troppo vistose”.
Sul piano dei contenuti, le autorità hanno incominciato a controllare i sermoni e a pretendere cambiamenti della dottrina, controllare le traduzioni autorizzate della Bibbia e degli altri testi sacri ed esigere che dal pulpito si elogiasse la politica del PCC. Tutto ciò ha riguardato soprattutto i culti autorizzati, dunque le religioni alla luce del sole, regolarmente riconosciute dallo Stato e dotate di tutti i permessi. Per quanto riguarda le religioni non autorizzate, fra cui i cattolici “sotterranei”, quelli fedeli al Vaticano, è aumentata la persecuzione vera e propria, con retate, arresti, processi (proprio alla fine dell’anno è stato condannato a 9 anni il pastore protestante e attivista democratico Wang Yi) e fortissime pressioni sui vescovi che non firmano le dichiarazioni di “patriottismo”.
L’annuncio di un’ulteriore stretta alle religioni è stato fatto l’ultimo giorno del 2019 e verrà messo in pratica con la prossima Normativa sugli Affari religiosi che entrerà in vigore il prossimo 1 febbraio 2020. Si tratta di un salto di qualità rispetto al precedente corpus normativo, perché non solo si chiede alle religioni di rispettare standard di “sinizzazione”, ma anche di diventare promotori attivi dell’ideologia di regime. Quel potere manipolatorio che, di fatto, veniva già esercitato sui sacerdoti, con il controllo delle loro prediche e dei testi sacri, col nuovo regolamento diventa ufficialmente la politica religiosa di Stato.
Come riporta l’agenzia missionaria Asia News, nell’articolo 5 della nuova normativa leggiamo: “le organizzazioni religiose devono aderire alla leadership del Partito comunista cinese, osservare la costituzione, le leggi, i regolamenti, gli ordinamenti e le politiche, aderire al principio di indipendenza (anche dal Vaticano, ndr) e di auto-governo, aderire alle direttive sulle religioni in Cina, attuare i valori del socialismo…”. E nell’articolo 17: “Le organizzazioni religiose devono diffondere i principi e le politiche del Partito comunista cinese, come pure le leggi nazionali, i regolamenti, le regole al personale religioso e ai cittadini religiosi, educando il personale religioso e i cittadini religiosi a sostenere la leadership del Partito comunista cinese, sostenendo il sistema socialista, aderendo e seguendo il sentiero del socialismo con caratteristiche cinesi…”.
Insomma, come in tutti i regimi totalitari nati nel Novecento, anche in Cina il regime non si limita a pretendere obbedienza: pretende l’entusiasmo militante dei suoi cittadini. Considerando che anche la Chiesa cattolica ufficialmente riconosciuta dovrà conformarsi a queste direttive e che quella sotterranea verrà a maggior ragione perseguitata, fa specie che tutto ciò avvenga a neppure due anni dall’accordo con il Vaticano, ancora provvisorio, firmato il 22 settembre 2018. Fa specie, ma non stupisce. Perché, anche qui, come tutti i regimi totalitari, anche quello cinese ritiene di avere un potere assoluto e di non dover scendere a compromessi. Da un accordo è pronto a prendere le concessioni, dunque la legittimazione di vescovi scelti dal Partito, per poi fare il passo successivo: trasformare anche la Chiesa cattolica in un megafono della propaganda del Partito Comunista Cinese.