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COALIZIONI FRAGILI

Pd e M5S si avvicinano. Il ribaltone è un'ipotesi possibile

Negli ultimi mesi, Pd e Movimento 5 Stelle si stanno annusando. Se si eccettuano i renziani, da sempre contrari a qualsiasi accordo con i pentastellati, le altre anime dem sembrano strizzare l'occhio ai grillini. Hanno i numeri per una nuova maggioranza e forse anche il benestare di Mattarella.

Politica 28_07_2019
Zingaretti e Franceschini

Negli ultimi mesi, aldilà delle smentite ufficiali, Pd e Movimento 5 Stelle si stanno annusando. Se si eccettuano i renziani, da sempre contrari a qualsiasi accordo con i pentastellati, le altre anime dem sembrano strizzare l'occhio ai grillini perché si rendono conto che senza alleanze non potrebbero mai tornare al governo. Il partito di Nicola Zingaretti è in leggera ripresa, ma anche secondo i sondaggi più ottimistici non arriva neppure al 25%. Il Movimento 5 Stelle è sceso sotto il 20 e quindi soltanto uniti questi due partiti potrebbero sperare di vincere le elezioni, a prescindere da quando si faranno. Vanno lette in questa chiave le dichiarazioni di autorevoli esponenti del Partito democratico a proposito dei possibili scenari  futuri.

Apripista (col benestare del Quirinale?) l’ex Ministro dei beni culturali Dario Franceschini con un'intervista nella quale ha prospettato la possibilità di intese, dicendosi convinto che il sovranismo leghista sia molto diverso e di gran lunga peggiore della ideologia grillina. Gli ha fatto eco in una certa misura nei giorni scorsi il sindaco di Milano Giuseppe Sala, che studia da premier, e che ha nettamente distinto il giudizio, assai critico, nei confronti dell'attuale vicepremier Luigi di Maio, da quello molto più morbido sul resto del Movimento. Secondo il primo cittadino di Milano, intese con i 5 Stelle diventerebbero possibili se il capo politico non fosse più Di Maio. Chiarissimo l'intento di Sala di provocare una spaccatura nelle file pentastellate, al fine di accelerare quella scissione tra l’ala più ortodossa di Roberto Fico e Alessandro Di Battista e quella governista dell’attuale Ministro del lavoro e dello sviluppo economico, che rimane legata alle sorti dell'attuale governo ed è prigioniera dell’alleanza con il Carroccio.

Difficile prevedere se e quando potrà andare in porto tale prospettiva di alleanza, ma è fuor di dubbio che qualcosa si muove in quella direzione, non solo nelle commissioni parlamentari, ma anche in Rai, dove ad esempio Pd e Cinque Stelle hanno votato uniti su molte cose (anche la bocciatura del doppio incarico al Presidente, Marcello Foa), e a livello locale. In Regione Emilia Romagna,ad esempio, è passata la legge regionale contro l’omotransnegatività e a votare a favore è stata tutta la maggioranza di sinistra, ma anche il Movimento Cinque Stelle. In Regione Lombardia si è sfiorata la rissa nei giorni scorsi tra Lega e Cinque Stelle a proposito di un emendamento a firma leghista che chiedeva di reintrodurre in Lombardia l’obbligo di seppellire i feti e i prodotti del concepimento, in seguito a un aborto, anche senza la richiesta della donna. Anche in quella circostanza il Pd e i Cinque Stelle si sono ritrovati dalla stessa parte della barricata.

Le prove tecniche di alleanza tra Pd e grillini non sono viste male al Quirinale, tutt’altro. Mattarella appare intenzionato a far durare il più possibile la legislatura al fine di impedire a Matteo Salvini di andare all'incasso elettorale visto che i sondaggi lo danno con il vento in poppa.

Nell’attuale Parlamento i numeri per una nuova maggioranza alternativa a quella attuale ci sono. Il Movimento 5 Stelle alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 ha raccolto il 33% dei consensi e quindi ha ottenuto il premio di maggioranza. Ha dunque un numero di parlamentari molto superiore a quello della Lega. Potrebbe teoricamente cambiare alleato, sostituire il Carroccio con il PD e quasi sicuramente riuscirebbe ad imbarcare le altre sigle della sinistra, magari anche molti parlamentari del gruppo misto e, perché no, di Forza Italia, timorosi di non tornare alla Camera o al Senato in caso di fine anticipata della legislatura e di nuove elezioni. Sarebbe, è vero, una maggioranza raccogliticcia, in funzione antileghista, ma potrebbe anche durare e arrivare fino alla fatidica scadenza del 2022, quando, nel mese febbraio, scadrà il settennato di Sergio Mattarella. D’altra parte il centrodestra sembra essersi sgretolato, non solo nelle aule parlamentari, ma anche nel Paese, e quindi ben difficilmente potrebbe fare da contrappeso a una inedita maggioranza come quella.

Ecco quindi che l’asse dem-5 Stelle potrebbe cementarsi proprio sull’elezione del successore dell’attuale inquilino del Quirinale, senza escludere la riconferma di quest’ultimo, anche per assicurarsi la sua benevolenza per la gestione della legislatura successiva.

D'altronde cresce l'insofferenza del popolo pentastellato nei confronti di Matteo Salvini e dell'attuale alleanza di governo con lui. Nelle votazioni sulla piattaforma Rousseau in merito alla riorganizzazione del Movimento 5 Stelle ideata da Luigi Di Maio, i votanti sono scesi a 25.000, un numero di molto inferiore a quello di altre votazioni, e soprattutto per la prima volta non c'è stato un plebiscito. Il 32% dei votanti si è dichiarato contrario. Un pericoloso campanello d’allarme per l’attuale capo politico, che sente il fiato sul collo degli ortodossi e di coloro i quali chiedono di valutare altre alleanze fuori dall’angusto recinto dell’asse con Salvini.

E’ possibile che per mutare il quadro dei rapporti tra Cinque Stelle e altre forze politiche siano necessarie due cose: la sostituzione di Di Maio e di molti leader che in prima linea si sono esposti negli ultimi anni in suo favore, a cominciare dai due sindaci di Roma e Torino, e un passaggio elettorale, che possa formalizzare il cambio di rotta del Movimento. Niente più contratto di governo con una forza politica troppo diversa come valori e come storia, ma organica alleanza di governo con le forze di sinistra, più omogenee, anche sui temi etici, al mondo grillino. Probabilmente è solo questione di tempo.