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ABORTO

Pd ancora all'attacco contro i medici obiettori

Ennesima manovra di attacco ai fianchi dell’obiettore di coscienza in tema di aborto. Dopo il ricorso della Cgil fatto proprio dal Consiglio d’Europea, un'interrogazione parlamentare è stata proposta soprattutto da senatori del Pd e rivolta al ministro della Salute e al ministro della Giustizia.

Politica 26_04_2016
Pd all'attacco contro i medici obiettori di coscienza

Ennesima manovra di attacco ai fianchi dell’obiettore di coscienza in tema di aborto. Questa volta si tratta di una interrogazione parlamentare proposta soprattutto da senatori del Partito Democratico e rivolta al ministro della Salute Beatrice Lorenzin e al ministro della Giustizia Andrea Orlando. L’interrogazione chiede al governo di «garantire davvero il principio di autodeterminazione e il diritto alla salute delle donne in materia di maternità responsabile, con un intervento immediato sulla situazione creata dal ricorso massiccio all’obiezione di coscienza dei ginecologi e dalla discriminazione dei medici non obiettori». 

La prima firmataria dell’interrogazione, la senatrice Pd Laura Puppato, ricorda che «la decisione del Consiglio d’Europa dell’11 aprile ha riconosciuto da parte dell’Italia la violazione dei diritti delle donne che intendono interrompere la gravidanza, perché è troppo difficile accedere al relativo servizio garantito dalla legge 194/78». Ha inoltre sottolineato «la violazione del principio di non discriminazione, perché la situazione è diversa a seconda del territorio di residenza delle donne e della loro situazione economica». 

E, infine, ha individuato «la violazione dei diritti dei medici non obiettori nelle strutture ospedaliere. Tutto questo malgrado la legge riconosca il diritto all’obiezione alla persona, non all’ospedale, che non può rifiutare o rendere di fatto inaccessibile l’interruzione di gravidanza. Chiediamo dunque alla ministra della salute Lorenzin un intervento immediato sull’obiezione di coscienza. E al ministro Orlando di modificare la disciplina della sanzione, visto che con la nuova normativa una donna che abortisce entro i 3 mesi in violazione delle legge rischia anche 10 mila euro di multa».

Gli altri parlamentari Pd che hanno sottoscritto l’interrogazione sono Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato, Francesca Puglisi, Monica Cirinnà, Maria Spilabotte, Daniela Valentini, Silvana Amati, Pamela Orrù, Stefania Pezzopane, Josefa Idem, Donatella Albano, Lucrezia Ricchiuti. Poi si registrano le firme della capogruppo di Sel Loredana De Petris, del collega di partito Fabrizio Bocchino, di Antonio Scavone (Ala) e infine di Laura Bignami (Misto).

E dunque cavalcando l’onda provocata dalla decisione del Comitato per i diritti sociali del Consiglio d’Europa che aveva accolto un ricorso della Cigl il quale chiedeva di mettere all’angolo i medici obiettori, una buona fetta del Pd tenta di cancellare il diritto all’obiezione di coscienza presente nella 194. Sulla presunta e, ahinoi,  infondata difficoltà ad abortire nel nostro Paese a causa dei molti medici obiettori abbiamo già scritto diffusamente recentemente (clicca qui) e meno recentemente  (clicca qui, qui, qui e qui).

Se noi mettiamo insieme il fatto acclarato che per la donna abortire in Italia è facile come andare dal parrucchiere – ma non altrettanto piacevole -  e il fatto che nonostante ciò si continua a sostenere l’opposto mettendo sul banco degli imputati l’obiettore di coscienza, arriviamo alla conclusione che il fine voluto dal Consiglio d’Europa, dalla Cigl, dai senatori Pd e da molti altri non è quello di rendere più accessibile l’aborto, ma di rendere gli ospedali meno accessibili ai medici obiettori. Non si vuole tanto promuovere l’aborto, bensì vietare l’obiezione di coscienza. 

Perché l’ultima voce che ancora ricorda che l’aborto è un omicidio è quella più autorevole, perché la più neutra, la più scientifica: è quella del medico. È cioè quella degli addetti ai lavori, quella di chi sa – perché lo ha studiato e a volte perché lo ha visto – che l’aborto è ammazzare un bambino. É la forza dell’evidenza grondante sangue che ha spinto il 70% del personale medico ad obiettare. Un’obiezione trasversale che riguarda credenti e non credenti, a meno che non si voglia pensare che il 70% dei medici sia cattolico. Un’obiezione che è ancora più convincente perché appunto scevra di partigianeria. 

Da qui dunque il livore degli attacchi contro gli obiettori, la cui sola e silenziosa presenza numerica è fonte di odio, quasi fossero delle Sentinelle in piedi ante litteram. Una battaglia dove strumentalmente si usano le donne per lucrare un vantaggio ideologico: spazzare via l’obiezione di coscienza. L’obiettivo è dunque soffocare proprio la voce della coscienza che grida il vero, non per risultati pratici – abbiamo visto che la presenza di medici obiettori, ahinoi, non ha impedito in questi 38 anni di legge 194 ad un solo aborto programmato di non essere compiuto – ma per un’affermazione di principio: l’aborto è un diritto civile, un bene, un traguardo di civiltà. 

Chi può smentire questo assunto apodittico deve essere ridotto al silenzio, eliminato. Sì dunque all’aborto del medico obiettore. L’aborto da fenomeno che riguarda l’utero delle donne si dovrà estendere ai reparti ospedalieri. Occorrerà giungere al punto che i direttori sanitari potranno interrompere volontariamente il rapporto di lavoro con gli obiettori. Si dovrà riconoscere ai datori di lavoro il diritto se tenere o no il medico obiettore, tenuto conto del benessere psico-fisico di tutta la struttura ospedaliera. La ratio della 194 infetterà la stessa professione medica.