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L'EDITORIALE

Partito dei cattolici, troppi equivoci

Serpeggia il fermento tra i credenti impegnati in politica. Prima dei partiti e delle alleanze vengono però sempre i princìpi non negoziabili. I quali però oggi non sono accettati da tutti i cattolici, purtroppo nemmeno da molti vescovi.

Editoriali 26_07_2011
Democrazia Cristiana 1948
C’è fermento, e un po’ di confusione, nel mondo cattolico dopo l’appello di Benedetto XVI all’impegno politico da parte di laici preparati. C’è stato un libro dell’arcivescovo di Trieste mons. Gianpaolo Crepaldi, che ha avuto il merito di portare il discorso sulla centralità dei principi non negoziabili rispetto agli schieramenti e ad altri aspetti secondari.

Poi sono venuti gli incontri fra parlamentari cattolici, associazioni e movimenti, un Manifesto per la buona politica e per il bene comune del “Forum delle persone e delle Associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro”, sostenuto da Cisl, Cdo, Mcl, Acli e altre realtà, un convegno nel quale il vescovo Mario Toso, segretario del Pontificio consiglio giustizia e pace, ha invitato i cattolici a valutare l’ipotesi di un partito di ispirazione cristiana, come si legge su qualche agenzia di stampa. Da ultimi, una importante intervista del rettore dell’Università Cattolica Lorenzo Ornaghi da parte del direttore di Avvenire Marco Tarquinio, domenica scorsa, e ieri l’editoriale del Corriere della Sera di Ernesto Galli della Loggia.


L’agitazione risponde a un quadro politico in fibrillazione, dove tutto sembra preludere alla fine del ciclo segnato dalla figura di Silvio Berlusconi e nel quale, dicono i protagonisti di questi incontri, i cattolici non vogliono farsi trovare impreparati. Ma preparati a far che cosa, ci permettiamo di chiedere? Nonostante tutti dicano di non essere nostalgici della Dc, poi alla fine tutti fanno riferimento quasi esclusivamente al partito di ispirazione cristiana che ha contrassegnato ininterrottamente i governi della Prima repubblica. E qui sorge un primo problema, che è storico e culturale prima che politico-partitico, e riguarda la presenza dei cattolici nella storia dell’Italia moderna.

Una presenza che non comincia con la Dc e non si esaurisce nella Dc. Per decenni i cattolici italiani, dopo l’Unità, organizzarono il Paese reale costruendo un’articolazione sociale che ancora oggi rimane in parte nel corpo della nazione. Fu la stagione dell’Opera dei Congressi. Poi, nel 1913, i cattolici diedero vita alla prima alleanza di tutti i moderati promuovendo il cosiddetto Patto Gentiloni, un’alleanza elettorale in funzione antisocialista. Quindi, dopo la parentesi fascista che vide il movimento cattolico in una posizione subalterna, ritornarono protagonisti nelle elezioni del 18 aprile 1948, con i Comitati Civici e l’Azione Cattolica impegnati in modo determinante nel sostenere il gruppo di notabili stretto attorno al segretario Alcide de Gasperi, appunto la Dc di allora.

Solo dopo il 1954, la Dc divenne in qualche modo autonoma dal mondo cattolico, e non sarà la stagione migliore, perché il processo di secolarizzazione andrà avanti sempre con la Dc al governo, non sempre impegnata nell’opporsi alla scristianizzazione come sarebbe stato auspicabile. La clamorosa firma di tutti i ministri democristiani e del Presidente della Repubblica alla legge 194 è la conferma di una complicità che privilegiò l’arroccamento al potere alla denuncia pubblica del male. Poi la Dc crollò con la Prima repubblica negli anni Novanta, ma i cattolici non uscirono di scena, pur essendo diventati nel frattempo una minoranza nel Paese, come avevano confermato i referendum su divorzio e aborto nel 1974 e nel 1981.

Sollecitato soprattutto dal pontificato di Giovanni Paolo II, e in particolare dal celebre discorso di Loreto del 1985, il mondo cattolico italiano conobbe una nuova stagione, quella di un protagonismo soprattutto culturale, che lo vide impegnato senza la mediazione del partito, per esempio in occasione del referendum sulla legge 40 o del Family Day. Fu l’epoca in cui il mondo cattolico italiano era guidato dal card. Camillo Ruini che, nella veste di Presidente dei vescovi, cercò di calare nella vita pubblica del Paese l’insegnamento magisteriale del Papa polacco.

Oggi questa stagione è finita con l’uscita di scena, parziale ma reale, del cardinale vicario del Papa. E il mondo cattolico italiano vive una transizione confusionale, fra l’incertezza della guida pastorale (Segreteria di Stato o Conferenza episcopale?), la mancanza di coordinamento fra i non pochi cattolici presenti in Parlamento, l’uscita di scena come protagonisti attivi del Forum delle associazioni familiari e di Scienza e Vita, gli organismi che col card. Ruini avevano ricoperto un ruolo della massima importanza.

Allora ci permettiamo di ricordare che ci deve essere un punto di partenza a cui fare riferimento prima di ogni considerazione organizzativa, di schieramento, di modalità di intervento. Prima dei progetti e dei soggetti, delle alleanze e degli organigrammi, vengono i principi. E i principi non ce li diamo da noi stessi, secondo le nostre preferenze, ma li troviamo indicati dal Magistero pontificio, senza il quale diventeremmo come le tante sigle protestanti che litigano fra loro nel mondo del Nord Europa o in quello anglosassone.

Questi principi sono quelli non negoziabili, vita, famiglia e libertà di educazione, sono stati indicati dalla Nota dottrinale sull’impegno politico dei cattolici della Congregazione per la dottrina della fede il 21 novembre 2002 e dal discorso di Benedetto XVI a un convegno promosso dal Partito popolare europeo il 30 marzo 2006. E questi principi sono sostenuti da una storia, da una presenza di milioni di cattolici che hanno accompagnato le vicende, spesso tragiche ma anche felici, della presenza dei cattolici in Italia.
Questi principi, si deve avere il coraggio di ricordarlo, sono stati sradicati dalla nazione durante gli anni successivi al 1968 nonostante la Dc continuasse a governare il Paese, mentre sono stati difesi meglio, anche se in modo spesso non sufficiente da un punto di vista cattolico, negli ultimi venti anni.

Oggi questi principi non sono accettati da tutti i cattolici, non sono il punto di partenza, neppure di molti vescovi. Questo è il primo problema da affrontare, poi verranno l’organizzazione e gli schieramenti, i progetti e i soggetti.