Parma, la pura luce del giovane Correggio
A Parma in San Giovanni Evangelista si innalza la cupola affrescata da un giovane Correggio con una spettacolare scena dell’Ascensione di Cristo. Annullando qualsiasi riferimento spaziale, il maestro inserisce l’apparizione divina in un contesto di pura luce. La figura di Cristo fluttua in una dimensione celestiale che sfonda ogni limite architettonico e dilata all’infinito lo spazio.
Una chiesa, un monastero e un’antica spezieria formano il complesso di San Giovanni Evangelista, nel centro storico di Parma. Questo luogo di fede vanta origini molto antiche, risalendo a prima dell’anno Mille: nel 980 il vescovo Sigifredo II lo costruì fuori le mura, laddove già esisteva un oratorio intitolato a san Colombano, affidandolo alla cura dei figli di san Benedetto. Questo si legge nei documenti relativi al convento che conobbe nel corso del Cinquecento una vera e propria espansione e, di conseguenza, una profonda trasformazione.
Il campanile, che con i suoi 75 metri è il più alto di Parma, affianca dal 1613 la facciata marmorea barocca, completata nel 1607 su disegno di Simone Moschino. L’interno ha un impianto basilicale: le tre navate, coperte da volte a crociera, si intersecano con il transetto a formare una croce latina. Al centro, fulcro dello spazio sacro, si innalza la cupola la cui calotta venne affrescata, tra il 1520 e il 1524, da un giovane Correggio con una spettacolare scena dell’Ascensione di Cristo, altrimenti interpretata come la visione che San Giovanni descrive all’inizio dell’Apocalisse. Annullando qualsiasi riferimento spaziale, il maestro inserisce l’apparizione divina in un contesto di pura luce. La figura di Cristo fluttua in una dimensione celestiale che sfonda ogni limite architettonico, dilata all’infinito lo spazio e, d’altra parte, attrae a sé. Sulle nubi disposte tutto attorno, tra cui giocano putti festosi, sono seduti gli Apostoli, ripresi in diverse posizioni. Sono undici: Giovanni, infatti, è raffigurato più in basso, sul bordo del tamburo, gli occhi fissi in quelli di Gesù che sembra indicare al discepolo prediletto, ormai vegliardo, il posto che lo aspetta.
Della cupola, oltre alla calotta, Correggio dipinse anche pennacchi, sottarchi e cilindro, rispettivamente occupati da coppie di Dottori della Chiesa con Evangelisti, da monocromi con scene veterotestamentarie e da episodi cristologici, inseriti tra simboli del tetramorfo. Il suo primo intervento nell’abbazia è stato identificato nel giovane e bellissimo San Giovanni con l’ aquila, nella lunetta dell’accesso alla sagrestia nel transetto sinistro. Al pennello dell’Allegri si devono, infine, le grottesche della crociera mentre è andato distrutto, nell’ampiamento del presbiterio, l’affresco con l’Incoronazione della Vergine di cui restano frammenti in diverse istituzioni museali.
Vero pantheon della scuola rinascimentale parmense, così come gli storici dell’arte l’hanno definita, la chiesa di San Giovanni Evangelista si avvalse anche del prezioso contributo del Parmigianino che negli stessi anni si cimentò nel sottarco della prima cappella a sinistra, rappresentando le figure monumentali di Sant’Agata col suo carnefice, di Sant’Apollonia e di Santa Lucia.
Il grande complesso monastico si sviluppa ancora attorno ai tre chiostri, di cui uno conserva tracce di affreschi cinquecenteschi. Ad essi adiacente è l’antica e storica farmacia dei frati, in parte dotata degli arredi originali.