Paritarie azzoppate da una Cei debole, solo Meloni in soccorso
Il comunicato debole della Cei che esprime solidarietà alle paritarie, ma senza accennare allo sciopero in corso per non smentire Avvenire e il Forumfamiglie che hanno preso le distanze dalla protesta dei gestori. Sul fronte politico, tra i leader, solo Meloni (FdI) in soccorso delle scuole, si prepara a dare battaglia in Parlamento per detraibilità fiscale e credito di imposta sugli affitti.
Dal quartier generale della protesta si accontentano del bicchiere mezzo pieno: «La Cei ha riconosciuto la nostra battaglia». Però, nel comunicato al termine della presidenza di ieri, i vescovi non hanno detto nulla sullo sciopero indetto da Cism e Usmi. E per chi sa leggere tra le righe, questo è il solito atteggiamento di chi vuole tenere coeso un mondo, quello della scuola cattolica, che difficilmente dopo lo tsumani Covid 19, potrà mostrare quella unione che politicamente farebbe comodo per affrontare la gigantesca e immensa sfida di rimanere aperta dopo la pandemia al tempo del governo più nemico delle paritarie che potesse esserci.
Infatti, il comunicato della Cei si è mantenuto perfettamente in equilibrio tra la sua mission, dato che di libertà scolastica i vescovi hanno sempre parlato, e gli interessi politici di quell’associazionismo che ha demolito, fiaccandola fin dal nascere, la prima vera protesta in ambito cattolico che poteva diventare uno tsunami politico e invece sarà il solito gioco a mosca cieca. Ma puntando sulla solidarietà ha mostrato ancora una volta il respiro corto e la debolezza di una visione assistenzialistica fallimentare. Per salvare la scuola, quella pubblica, non serve solidarietà, ma una vision, fatta di fiscalità e costi standard. Anni luce rispetto all'assistenzialismo che in questi anni, al di là dei 500 milioni puntualmente erogati, non ha spostato di un centimetro il problema.
Se da un lato ci sono da tenere buoni i gestori, padri superiori di istituti religiosi che ci mettono i soldi e che hanno indetto il primo clamoroso sciopero della storia delle scuole paritarie, dall’altro bisogna comunque non scoprirsi troppo e soprattutto non smentire la linea di contrasto alla serrata dettata domenica da Avvenire: non per chissà quali idealità, ma perché il quotidiano ha scelto ancora una volta di non andare contro il governo.
La protesta di Cism e Usmi è stata presentata certo, ma epurata di tutti quei passaggi che potevano sembrare troppo critici verso l’esecutivo rossogiallo di Pd-Italia Viva-Cinque Stelle-Leu che odia così tanto le paritarie da averle destinato appena 120 milioni. Però, a fianco, una lettera di Maria Grazia Colombo, vicepresidente del Forumfamiglie, ha stroncato sul nascere la protesta, mostrando così che il mondo cattolico non è del tutto unito. «Non condivido il metodo, i genitori e le famiglie hanno bisogno non di minacce o gesti eclatanti, ma di uno stile che rassicuri», dice. Certo, ma se uno sta morendo su che cosa ci rassicuriamo?
Uniti sui contenuti, ma divisi sulle modalità, si diceva una volta, ma non sono più i tempi della Dc. Di fronte c’è un avversario che non aspetta altro che un fianco scoperto. E il quotidiano dei vescovi gliel’ha offerto.
Così, il giorno dopo l’Agesc (genitori scuole cattoliche) ha potuto rincarare la dose con un comunicato al veleno per dire che «invitiamo i genitori a non sostenere attivamente l’attività di sospensione lavorativa» aspettando tempi migliori per proteste di questo tenore. Che è come chi ha la casa a fuoco e aspetta a chiamare i pompieri perché sennò allagano il salotto.
La Cei così ha espresso una generica solidarietà, ma non ha fatto alcun accenno alla protesta, invitando però a unire le forze, già in vista dell’imminente passaggio parlamentare. Sì ma per fare cosa? Per approvare quali misure? E soprattutto, per accontentarsi di pochi milioni e dire che bisogna «impegnarsi ulteriormente per la libertà educativa». Certo, ma se non si denuncia che quella cifra già stanziata non rappresenta neanche le briciole di quello che servirebbe, ma una presa in giro, sarà dura arrivarci in fondo.
Ciò che è sorprendente è che il sostegno invece è arrivato da chi non ha la stessa ispirazione cattolica, ma condivide la stessa missione sulla libertà educativa. In una nota il presidente nazionale ANINSEI, l’Associazione di categoria delle Scuole non statali di Confindustria, Luigi Sepiacci ha detto che «il Governo, per questo nel decreto Rilancio, su di una somma straordinaria complessiva stanziata di 55 miliardi di euro - pari a ben due manovre finanziarie! - destina solo 80 milioni alle scuole paritarie dell’Infanzia: briciole». Così ha «escluso del tutto il possibile finanziamento a tutte le altre istituzioni scolastiche paritarie e non ha riconosciuto alle famiglie le rette scolastiche versate quale credito d’imposta». Così, appoggiando lo sciopero delle paritarie cattoliche ha ricordato che l’esecutivo «deliberatamente condanna la gran parte delle circa 13 mila scuole paritarie presenti oggi in Italia - per mancanza di visione strategica - alla quasi certa chiusura e condanna al fallimento anche il futuro delle giovani generazioni».
Parole drammatiche, che sono risuonate anche nell’unica presa di posizione – al momento - del mondo politico. In un comunicato, il leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, partito più attivo di tutti in parlamento per il sostegno alle paritarie ha detto che «Fratelli d'Italia è al fianco delle scuole paritarie che hanno proclamato uno sciopero di due giorni per denunciare la drammatica situazione nella quale si trovano. Il governo ha completamente dimenticato uno dei pilastri del sistema dell'istruzione, che fornisce un insostituibile servizio pubblico allo Stato e alle famiglie e garantisce la libertà educativa sancita dalla Costituzione».
Secondo la Meloni «se non si interviene immediatamente, molte di queste scuole sono condannate alla chiusura e le risorse stanziate dal governo nel decreto Rilancio sono insufficienti per scongiurare questo disastro educativo, sociale ed economico». La ricetta è quella già più volte illustrata: «Continueremo a farci portavoce delle istanze di questo settore attraverso le proposte che finora la maggioranza ha sempre respinto: dalla detraibilità fiscale al 100% delle rette fino al credito d'imposta al 60% sugli affitti. Basta promesse: servono risposte immediate. In Parlamento vedremo alla prova dei fatti chi sarà dalla nostra parte».