«Parata dell’orgoglio» o sfilata dell’odio?
Le ultime oltraggiose manifestazioni Lgbt non sono state un caso isolato. Semmai, sono state il culmine di una vera e propria settimana d’odio anticristiano. La Nota vatica ha scoperchiato un odio anticristiano che covava da tempo.
«Parata dell’orgoglio» o sfilata dell’odio? Le piazze arcobaleno che si son viste questo fine settimana - in teoria dei gay pride volti anche a spronare il Parlamento ad approvare il ddl Zan -, nei fatti sembrano aver preso ben altre pieghe, vale a dire quelle di manifestazioni anticattoliche. Lo provano più elementi. Anzitutto, gli slogan esibiti e urlati, da «Vaticano vaff…» a «Italia Stato laico, Vaticano Stato invasore», da «God is a lesbian woman» fino a «per la laicità dello Stato aboliamo il Concordato». Come se non bastasse, in piazza si sono visti poi più manifestanti scimmiottare Gesù Cristo, con croci di legno avvolte nei colori arcobaleno, in un tripudio di blasfemia e volgarità con pochi eguali.
Certo, si può sempre ribattere che lo scopo di queste sfilate arcobaleno, da quando esistono, sta proprio nella provocazione. Ora, a parte che in ogni caso nulla autorizza l’offesa, per di più unilaterale, contro la Chiesa cattolica, va fatto presente come le oltraggiose manifestazioni Lgbt non sono state un caso isolato. Per nulla. Semmai, sono state il culmine ideale di una vera e propria settimana d’odio anticristiano. In effetti, da quando, martedì mattina, il Corriere della Sera ha dato notizia della nota verbale della Santa Sede critica sul ddl Zan (vedi qui), ha preso avvio una escalation cristianofobica con pochi precedenti.
Basti pensare che, nel giro di poche ore, abbiamo visto Fedez iniziare a scagliarsi contro il Concordato, la cantante Elodie rallegrasi di non essere mai stata battezzata, la sede di ProVita&Famiglia – associazione in prima linea contro il ddl Zan – imbrattata, addirittura chiese sfregiate, come quella di Santa Maria in Colle, a Montebelluna, nel Trevigiano, dov’è comparso uno slogan i cui contenuti sembrano ispirarsi alle uscite del marito di Chiara Ferragni: «Chiesa, il ddl Zan sono …… nostri. Tu pensa a pagare le tasse. Amen». Dulcis in fundo, si fa per dire, è poi arrivato il gay pride con, come si diceva, un tornado di ferocia anticristiana verbale e non solo. Tutto ciò pone a chiunque non abbia i paraocchi una domanda: com’è possibile? Come si può accettare un odio del genere senza neppure una qualche riprovazione mediatica, salvo quella di testate minori?
Ha senso chiederselo perché si dà il caso che Alessandro Zan e soci affermano, con la loro legge, di voler contrastare l’odio; ma più a che contrastarlo – vedendo quanto accaduto in poche ore – si direbbe che un certo mondo è bravissimo nel diffonderlo. Fermi tutti, conosciamo già l’obiezione: è stato il Vaticano a cominciare, con la sua nota diplomatica. Ora, a parte che un simile modo di ragionare è quanto meno puerile – e che la nota della Santa Sede, basta leggerla, è in realtà assai moderata -, va evidenziato come l’ostilità anticristiana alligni nel nostro Paese da anni. I cimiteri profanati, le chiese sfregiate e persino i sacerdoti aggrediti, di fatto, non fanno quasi più notizia, per quanto giornali come questo, correttamente, informino i lettori anche su simili episodi.
La sensazione è insomma che la nota diplomatica vaticana non abbia scatenato, bensì scoperchiato un livore anticattolico che, nascosto dal paravento ipocrita delle buone maniere, già covava da tempo in seno alla cultura dominante. Rispetto a ciò, sorge spontanea un’ultima e amara considerazione: se certi politici, certi militanti e più in generale certi ambienti si sentono già oggi liberi di insultare la sensibilità dei cristiani, figurarsi che cosa potrebbero fare domani, una volta che fosse realmente approvato il loro caro ddl Zan. Probabilmente, forti di una legislazione ancor più dalla loro parte, farebbero fioccare denunce contro chiunque osasse ancora discostarsi dal verbo Lgbt.
D’altra parte, cambiando per un istante tema, basta vedere con quale martellante insistenza alcuni - nonostante i buoni risultati ottenuti in campo - criticano la nostra nazionale di calcio i cui giocatori non si sono inginocchiati rendendo omaggio al movimento pseudomarxista e violento Black Lives Matters. Questo piccolo esempio testimonia una volta di più l’arroganza di una cultura che, da un lato, si professa laica, ma dall’altro mira a catechizzare con toni aggressivi il prossimo; che da una parte predica tolleranza e lotta alle discriminazioni e, dall’altra, fa il possibile per incoraggiarne alcune. Quelle contro i cristiani, ovviamente.