Papa Francesco si sente il nuovo Wojtyla
È uscito in libreria il libro-intervista di don Luigi Maria Epicoco con papa Francesco, dedicato a "San Giovanni Paolo Magno", in cui l'attuale papa ripercorre i ricordi degli incontri con il suo predecessore. E vede il suo Magistero in perfetta continuità.
Cosa ne pensa Bergoglio del suo predecessore Wojtyla? "San Giovanni Paolo Magno", libro edito dalle Edizioni San Paolo, raccoglie i dialoghi tra papa Francesco ed il giovane sacerdote don Luigi Maria Epicoco sulla figura del grande pontefice polacco. Dal punto di vista commerciale, non poteva capitare periodo migliore per l'uscita dell'opera: arriva, infatti, sull'onda del clamore suscitato dalle riflessioni in difesa del celibato ecclesiale di Benedetto XVI, cofirmatario del testo "Dal profondo del nostro cuore" insieme al cardinale Robert Sarah; approda nelle librerie, inoltre, proprio a 24 ore dalla diffusione del contenuto di "Querida Amazonia", l'attesa esortazione apostolica frutto del Sinodo dello scorso ottobre.
Intanto, di celibato Bergoglio ha parlato anche con don Epicoco nel suo "San Giovanni Paolo Magno". Nel libro, rispondendo ad una domanda del sacerdote-teologo, il pontefice si è detto "convinto che il celibato sia un dono, una grazia" e "non un limite" rivendicando di essere nel solco dei suoi predecessori. La vicinanza temporale con l'eco suscitata dallo scritto di Ratzinger e con l'attesa della "Querida Amazonia" ha fatto sì che l'opera edita dalla San Paolo catturasse inevitabilmente l'attenzione per via delle parole del papa sul celibato. Contattato dalla Nuova Bussola Quotidiana, don Luigi Maria Epicoco ha negato l'esistenza di qualsiasi "strategia" dietro all'operazione editoriale ed ha spiegato che l'uscita fissata l'11 febbraio è del tutto casuale: "La casa editrice ha due uscite mensili, una era l'11 e l'altra a fine mese. Sono contento per questa scelta che cade nella festività della Madonna di Lourdes", ci ha detto il giovane sacerdote.
Il co-autore, inoltre, ci ha raccontato come l'idea del libro sia partita da un colloquio con il pontefice iniziato su altri argomenti: "Gli ho detto che per il centenario di San Giovanni Paolo II volevo preparare un testo sulla sua spiritualità e il papa ha cominciato a raccontare aneddoti sul suo legame con Wojtyla. Ascoltandoli, ho capito che non si trattava di 'fatterelli' e gli ho proposto di non tenerli solo per noi".
Nel libro, Francesco ripercorre i suoi incontri con il santo polacco ed i momenti della vita personale ed ecclesiastica legati a lui. Alcuni ricordi sono particolarmente significativi. Del primo incontro, Bergoglio rammenta come sia avvenuto dopo il suo ritorno in Argentina da Francoforte, città in cui aveva soggiornato per preparare la tesi di dottorato poi non completata: il papa ha spiegato di essere andato in Germania per allontanarsi "un po’ da un clima teso nella (...) provincia religiosa". Tornare con la mente a quel primo incontro con San Giovanni Paolo II, per Francesco è l'occasione di passare ai raggi X quell'esperienza di governo: "Credo che tutto abbia la sua radice nel fatto che ho avuto ruoli di responsabilità fin da giovane (...) ho esercitato il mio ruolo di responsabilità a volte con eccessiva fermezza, ma era un momento difficile in Argentina. Adesso posso fare l’autocritica, ma in quel momento ho fatto così come la coscienza mi dettava, e probabilmente qualcuno è rimasto male".
E a proposito di Germania, terra da cui più volte è partita la richiesta di riaprire la discussione interna alla Chiesa cattolica sull'ordinazione delle donne, Bergoglio ribadisce di pensarla come Wojtyla non solo sul celibato: "Molto spesso - dice il papa al suo intervistatore - quando mi viene posta la questione del sacerdozio femminile, io dico che non soltanto sono d’accordo con Giovanni Paolo II, ma che la questione non è più in discussione, perché il pronunciamento di Giovanni Paolo II è stato definitivo". Non è la prima volta che il pontefice regnante chiude la porta a quest'ipotesi, ma finora questo non è stato sufficiente per far arrendere quei settori, ad esempio, della Chiesa tedesca che anche recentemente, in occasione dell'avvio della "via sinodale" nazionale, hanno insistito nel sostenere che se la questione è chiusa, la discussione invece sarebbe ancora aperta. Dal canto suo, pur chiudendo al sacerdozio femminile, papa Francesco non ha escluso la possibilità di una forma di diaconato, convocando due volte una commissione di studio specifica.
E a proposito di temi 'scottanti', una delle risposte del papa che più catturano l'attenzione è quella data alla domanda che don Epicoco gli fa sulle modalità di male presenti in questo momento storico: Francesco indica subito "la teoria del Gender", precisando però di non riferirsi "a coloro che hanno un orientamento omosessuale". Per il papa, "il riferimento è più ampio e riguarda una pericolosa radice culturale" che "si propone implicitamente di voler distruggere alla radice quel progetto creaturale che Dio ha voluto per ciascuno di noi: la diversità, la distinzione. Far diventare tutto omogeneo, neutrale". Dietro alla teoria del Gender, Bergoglio vede "l’attacco alla differenza, alla creatività di Dio, all’uomo e alla donna" e la bolla come "un’idea (che) vuole imporsi sulla realtà e questo in maniera subdola", andando a minare alle basi "l’umanità in tutti gli ambiti e in tutte le declinazioni educative possibili" fino a diventare "un’imposizione culturale che più che nascere dal basso è imposta dall’alto da alcuni Stati stessi come unica strada culturale possibile a cui adeguarsi".
Don Epicoco ha raccontato alla Bussola come il papa non abbia esitato un attimo a dare questa risposta, precisando come egli abbia insistito molto su questo paragrafo di cui ha voluto scegliere con cura ogni singola parola, intenzionato a non cadere in fraintendimenti e al tempo stesso a far passare il messaggio ad "alta voce".
La tesi di fondo che il libro vuole accreditare è quella di una piena continuità tra l'attuale pontificato e quello di Wojtyla. Anche nelle questioni su cui più evidenti sono le differenze. Ad esempio, interessante è il passaggio sul rapporto tra San Giovanni Paolo II e l'America Latina. Scrive il papa: "Molti paesi avevano difficoltà a comprendere come la Teologia della liberazione, che usava un’analisi marxista, rischiava di prendere la via ideologica che, in un certo senso, poteva tradire il genuino messaggio del Vangelo. Giovanni Paolo II veniva da un Paese che aveva sofferto il marxismo e aveva una grande capacità di intuire questo rischio. Si capiva allora come alcune sue precisazioni non fossero dettate da chiusure nei confronti di alcune iniziative, ma dal tentativo di voler trattenere nella genuinità del Vangelo, intuizioni e desideri leciti, che partivano dal basso, da situazioni di ingiustizia sociale, ma che avevano bisogno di essere rilette più alla luce del Vangelo che alla luce dell’analisi marxista".
Dalla conferenza all'episcopato latino-americano di Puebla del 1979 alla Nota della Congregazione per la dottrina della fede, tutte le 'precisazioni' di San Giovanni Paolo II sulla Teologia della liberazione furono, d'altra parte, delle condanne senza appello nel nome della "purezza della dottrina". Il libro pare non avere pretese di ricostruzione storica, ma, piuttosto, proporre la lettura che Bergoglio dà del pontificato del suo predecessore. Il papa vi rivendica l'importanza attribuita nel suo magistero alla questione dei poveri e anche qui la inquadra in un solco di continuità con quanto detto e fatto da San Giovanni Paolo II, ma non rinuncia a prendersela con "alcune interpretazioni ideologiche che si fanno del suo magistero". Secondo Francesco, questa ideologizzazione consisterebbe nel "prendere solo alcuni aspetti della sua riflessione e farne degli slogan, separandoli dalla realtà, dal contesto concreto, dall’esperienza viva della gente" trasformandolo in "un pezzo da museo".