Papa e gay, la rivoluzione che non c'è
"Chi sono io per giudicare un gay?". E' bastata questa frase di papa Francesco per scatenare un tam tam sui notiziari di tutto il mondo riguardo l'apertura del Papa ai gay. Ma Bergoglio ha detto le stesse cose che in precedenza aveva detto Ratzinger.
- Al bavaglio rispondiamo con l'Adorazione, di don Stefano Piccinelli
A Benedetto XVI era toccato "aprire" sui preservativi, a papa Francesco invece toccano i gay. Le interviste con i giornalisti in aereo evidentemente sono destinate a creare qualche problema nella comunicazione e ad oscurare i contenuti dei viaggi pastorali. Così le spettacolari immagini della enorme folla di giovani che domenica occupava Rio de Janeiro per partecipare alla messa con papa Francesco e il suo pressante invito all’evangelizzazione, ieri erano già dimenticati, sovrastati dalla risposta che papa Francesco aveva dato a un giornalista a proposito della lobby gay in Vaticano: «Se uno è gay, chi sono io per giudicarlo?», ha detto il Papa a un certo punto. E su tutti i media internazionali è diventata prima notizia l’apertura del Papa sui gay. In Italia poi Nichi Vendola e Paola Concia non hanno perso un attimo per arruolare il Papa nel partito anti-omofobia.
Come sempre però è bene anzitutto leggere con attenzione cosa il Papa ha veramente detto. Intanto rispondeva a una doppia domanda, su monsignor Battista Ricca e sulla lobby gay in Vaticano. Su monsignor Ricca, dopo essere stato nominato prelato dello Ior da papa Bergoglio, sono uscite una serie di rivelazioni imbarazzanti su torbide storie omosessuali che lo avrebbero coinvolto quando lavorava nella nunziatura in Uruguay, tra il 1999 e il 2000. Vediamo allora cosa ha risposto papa Francesco:
«Nel caso di monsignor Ricca ho fatto quello che il Diritto canonico indica di fare: una investigazione previa. Non è stato trovato nulla di ciò di cui veniva accusato. Non abbiamo trovato niente! Tante volte nella Chiesa si vanno a cercare i peccati di gioventù e poi si pubblicano. Non stiamo parlando di delitti, di reati, come gli abusi sui minori che sono tutt'altra cosa, ma di peccati. Ma se una persona laica, o prete o suora ha commesso un peccato e poi si è convertita e si è confessata, il Signore perdona, dimentica. E noi non abbiamo il diritto di non dimenticare, perché altrimenti rischiamo che il Signore non si dimentichi dei nostri peccati. Tante volte penso a San Pietro che ha commesso il peccato più grave, ha rinnegato Cristo. Eppure lo hanno fatto Papa. Però ripeto, su monsignor Ricca non abbiamo trovato niente».
«Si scrive tanto della lobby gay. Io finora non ho trovato in Vaticano chi ha scritto "gay" sulla carta d'identità. Bisogna distinguere tra l'essere gay, avere questa tendenza, e fare lobby. Le lobby, tutte le lobby, non sono buone. Se una persona è gay e cerca il Signore con buona volontà, chi sono io per giudicarlo? Il Catechismo della Chiesa cattolica insegna che le persone gay non si devono discriminare, ma si devono accogliere. Il problema non è avere questa tendenza, il problema è fare lobby e questo vale per questo come per le lobby d'affari, le lobby politiche, le lobby massoniche».
Bene, quella che è stata presentata come rivoluzione è in realtà il semplice ribadire il Catechismo della Chiesa cattolica: nessuno intende giudicare la persona gay, men che meno noi de La Nuova BQ, pur strenuamente impegnati nell’opporci alla legge sull’omofobia. Il problema infatti non è la persona, che va sempre accolta, ma il tentativo di sovvertire la legge naturale. Usando un’immagine molto abusata si deve dire che la Chiesa ha sempre combattuto il peccato non il peccatore, verso il quale invece si indirizza la missione di salvezza.
Da nessuna parte la Chiesa ha mai sostenuto la necessità di discriminare o emarginare i gay; se qualcuno nella Chiesa lo ha fatto non è certo imputabile al Magistero. Oppure risulta a qualcuno che Benedetto XVI o Giovanni Paolo II si fossero mai espressi a favore di una discriminazione delle persone omosessuali? Al contrario, bisognerà ricordare che Benedetto XVI nel libro-intervista “Luce del mondo”, con il giornalista tedesco Peter Seewald, al capitolo 14, riferendosi alle persone con tendenze omosessuali parlava di “una grande prova” che devono sopportare e che comunque «non devono essere discriminati perché presentano quelle tendenze. Il rispetto per la persona è assolutamente fondamentale e decisivo».
Papa Bergoglio non ha perciò detto nulla di nuovo: la tendenza omosessuale non è il problema, vale a dire non è un peccato, ma il catechismo aggiunge anche che si tratta di una “inclinazione oggettivamente disordinata”. Tanto è vero che gli atti omosessuali costituiscono peccato. Ancora papa Ratzinger aggiungeva che il fatto di essere una grande prova non significa che l’omosessualità «diventa moralmente giusta». Ma è quello che lascia intendere anche papa Bergoglio parlando di mons. Ricca. Facendo riferimento a presunti comportamenti del genere in passato, il Pontefice ha parlato di peccati, che però – e qui il riferimento è a tutti i peccati - vengono dimenticati da Dio una volta confessati e perdonati.
Quindi, dov’è la rivoluzione in materia? Anzi, se c’era da notare qualcosa in questa risposta – si badi bene che sta parlando della Chiesa, anzi più precisamente della Curia vaticana – è il riferimento esplicito a una lobby massonica, cosa che da decenni non si sentiva dire in modo così chiaro.
Il fatto è però che non importa ciò che il Papa ha veramente detto, i media di tutto il mondo andranno dritti per la loro strada nel sostenere che c’è stata un’apertura ai gay, e in Italia verrà usata per spingere l’approvazione della legge anti-omofobia, pur se con quanto detto da papa Francesco la legge in discussione non c’entra niente.
E qui nasce il vero problema, perché la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica, ma anche la stragrande maggioranza dei cattolici , conoscono ciò che dice il Papa – qualsiasi Papa – non già direttamente dalla fonte, i suoi discorsi, ma dalle riduzioni che ne fanno giornali e Tg. Accade perciò – è accaduto spesso anche con Benedetto XVI – che nell’opinione pubblica passi un messaggio attribuito al Papa che però è molto lontano rispetto alle sue intenzioni, a volte addirittura opposto.
C’è dunque un problema di comunicazione che papa Bergoglio non può ignorare: nell’occasione del viaggio in Brasile ha lasciato capire che è consapevole della questione, perché – memore di quanto accaduto a Benedetto XVI - ha evitato una conferenza stampa sull’aereo nel viaggio di andata. Ma spostando l’incontro con i giornalisti nel viaggio di ritorno le cose, come abbiamo visto, cambiano relativamente. Né la questione è legata soltanto ai viaggi. Negli ultimi anni l’apparato della comunicazione – ovvero tutto quel complesso di meccanismi e persone che devono garantire la massima diffusione corretta del messaggio del Papa – ha mostrato parecchie falle e provocato molti danni. Per papa Francesco è certamente uno dei problemi più importanti da affrontare nella ristrutturazione della Curia.