Papa e aborto, qualcosa non torna
Le interviste a papa Francesco ormai escono a getto continuo, un fenomeno dannoso per la Chiesa. Ma vale comunque la pena rilevare lo strano atteggiamento davanti all'aborto: durissimo nel condannare la pratica, estremamente soft nel tirarne le conseguenze.
Francamente di interviste a papa Francesco non se ne può proprio più. Ormai ne escono a getto continuo. Solo negli ultimi giorni abbiamo avuto tre chilometriche interviste: una all’agenzia argentina Telam, poi all’agenzia britannica Reuters (oltretutto pubblicata a puntate), infine all’emittente messicana Televisa/Univision. Insomma non passa quasi giorno che non si debba discutere di questa o quell’uscita di papa Francesco. Un fiume di parole che contempla: concetti che ormai ripete da anni; qualche opinione estemporanea sulla situazione politica mondiale – spesso discutibile se non imbarazzante, come le parole dolci a Televisa nei confronti del regime cubano -; alcuni giudizi ecclesiali o morali, che a volte generano diverse interpretazioni e polemiche.
Anche i fan più oltranzisti del Papa dovrebbero rendersi conto che si tratta di interviste che, aldilà dei contenuti, alla fine sono dannose per la Chiesa e per l’istituzione del papato. Perché così si sminuisce l’autorevolezza del Papa, ridotto al rango di un opinionista qualsiasi (già anni fa girava la battuta del signore che chiedeva “Ha detto qualcosa sulla campagna acquisti della Roma?”). Ma soprattutto genera nei fedeli – e non – una confusione tra ciò che è opinione personale (legittima, ma opinabile) e ciò che invece è l’insegnamento della Chiesa, che dovrebbe essere l’unica vera preoccupazione del Papa.
Sarebbe dunque cosa buona che si smettesse con queste interviste, e se proprio non ci riesce lui che siano almeno i giornalisti a rendersi conto che non conviene neanche a loro vendere un “prodotto” così inflazionato.
Detto questo però, per la sua importanza va rilevato almeno lo strano atteggiamento del Papa riguardo all’aborto. Da una parte è molto drastico nel giudizio: nell’intervista alla Reuters ha ripetuto un concetto già espresso in passato, «è come assoldare un sicario»; e poi: «È lecito, è giusto eliminare una vita umana per risolvere un problema?». Poi però nella stessa intervista diventa neutrale riguardo alla sentenza della Corte Suprema che ha negato l’aborto essere un diritto: il Papa afferma che «rispetta la sentenza» ma non è in grado di entrare nelle questioni tecnico-giuridiche. Una risposta “diplomatica” incomprensibile, visto che non c’è nulla di difficile da capire sul senso della sentenza. Poi, ancora peggio, lancia un siluro al vescovo di San Francisco, monsignor Cordileone, che – coerentemente con il Catechismo e il Codice di Diritto Canonico - ha deciso di negare la comunione alla leader democratica Nancy Pelosi per il suo sostegno aperto all’aborto: «Quando la Chiesa perde la sua natura pastorale, quando un vescovo perde la sua natura pastorale, crea un problema politico», ha detto il Papa. E pochi giorni prima aveva apertamente sconfessato monsignor Cordileone, accogliendo la Pelosi in Vaticano e lasciando che ricevesse la comunione alla messa in San Pietro che lo stesso Papa ha iniziato a celebrare (a metà messa ha fatto continuare la celebrazione a un cardinale).
Comunque, di fronte all’escalation della guerra per l’aborto negli USA che lo stesso presidente Biden incentiva, il Papa è tornato sull’argomento nell’intervista a Televisa, spiegando che, essendo cattolico, Biden è «incoerente» nel sostenere l’aborto, ma lascia questo alla «sua coscienza»: «Parli con il suo vescovo, con il suo pastore, con il suo parroco di questa incoerenza».
La domanda che sorge spontanea è questa: se Biden, invece di dichiarare guerra ai bambini non nati, firmasse un ordine esecutivo intimando alla polizia di frontiera di sparare sui migranti irregolari che entrano negli Stati Uniti dal Messico, il Papa direbbe ancora che Biden è incoerente, ma che se la veda con la sua coscienza? O lancerebbe tuoni e fulmini? Ricordiamo che per molto meno, sulle politiche migratorie, nel febbraio 2016 papa Francesco diede del «non cristiano» all’allora presidente americano Donald Trump.
È questo doppio standard sull’aborto che lascia interdetti e, in fondo, fa nascere dubbi sul reale pensiero del Papa in materia: sembra quasi che da una parte tenga buoni i pro life dicendo parole pesantissime contro l’aborto (a volte perfino esagerate), ma usi questo poi per poter avere un approccio pastorale molto soft, ai limiti della complicità.
Il problema posto da monsignor Cordileone e da altri vescovi non è affatto politico: se l’aborto è un peccato gravissimo, come sostiene anche papa Francesco, chi si comunica senza prima pentirsi, riconciliarsi con Dio e cambiare condotta, «mangia e beve la sua propria condanna», secondo san Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi. È un problema di vita eterna. Davvero il Papa è indifferente alla condanna eterna di Biden e Pelosi? Oppure è san Paolo a sbagliare?
Peraltro la questione è molto più ampia e riguarda tutti: se con un peccato pubblico così grave è lecito ricevere la Comunione, allora vale per chiunque sia in peccato mortale, basta sentirsi tranquilli con la coscienza. Perché dovrebbe essere diverso per chi bestemmia, ruba, tradisce il proprio coniuge, uccide i propri genitori, spaccia droga o chi comunque istiga a farlo?
Qui la politica non c’entra, il vero problema è anzitutto il significato dell’Eucarestia, se davvero sia o no la presenza reale di Gesù, con tutto quel che comporta. E se invece si è convinti di cosa sia l’Eucarestia, il problema diventa il giudizio vero sull’aborto: è davvero questo orribile assassinio oppure si pensa che, in fondo, non sia così grave?