Paolo VI e i "tre cerchi" della Chiesa in dialogo
Oggi, 6 agosto, sono 50 anni dalla promulgazione della Ecclesiam Suam, la prima enciclica di Paolo VI, di cui è prossima (il 19 ottobre) la beatificazione. Quel documento fu un'indicazione rispettosa, ma di qualità sul mistero della Chiesa e sullo stile per una evangelizzazione coerente ed incisiva.
Oggi, 6 agosto, sono cinquant’anni dalla promulgazione della Ecclesiam Suam, la prima enciclica di Paolo VI, di cui è prossima (il 19 ottobre) la beatificazione. Quel documento a un anno dalla elezione a vescovo di Roma di G.B. Montini, dopo la ripresa del Concilio Vaticano II, fu una indicazione rispettosa, ma di qualità sul mistero della Chiesa e sullo stile per una evangelizzazione coerente ed incisiva.
Il contesto in cui è scaturita l’enciclica sta nelle attese di Montini che chiese nel periodo preparatorio del Concilio che questo si concentrasse sulla natura della Chiesa e sulla missione sua nel mondo moderno. Divenuto Papa e aperta la seconda Sessione del Concilio nel 1963, i dibattiti e gli interventi dei Padri sottolineavano un’esigenza di aggiornamento sul modo di recepire la Chiesa e il suo apostolato. Quest’enciclica nel prologo e nei suoi tre capitoli fa sentire tutta la preoccupazione di Paolo VI affinché la Chiesa «approfondisca la coscienza di se stessa … sopra la propria origine, la propria natura, la propria missione, la propria sorte finale». Da questo approfondimento, dice Paolo VI, deve emergere «un bisogno generoso di rinnovamento e di emendamento dei difetti … che quella coscienza denuncia e rigetta» e individuare modo e strumenti perché la Chiesa sappia stabilire «relazioni col mondo che la circonda e in cui essa vive e lavora».
Papa Montini esorta a sviluppare la teologia del Corpo mistico riconoscendo nella Chiesa lo stesso Cristo. In tal senso riporta il pensiero di S. Agostino: «noi [con il battesimo] siamo divenuti Cristo. Poiché se Egli è il capo, noi siamo le membra: l’uomo totale, Lui e noi». Questo poi il Concilio recepirà e inserirà nella Lumen Gentium che sarà votata e promulgata nell’autunno del 1964. Ma il punto di spessore di questa enciclica, oltre al Rinnovamento del capitolo II dove si chiede la costante perfettibilità dei cristiani, è il capitolo sul Dialogo visto come lo stile della Chiesa quale scelta per «la missione che Essa deve compiere con la diffusione dell’annuncio». Paolo VI afferma con chiarezza che «la Chiesa deve venire a dialogo con il mondo in cui si trova a vivere» pur non essendo del mondo. Qui vengono poste le basi della comunione interecclesiale nella chiarezza e nella mitezza.
Di questo saranno poi testimoni Benedetto XVI e Papa Francesco, ciascuno focalizzando uno di questi aspetti. Chiede Paolo VI di non abbassare la guardia «nell’avvicinare i fratelli nell’interesse della verità». Delinea poi, con i famosi tre cerchi, con chi dialogare: a) con tutto ciò che è umano, anche con chi nega Dio e coloro che hanno responsabilità delle nazioni per costruire sentieri di pace; b) con tutti i credenti in Dio, principalmente con quelli che seguono la religione ebraica e i musulmani cioè le grandi religioni monoteiste e poi con ogni religione, qui ci sono le basi per quella attenzione interreligiosa che sarà poi una delle scelte del Concilio e di Giovanni Paolo II; c) con tutti i cristiani dagli ortodossi ai protestanti. Per Paolo VI nessuno deve essere e sentirsi escluso dalla missione della Chiesa.
Questi sentimenti e convinzioni di cui è foriera l’enciclica Ecclesiam Suam furono già espressi da Montini quali suggerimenti fatti giungere alla Segreteria di Stato nella fase preparatoria del Concilio nel 1967. A queste attenzioni Paolo VI fu fedele per tutto il suo ministero petrino e oggi la Chiesa beneficia con Papa Francesco di questo coraggioso impulso dato da questo “povero cristiano” – per dirla con Ignazio Silone – quale stile per la nuova evangelizzazione.