RADICALISMI
Pannella, l'amico di Gelli
Nel 1987 Pannella voleva candidare
il boss della P2 Gelli alle elezioni politiche con i Radicali. La cosa sfumò solo per mancanza dei tempi tecnici.
Attualità
02_09_2011
Qualche giorno fa, su questo giornale, Riccardo Cascioli faceva notare la "curiosa coincidenza" tra le dichiarazioni di Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, che riguardavano la Chiesa Cattolica, a cui «va tolta», diceva Raffi - «l’esenzione dall’Ici per i beni immobili non destinati al culto» e «va congelato l’8 per mille per tre anni fino al raggiungimento del pareggio di bilancio» - e l’iniziativa dei Radicali, che lo stesso giorno, il 19 agosto, annunciavano un emendamento alla manovra finanziaria per «escludere qualsiasi esenzione sull’Ici per gli immobili che svolgono attività commerciali, indipendentemente da eventuali finalità di culto». «In pratica - scriveva il Direttore de La Bussola Quotidiana - la stessa proposta di Raffi, detta in altro modo. E dietro ci va gran parte del Partito Democratico».
Quasi con preveggenza, nel 1985, Giorgio Gaber pubblicava L’abitudine, inserita nell’album Io se fossi Gaber. Diceva il testo «Io, se fossi Gelli, mi presenterei nelle liste del Partito Radicale».
Il 27 settembre 1987, la Repubblica, a pagina 8, scriveva: «Alle ultime elezioni politiche Licio Gelli [nella foto] fu sul punto di candidarsi nelle liste del partito radicale. L'Espresso in edicola domani riferisce alcuni particolari della trattativa: il capo della P2, allora latitante all'estero (si è consegnato alle autorità svizzere solo lunedì scorso), affidò la proposta di candidatura al suo amministratore in Italia, che garantì di averla fatta pervenire a Marco Pannella. Per definire meglio l' operazione entrò in scena il figlio di Gelli, Maurizio, che ebbe una serie di incontri con un gruppo ristrettissimo di esponenti radicali».
Il 27 settembre 1987, la Repubblica, a pagina 8, scriveva: «Alle ultime elezioni politiche Licio Gelli [nella foto] fu sul punto di candidarsi nelle liste del partito radicale. L'Espresso in edicola domani riferisce alcuni particolari della trattativa: il capo della P2, allora latitante all'estero (si è consegnato alle autorità svizzere solo lunedì scorso), affidò la proposta di candidatura al suo amministratore in Italia, che garantì di averla fatta pervenire a Marco Pannella. Per definire meglio l' operazione entrò in scena il figlio di Gelli, Maurizio, che ebbe una serie di incontri con un gruppo ristrettissimo di esponenti radicali».
Nella stessa data, Pannella, sul Giornale d’Italia, precisava: «Troppo occupati da Cicciolina, scagliata contro il Pr per cercare di occultarne discorsi, obiettivi e altri candidati, settimanali e quotidiani italiani - ad eccezione del Corriere della Sera nell’unica intervista che mi fu consentita - ritennero di dover occultare l’informazione del tentativo da me fatto di far tornare in Italia Licio Gelli, libero di parlare senza temere conseguenze giudiziarie, e impegnato personalmente a farlo, con precise garanzie in proposito. Non è che tale informazione la ignorassero. Ma in campagna elettorale, mentre potevamo rispondere ad eventuali speculazioni alla Tv, nei comizi, nelle piazze e nelle radio, si ritiene evidentemente troppo rischioso ed a noi troppo favorevole aprire una polemica sull’argomento».
«Dopo le elezioni - scriveva ancora Pannella - anche in discorsi parlamentari e in interviste radiofoniche e televisive, ho cercato di provocare un dibattito sull’argomento, dichiarando che il solo partito che avesse lottato anche in Parlamento contro le mene della P2, quando era in auge e gli editori dell’’Espresso - ad esempio - stilavano con Tassan Din e la Rizzoli piduista vergognosi e criminali patti di spartizione della stampa, era anche il solo impegnato ed interessato - oggi - a far tornare e se possibile parlare l’ex capo della P2. Come ebbi a dichiarare durante la campagna elettorale, anche al Corriere della Sera, il tentativo non andò in porto, e non certo per i motivi - inesistenti - evocati dal settimanale di Caracciolo e Scalfari».
E Pannella, in conclusione, avvertiva: «Ora Gelli è tornato in circolazione. Ha fatto bene. Deve però stare attento ai caffè alla Pisciotta o alla Sindona e ci pare assolutamente improbabile che voglia rischiare simili ingestioni o anche semplicemente suicide esposizioni a denunce per calunnia da parte di potenti e potentissimi. Anche per questo abbiamo già approntato la richiesta di una commissione d’inchiesta parlamentare che - nell’arco di cento giorni al massimo - svolga un supplemento di indagine e di attività di accertamento giudiziale della verità, interrogando - se vorrà - Licio Gelli. Stiamo a vedere se la richiesta sarà votata e con tutta l’urgenza che merita e da quali forze parlamentari. Ci auguriamo che non accada di nuovo quel che accade nella legislatura cruciale, quella 1976-79, quando i quattro deputati radicali furono i soli a prendere iniziative parlamentari per denunciare il pericolo quando era rischioso e difficile farlo, anziché collaborare con gli esponenti della P2 ai più alti livelli militari e del quarto potere».
Il 31 dicembre 1987, sempre la Repubblica, a pagina 7, raccontava: «La candidatura di Licio Gelli nelle liste del Partito radicale alle elezioni politiche dello scorso giungo non si concretizzò a causa del poco tempo a disposizione, che non avrebbe permesso l'organizzazione di una campagna elettorale destinata al successo. E' quanto afferma Maurizio Gelli, figlio del maestro della P2, in una lunga intervista all'Espresso. Ho incontrato varie volte Marco Pannella in un albergo romano di via Veneto dice Maurizio Gelli c'erano anche Rutelli e Negri. Loro erano interessati al progetto, anche se ci sono stati momenti di perplessità. Secondo il figlio del venerabile, alcuni esponenti del Pr temevano che il partito potesse essere addirittura disintegrato dalle polemiche che avrebbero accompagnato una simile candidatura. Ma il progetto era pronto, tutto era stato stabilito puntualmente: mio padre avrebbe dovuto costituirsi poco prima delle elezioni, racconta Maurizio Gelli, ottenere prevedibilmente gli arresti domiciliari, tenere conferenze stampa per spiegare la sua decisione di candidarsi, essere eletto, parlare alle Camere per chiarire ogni accusa e, infine, rinunciare all'immunità parlamentare».
Durante il Congresso del Partito Radicale, che si svolgeva a Rimini, il 17 maggio 1989, Leonardo Cohen, su la Repubblica, a pagina 4, riportava: «[…] Applaude in prima fila anche il biondo figlio minore di Licio Gelli, quel trentenne Maurizio che dice di essere amico da due anni di Pannella e d'essere stato invitato al congresso radicale. E' in compagnia della moglie, è arrivato assieme al democristiano Egidio Carenini, il cui nome stava nelle liste della P2. Rolex d' oro massiccio al polso, giacca blu mare e pantaloni grigi, Gelli junior dice di condividere molte delle idee sostenute da Pannella. Non è ancora iscritto, aggiunge […]».
Il 18 febbraio 1998, nel corso dell’audizione presso la "Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi", Pannella chiariva: «Per quanto riguarda la domanda su Licio Gelli e la sua candidatura nel 1987, devo dire che Gelli è stato potente, la sua organizzazione della politica è stata quanto meno rispettata dalle grandi forze politiche e dai poteri italiani». Pannella, aggiungeva: «Quell'anno - Gelli era da almeno un anno in una giungla, irrintracciabile - nella nostra sete di verità io pensai e dissi pubblicamente che eravamo disposti ad andare al disastro elettorale - perché non avremmo avuto modo di spiegarci agli italiani, grazie all'assenza di democrazia e di rispetto dei diritti in Italia per quello che ci riguarda - pur di offrire a Gelli l'immunità parlamentare dietro la garanzia che lui avrebbe raccontato la verità. C'era stato un precedente e vi ho già fatto cenno il generale De Lorenzo, che era stato attaccato soprattutto da L'Espresso e dai radicali, ad un certo punto chiese a Franco De Cataldo di difenderlo. Dopo averne parlato con me personalmente, Franco De Cataldo gli rispose che l'avrebbe difeso se egli avesse raccontato quello che sapeva, cambiando linea difensiva; e le cose che si seppero in quel momento, emersero proprio in base a questo impegno di De Lorenzo. Quindi, la nostra idea - lo dicemmo pubblicamente - era di offrire l'immunità al fuggiasco, a colui che poteva essere ammazzato da un momento all'altro. Ormai Gelli non faceva più comodo a parecchie persone e infatti scappava perché pensava che qualcuno avrebbe potuto ucciderlo. Abbiamo tentato di avere la garanzia che, in cambio dell'immunità parlamentare, ancorché relativa, Gelli si impegnava con noi a raccontare la sua verità; ma avemmo la sensazione che non poteva o non voleva dare questa garanzia e quindi non se ne fece nulla. Voglio sottolineare ancora che questa notizia la demmo noi».
Il 30 dicembre 1998, l’Ansa batteva questa notizia: «Un appello a Licio Gelli di Marco Pannella sarà pubblicato oggi - annuncia un comunicato della Lista Pannella - dai quotidiani La Nazione, Il Resto del Carlino e Il Giorno: "Non diventi complice del suo proprio assassinio di Stato. Cerchi di vivere". Pannella ricorda che Gelli, '80 anni, in gravissime condizioni secondo tutte le perizie mediche, ridotto ad una larva", si vede negare gli arresti domiciliari, malgrado che fra 8 mesi dovrà essere scarcerato, "se ancora vive».
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