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ISLAM

Pakistan. Due cristiani "blasfemi" nel braccio della morte

I cristiani di Lahore, Pakistan, hanno dedicato il 28 marzo al digiuno e alla preghiera per Sawan Masih e per Asia Bibi, due cristiani giudicati colpevoli di blasfemia e condannati a morte. Masih è stato condannato questa settimana.

Libertà religiosa 30_03_2014
Asia Bibi

I cristiani di Lahore, Pakistan, hanno dedicato il 28 marzo al digiuno e alla preghiera per Sawan Masih e per Asia Bibi, due cristiani giudicati colpevoli di blasfemia e condannati a morte.

Sawan Masih, 27 anni, era stato arrestato a Lahore il 7 marzo 2013 in seguito alla denuncia di un barbiere secondo il quale il giovane sarebbe entrato ubriaco nel suo negozio per farsi tagliare i capelli e, al suo rifiuto, avrebbe pronunciato parole offensive nei confronti del profeta Maometto. Il giorno successivo all’arresto, il quartiere in cui Sawan Masih abitava era stato attaccato da un folto gruppo di fondamentalisti che avevano incendiato due chiese e 150 abitazioni di cristiani e distrutto molte loro proprietà. Centinaia di famiglie cristiane erano fuggite per mettersi in salvo: molte, ma non tutte erano poi tornate nel quartiere e avevano ricostruito le case distrutte.

La sentenza di condanna al pagamento di una multa di oltre 2.000 dollari e alla pena capitale per impiccagione è stata pronunciata il 27 marzo nel corso di un’udienza a porte chiuse che si è tenuta nel carcere in cui si trova Sawan Masih perché le autorità hanno giudicato troppo alto il rischio che durante il tragitto dalla prigione al tribunale l’imputato potesse essere vittima di un attentato. La stessa corte ha inoltre disposto il rilascio su cauzione di 83 persone che la polizia aveva fermato un anno fa in seguito al raid contro i cristiani.

Doveva svolgersi il 17 marzo, ma è stata rinviata al 14 aprile per l’assenza di uno dei due giudici incaricati, l’udienza d’appello per la revisione della sentenza di condanna a morte di Asia Bibi emessa nel 2010. Asia Bibi, madre di cinque figli, bracciante agricola residente nel distretto di Sheikhupura, nel Punjab, era stata arrestata nel giugno del 2009 dopo una discussione con alcune compagne di lavoro musulmane nata dal fatto che queste ultime non volevano che lei, un’infedele impura, bevesse la loro stessa acqua. Secondo una ricostruzione dei fatti, a istigarle sarebbe stata una donna che aveva in corso una vertenza con la famiglia di Asia Bibi a proposito di una proprietà danneggiata. Di lì a poche ore, le donne denunciavano Asia Bibi accusandola di aver offeso Maometto e, diffusasi la notizia, una folla furibonda si recava a casa sua e picchiava lei e i suoi familiari prima che sopraggiungesse la polizia ad arrestarla. Asia Bibi ha sostenuto fin dall’inizio di essersi limitata a dire: “credo nella mia religione e in Gesù Cristo che è morto sulla croce per i peccati dell’umanità. Che cosa ha fatto il vostro profeta Maometto per salvare gli uomini?”. Tuttavia, nel novembre del 2010, il tribunale di Sheikhupura presieduto dal giudice Naveed Igbal l’ha condannata alla pena capitale per impiccagione escludendo del tutto la possibilità che l’accusa fosse infondata e dichiarando l’assenza di circostanze attenuanti. Da allora Asia Bibi si trova nel braccio della morte.

La legge sulla blasfemia, la cosiddetta “legge nera”, esiste dal 1947, anno di fondazione del Pakistan, la “terra dei puri”. Nel 1986, sotto la dittatura di Zia-ul-Haq, è stata emendata per soddisfare le richieste degli integralisti introducendo la pena di morte per chi profana il Corano, dissacra il nome di Maometto e offende in qualsiasi altro modo la religione islamica. Il governatore del Punjab Salman Taseer nel gennaio del 2011 e nel marzo dello stesso anno il ministro delle minoranze Shahbaz Bhatti, cattolico, sono stati assassinati per essersi opposti alla legge e per aver preso le difese di Asia Bibi. Da anni la Chiesa cattolica e le denominazioni protestanti premono per l’abrogazione della legge senza ottenere risposta. Come nel caso di Asia Bibi, l’accusa di blasfemia è diventata un mezzo comune per sopraffare, accusandoli, nemici e avversari: un vicino di casa di cui si è invidiosi, il proprietario di un terreno che si vorrebbe acquistare e che rifiuta di vendere al prezzo offerto, un parente con cui si è in lite.

La Commissione episcopale Giustizia e Pace del Pakistan ha raccolto una documentazione dalla quale risulta che nel periodo dal 1986 al 2009 sono state incriminate del reato di blasfemia 964 persone: 479 musulmani, 119 cristiani (che costituiscono il 3% della popolazione), 340 ahmadi (seguaci dell’Ahmadiyya, un movimento religioso nato in seno all’islam alla fine del XIX secolo), 14 indu e 12 altre persone di cui non è nota la fede. Sono decine inoltre nello stesso periodo le persone vittime di attentati e uccise durante i raid islamisti.