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ONE SECOND E STRINGIMI FORTE

Padre e madre, due film ne ricordano il significato

Due film girati a latitudini lontanissime ribadiscono il valore ineliminabile di paternità e maternità, che appartengono alla natura e al cuore dell’uomo. È ciò che ci mostrano la pellicola cinese “One Second” di Zhang Yimou e “Stringimi forte” del francese Mathieu Amalric.

Cinema e tv 12_02_2022

Anche se viviamo in un’epoca in cui si insiste a voler imporre termini assurdi come “genitore 1” o “genitore 2”, oppure si sostiene che innanzitutto il padre e la madre “devono essere amici dei figli”, quasi a voler cancellare il valore inestimabile dell’essere genitori ed educatori, basta parlare con un bambino per capire quanto contino mamma e papà nella sua vita e quanto manchino se non ci sono. I film One Second e Stringimi forte ci raccontano rispettivamente la storia di un padre e di una madre che ci commuovono profondamente per la forza che dimostrano di possedere, malgrado le loro debolezze e incapacità nell’affrontare i drammi che li hanno colpiti.

One Second, ambientato nell’arida Cina nordoccidentale durante la Rivoluzione Culturale, racconta la storia di un uomo alla ricerca spasmodica dell’amatissima figlia, da rivedere fosse pure solo nel fotogramma di un secondo di un cinegiornale di regime. Zhang Jiusheng, il protagonista, è un prigioniero evaso da un campo di lavoro che insegue la proiezione del film di propaganda Eroic Sons and Daughters perché sa che sarà accompagnato dal cinegiornale 22, in cui comparirà appunto per un attimo la figlia, entusiasta sostenitrice della Rivoluzione di Mao. Zhang non la vede da anni, perché lei si vergogna di lui, incarcerato per una rissa, e non lo vuole più incontrare. Ma la ragazzina Liu, un’orfana affamata, furba e scontrosa, ruba la pellicola a cui tanto tiene il povero ex prigioniero.

Parte così un inseguimento caparbio in un paesaggio desertico e ostile, in cui i due lottano disperatamente per il possesso della bobina, che passa dalle mani dell’uno a quelle dell’altra, in una prova continua di forza e astuzia. E intanto imparano a conoscersi, pur rimanendo apparentemente estranei, non fidandosi mai e perdendo ambedue il loro tesoro. Finalmente giungono al paese poverissimo e controllato con durezza dalle Guardie rosse dove avverrà la proiezione, tanta sospirata da Zhang, ad opera di colui che tutti chiamano Mister Cinema: è l’addetto designato dal regime che, grazie alle sue abilità tecniche, sarà in grado di offrire alla misera popolazione di quel distretto una serata di spensieratezza e felicità. La pellicola infatti è comunque giunta fortunosamente a destinazione, anche se in pessime condizioni. Bisogna perciò darsi da fare per salvare la visione del film per la gioia del villaggio.

Certo, il tema del fascino del cinema, che i critici hanno tanto sottolineato, pare dominare, sia per l’accanito “inseguimento” della pellicola sia per le disavventure in cui è coinvolta, srotolata e impolverata da disattenti trasportatori che non ne capiscono il valore; o ancora per la partecipazione entusiasta dell’intero paese all’accurata ripulitura della striscia di celluloide, con i suoi preziosi fotogrammi, per poi poter assistere al rito collettivo di una serata speciale. Ma ciò che più colpisce è proprio il desiderio incrollabile di Zhang di rivedere la figlia, sia pure per un brevissimo istante. Persino Mister Cinema resta colpito, capisce il sentimento paterno dell’evaso e vuole accontentarlo. Tuttavia, in seguito lo consegnerà con l’inganno alle Guardie rosse, per mantenere i privilegi legati alla sua professione. Non negherà però un piccolo gesto di bontà regalando a Liu, su richiesta di Zhang, un paralume.

La ragazzina, infatti, voleva la pellicola per costruire una lampada da consegnare ai bulli che tormentavano il fratellino. Incredibilmente sarà proprio Liu, la ragazzina ostinata di cui piano piano il nostro padre disperato scopre la triste storia di abbandono (il papà è fuggito con un’amante), che permetterà a Zhang, “derubato” della propria figlia da un regime spietato, di ritrovare con lei quello sguardo paterno di cui anche Liu ha tanto bisogno. La fanciulla gli appare ora diversa dalla strafottente adolescente che voleva sottrargli l’unico momento di gioia della sua derelitta esistenza. E diventa un’altra figlia che potrà incontrare di nuovo una volta terminato il furore della Rivoluzione. Il giudizio del regista su quegli anni è impietoso e forse per questo l’uscita del film è stata bloccata a lungo. Ma al di là dello squallore dell’epoca maoista, svetta in One Second l’amore di un padre che mantiene la sua forza e capacità di paternità malgrado tutte le angherie e ingiustizie.

STRINGIMI FORTE

E quale ingiustizia più grave può esserci per una madre della morte di un figlio? Il dolore straziante della mamma del film Stringimi forte, diretto da Mathieu Amalric, è così radicale che Clarisse fugge dalla sua vita per non vedere ciò che in realtà è accaduto. Il racconto cinematografico inizia con la partenza della tormentata protagonista, che una mattina presto abbandona figli e marito per un viaggio dalla meta indefinita. E tocca al padre Marc l’arduo compito di spiegare ai ragazzi l’assenza della madre. Ma in realtà il vero film è un altro, e comincia lentamente a chiarirsi allo spettatore: l’allontanamento di Clarisse dalla casa, in cui vive con la sua famiglia, nasconde il tentativo di fuggire l’assenza dei suoi bambini e di suo marito. Una tragedia crudele, infatti, glieli ha portati via e la giovane donna, con la sua partenza, quasi si accusa di essere stata lei ad abbandonare i suoi familiari. Cerca in tutti i modi di mantenere un legame duraturo con loro, immaginandone la vita che per lei non può non continuare. Perché Clarisse, piegata da un dolore inaccettabile, può resistere solo convincendosi che la vita dei suoi bambini prosegua nel tempo, anche o proprio al prezzo del distacco da sé.

Il film è costruito in modo sapiente, sviluppando due storie parallele che culminano con la vera partenza di Clarisse, forse finalmente capace di guardare di nuovo al futuro. Durante la visione, straniante e commovente, ci si affeziona alla bravissima Vicky Krieps, che interpreta magistralmente la mamma straziata e profondamente sola del paesino dell’Aquitania dove tutto le ricorda la separazione che vive e che può sopportare solo ricordando il passato e immaginando un futuro che non ci sarà mai. Però non si schianta. Vive in modo così drammatico la sconvolgente lontananza dei suoi cari che perde la capacità di distinguere tra realtà e immaginazione; ma alla fine non può che accogliere il destino che non le toglierà comunque la sua maternità. Dovrà viverla in modo nuovo, accettando la scomparsa di chi ama.

Questa mamma così legata e attenta ai figli e al loro destino ci colpisce e ci commuove per la grandezza di un sentimento e di un compito di cui sembra che il mondo d’oggi non riconosca più l’attrattiva. L’inverno demografico non è certo motivato solo da difficoltà economiche, ma forse proprio dalla convinzione che la maternità appare quasi un sacrificio impossibile, invece che una strada per la piena realizzazione di sé. Ecco, il film Stringimi forte ci mostra che abbiamo bisogno di madri coraggiose e che nessun dolore può cancellare la loro capacità di amare.

Nei due film qui presentati si stagliano un padre e una madre così veri e determinati nella loro vocazione educativa che, malgrado le tragedie della vita, siamo certi potranno viverla in modo nuovo anche in futuro. E per la società di oggi sono uno stimolo a ritrovare l’audacia di costruire legami solidi e generosi di cui i nostri figli, sempre più fragili, hanno urgente bisogno.