Padova, la città del santo e del condottiero
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Sant’Antonio ed Erasmo da Narni, detto il Gattamelata, sono due delle figure più famose legate a Padova. Nella piazza della Basilica del Santo si può cogliere il passaggio dal Medioevo al Rinascimento. Una città ricca di meraviglie.
Secondo la tradizione Antenore, fuggito da Troia, fondò la città di Padova nel 1185 a. C. Lo raccontano lo storico Tito Livio in Ab urbe condita e Virgilio nell’Eneide. Roma e Padova hanno nel mito quindi una medesima origine troiana. Anche Dante, nella Commedia, riprende il mito della fondazione della città di Padova da parte di Antenore. Il poeta dedica addirittura una delle quattro parti del lago Cocito a lui, considerandolo come un traditore della patria: avrebbe consegnato la statua del Palladio ad Ulisse e Diomede in cambio dell’incolumità sua e della sua famiglia, secondo una tradizione che risale a molti autori antichi e medioevali.
In Piazza Antenore si erge un monumento funebre in memoria dell’antico fondatore della città. Risale al 1283, dopo che lo studioso Lovato Lovati attribuì ad Antenore le ossa ritrovate nel 1274, insieme a una spada e a monete d’oro. Ventitré secoli dopo la mitica fondazione della città giunse a Padova il portoghese Fernando. Proveniva dalla città di Lisbona. Aveva aderito all’ordine degli Agostiniani, ma dopo aver incontrato i Francescani entrò nel loro ordine, assumendo il nome di Antonio. Nel 1220 chiese di partire per il Marocco. La nave su cui viaggiava fece naufragio in Italia e il frate ebbe l’occasione di incontrare personalmente Francesco d’Assisi.
Antonio mostrò un talento prodigioso per la predicazione. Così fu inviato in diverse città d’Italia e d’Europa. Divenne ministro provinciale dell’Ordine francescano nel nord Italia nel 1227-1230. Visitò numerosi conventi, ma creò un legame particolare con la comunità francescana della Chiesa di Santa Maria Mater Domini di Padova, ove rimase per due lunghi soggiorni negli anni 1230 e 1231. Morì il 13 giugno 1231, all’età di circa 36 anni. In meno di un anno fu canonizzato da papa Gregorio IX: era il 30 maggio 1232. Non era mai accaduto prima e non sarebbe mai accaduto più tardi. Pochi anni prima san Francesco era stato canonizzato in due anni (1228).
Oggi Fernando da Lisbona è venerato in tutto il mondo come sant’Antonio di Padova. Da tutto il mondo più di sei milioni di pellegrini ogni anno si recano in visita alla Basilica del Santo, che venne costruita poco dopo la sua morte. All’interno sono custodite alcune reliquie di sant’Antonio, come la lingua incorrotta, il mento, un osso del piede, un frammento di cute, capelli, la tonaca e la cassa in cui era stato deposto il corpo.
All’esterno, sulla piazza, Donatello realizzò due secoli più tardi il monumento equestre del Gattamelata, in bronzo. Erasmo da Narni, detto appunto il Gattamelata, era il nome del condottiero di ventura che, dopo aver militato per la Repubblica di Firenze prima e per lo Stato pontificio poi, divenne comandante dell’esercito veneziano. La realizzazione avvenne tra il 1446 e il 1453 con la tecnica della cera persa, usata nell’antichità e per la prima volta nella modernità proprio da Donatello. Un secolo più tardi Benvenuto Cellini si sarebbe avvalso della stessa tecnica per la realizzazione della statua di Perseo. Troviamo la cronaca dell’impresa nella sua Vita. La statua equestre di Donatello, di imponenti dimensioni, misura 340x390 cm, con il basamento di 780x410 cm.
Nella piazza della Basilica del Santo si può cogliere il passaggio dal Medioevo al Rinascimento: la statua del Gattamelata è rivolta dalla parte opposta rispetto alla Basilica; da una parte troviamo il santo, che rappresenta l’uomo ideale del Medioevo, dall’altra un condottiero di ventura di successo che incarna l’homo divus, una delle figure di riferimento dell’epoca rinascimentale.
Una miniatura di santa Ildegarda di Bingen, realizzata nel 1163, ci mostra la figura dell’uomo, inscritto nella Terra e circondato da Dio con il suo abbraccio misericordioso. Evidente è la somiglianza con l’uomo vitruviano realizzato da Leonardo da Vinci più di trecento anni più tardi (1490). Anche lì un uomo è inscritto in una circonferenza, ma è scomparsa la presenza di Dio.
L’uomo medioevale concepisce ciò che accade in rapporto con la dimensione ultraterrena, con il Mistero, con l’Infinito, in una prospettiva escatologica. Se pecca, ha coscienza, così, di aver peccato. La coscienza del peccato può esistere solo in una civiltà che coglie e percepisce la presenza del Mistero. L’uomo medioevale non è meno peccatore dell’uomo delle altre epoche, ma ha più chiara la consapevolezza di esserlo e di aspettare la propria salvezza da un Altro. Per questo l’uomo cresce in un percorso guidato, in una compagnia. Il pellegrinaggio ben rappresenta l’immagine dell’homo viator, del viandante che si affida a una guida e a un maestro. Proprio per questo, alla morte di sant’Antonio venne eretta una basilica per accogliere tutti i pellegrini che giungevano a Padova per incontrare il santo nelle sue reliquie e nella memoria di chi lo aveva conosciuto.
L’età umanistico–rinascimentale, caratterizzata da un rinnovato interesse per le attività dell’uomo e per la vita mondana, celebra invece l’affermazione tutta terrena dell’operato umano in un certo ambito, ovvero l’eccellenza (nel senso etimologico del termine, cioè primeggiare sugli altri).
Nel Palazzo della Ragione, edificio inserito tra i patrimoni dell’umanità dall’UNESCO nel 2021, nel salone che fu per tanti secoli il più grande salone pensile dell’Occidente (80 m di lunghezza, 40 m di larghezza, altezza di quasi 30 m) troviamo un cavallo ligneo, copia di quello di Donatello, commissionato dalla famiglia Capodilista nel 1466 per una parata, così ben realizzata, ci racconta Giorgio Vasari, che venne ritenuta opera di Donatello stesso.
A Padova, secondo la tradizione, si trovano anche le reliquie di san Luca Evangelista nell’arca realizzata dalla scuola pisano-veneta nel 1313. Ci troviamo nella Basilica di Santa Giustina. Quando nel 1354 giunse in visita a Padova il re di Boemia e imperatore Carlo IV di Lussemburgo, portò a Praga il capo di san Luca oltre alla testa di san Vittore da Feltre e alle ossa di san Vito (che si trovavano a Pavia). Tutte queste reliquie si trovano oggi nella Cattedrale di Praga. Gli studi compiuti nel 1998 confermano che la testa che si trova a Praga appartiene allo scheletro conservato a Padova. Inoltre, le analisi sembrano confermare la tradizione secondo la quale le ossa conservate a Santa Giustina sarebbero quelle di san Luca.
Lasciamo al lettore la scoperta di tutte le meraviglie di Padova e della sua storia plurimillenaria: la Cappella degli Scrovegni, che conserva uno dei cicli pittorici più importanti della storia dell’arte, l’università tra le più antiche d’Italia, le scenografiche piazze (delle Erbe, della Frutta, Prato della valle, tra le più grandi d’Europa), le chiese, i palazzi storici e i tanti angoli che ci invitano a scoprire la storia di una città che è al contempo un pezzo della storia d’Italia e della sua cultura. Qui a Padova G. Galilei insegnò e studiò per anni. Si può ancora vedere la sua abitazione.
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