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PAPA FRANCESCO

"Pacem in terris", riletta mezzo secolo dopo

Per il cinquantesimo anniversario, Papa Francesco commenta l'enciclica «Pacem in terris» del beato Giovanni XXIII. L'enciclica ricorda che il fondamento della pace consiste nell’origine divina dell’uomo, della società e dell’autorità stessa.

Ecclesia 04_10_2013
Giovanni XXIII

Il 3 ottobre 2013 Papa Francesco ha ricevuto i partecipanti al convegno promosso dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace per il cinquantesimo anniversario dell’enciclica «Pacem in terris» del beato Giovanni XXIII (1881-1963). L'anniversario e l'enciclica erano già stati segnalati come importanti in altre occasioni sia da Benedetto XVI sia da Papa Francesco, e - poiché molti che parlano del testo di Papa Giovanni ne hanno letto, al più, il titolo - «La nuova Bussola quotidiana» ne aveva proposto una lettura sistematica.

«La Provvidenza - ha esordito Francesco - ha voluto che questo incontro avvenga proprio poco dopo l’annuncio della canonizzazione» di Papa Roncalli, il quale scrisse la sua enciclica in un particolare contesto storico. «I più anziani tra noi - ha detto il Papa - ricordiamo bene l’epoca dell’Enciclica "Pacem in Terris". Era l’apice della cosiddetta "guerra fredda". Alla fine del 1962 l’umanità si era trovata sull’orlo di un conflitto atomico mondiale, e il Papa elevò un drammatico e accorato appello di pace» di cui si può dire, a cinquant'anni di distanza, che portò frutti e contribuì a evitare che la Guerra fredda degenerasse in una guerra atomica davvero apocalittica.

È giusto ricordare il contesto storico dall'enciclica. Ma occorre anche leggerla, e accorgersi che intendeva rispondere alla domanda: «Ma qual è il fondamento della costruzione della pace?». La risposta di Giovanni XXIII è esigente: la vera pace viene da Dio perché l'uomo stesso viene da Dio. «La "Pacem in terris" - ha affermato Papa Francesco - lo vuole ricordare a tutti: esso [il fondamento della pace] consiste nell’origine divina dell’uomo, della società e dell’autorità stessa». Non solo l'uomo come singolo viene da Dio. Anche la società viene da Dio. E anche l'autorità, secondo un insegnamento tradizionale che è al cuore della dottrina sociale della Chiesa, viene da Dio.

Se non si comprende questo fondamento teologico della dottrina sociale, non si capisce in profondità perché la Chiesa chieda di tirarne due conseguenze: «promuovere e praticare la giustizia, con verità e amore; contribuire, ognuno secondo le sue possibilità, allo sviluppo umano integrale». Lo sviluppo deve essere «integrale»: e la giustizia, praticata con amore, deve rispondere al parametro della verità. Questo insegna la «Pacem in terris».

Ma «guardando alla nostra realtà attuale - ha detto Francesco - mi chiedo se abbiamo compreso questa lezione della "Pacem in terris". Mi chiedo se le parole giustizia e solidarietà sono solo nel nostro dizionario o tutti operiamo perché divengano realtà. L’Enciclica del Beato Giovanni XXIII ci ricorda chiaramente che non ci può essere vera pace e armonia se non lavoriamo per una società più giusta».

Questa giustizia, ha insistito Papa Francesco, ha sempre - secondo l'enciclica - la stessa radice: tutto parte dal «richiamare l’origine divina dell’uomo, della società e della stessa autorità». Dal fatto che l'uomo è stato creato da Dio deriva «una conseguenza di base: il valore della persona, la dignità di ogni essere umano, da promuovere, rispettare e tutelare sempre. E non sono solamente i principali diritti civili e politici che devono essere garantiti - afferma il Beato Giovanni XXIII - ma si deve anche offrire ad ognuno la possibilità di accedere effettivamente ai mezzi essenziali di sussistenza, il cibo, l’acqua, la casa, le cure sanitarie, l’istruzione e la possibilità di formare e sostenere una famiglia. Questi sono gli obiettivi che hanno una priorità inderogabile nell’azione nazionale e internazionale e ne misurano la bontà. Da essi dipende una pace duratura per tutti».

Francesco è certo un Papa sensibile al principio di solidarietà, uno dei due pilastri della dottrina sociale della Chiesa. Ma ricorda, con l'enciclica, anche il secondo pilastro, il principio di sussidiarietà, per cui lo Stato non deve invadere gli spazi dei corpi intermedi, delle realtà locali, delle associazioni. «È importante anche - ribadisce Francesco - che abbia spazio quella ricca gamma di associazioni e di corpi intermedi [...] nella logica della sussidiarietà».

Sbaglieremmo però, ha proseguito il Pontefice, se cercassimo nell'enciclica ricette e decisioni pratiche che vanno lasciate alla responsabilità dei governanti e dei laici in genere. «La "Pacem in terris" non intendeva affermare che sia compito della Chiesa dare indicazioni concrete su temi che, nella loro complessità, devono essere lasciati alla libera discussione». Ma l'enciclica fissava dei «principi fondamentali» che devono presiedere a ogni discussione e restano validi ancora oggi, e un invito ai governanti a rispettare l'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio e a rispettare la verità. Oggi «la a crisi economica mondiale è un sintomo grave della mancanza di rispetto per l’uomo e per la verità con cui sono state prese decisioni da parte dei Governi e dei cittadini». Che questa crisi sia «inumana», ha concluso il Papa, lo mostra purtroppo la tragedia di Lampedusa, «una vergogna» che ci induce a riflettere sulle conseguenze della sufficienza con cui la politica ha trascurato e ignorato gli ammonimenti della dottrina sociale della Chiesa.