Ore 12, sentenza senza appello per Archie Battersbee
I giudici hanno rinviato di poche ore l’«esecuzione» del 12enne in coma nel Royal London Hospital concedendo un ultimo, disperato, appello presso la Corte Suprema, ma hanno rigettato la richiesta dell’Onu di sospendere il distacco dei supporti vitali e insistono che la morte è “il miglior interesse” di Archie. Ma alle 17.45 ora italiana la Corte Suprema ha rigettato anche l'ultimo appello. Ora i medici procederanno al distacco dei sostegni vitali.
- FISSATA L'ESECUZIONE DI ARCHIE
- L'AGGHIACCIANTE LETTERA DELL'OSPEDALE
Aggiornamento ore 18: la Corte Suprema ha rigettato anche l'ultimo appello. Ora i medici procederanno al distacco dei sostegni vitali.
Aggiornamento ore 15: I legali dei genitori di Archie Battersbee hanno presentato ricorso d'urgenza alla Corte Suprema, come annunciato, avendo avuto come termine le ore 12. Ora sono in attesa della sentenza dei giudici, e il Royal London Hospital ha fatto sapere che non inizierà a distaccare i supporti vitali da Archie finché la Corte Suprema non darà il suo verdetto.
L’“esecuzione” di Archie Battersbee non ha avuto luogo, come era inizialmente previsto, il 1° agosto. In quella che appare una sentenza contraddittoria, il presidente della sezione familiare (Family Division) della Corte d’Appello, sir Andrew McFarlane, la signora giudice King e il signor giudice Moylan, hanno respinto totalmente l’ingiunzione di “misure provvisorie” del Comitato ONU per i diritti delle persone disabili (UN CRPD) nei confronti del governo britannico, per sospendere il distacco dei sostegni vitali ad Archie Battersbee finché il Comitato ONU non avesse esaminato il caso.
Eppure, nella stessa sentenza, i giudici hanno ordinato un breve rinvio della sospensione dei sostegni vitali di Archie fino alle 12 di martedì 2 agosto (le 13 di oggi ora italiana) per consentire ai genitori del 12enne in coma un ultimo appello presso la Corte Suprema, pur ribadendo che la morte è nel “migliore interesse” di Archie. I genitori hanno dunque poche ore e uno spiraglio per appellarsi alla Corte Suprema. I tempi ristretti sono in linea con il ritmo con cui il caso di Archie è stato condotto nei tribunali finora. Il fatto che una sentenza di vita o di morte sia tanto affrettata è inspiegabile, ma di sicuro dà la sensazione di trovarsi davanti a una parodia della giustizia.
Nel giro di poche ore, Archie è stato condannato a morte per la terza volta. Sir Andrew McFarlane, pronunciando la sentenza, ha descritto la Convenzione per i Diritti delle Persone Disabili, su cui il Comitato Onu ha basato la sua richiesta, come un “trattato internazionale estraneo”, “che non fa parte della legge del Regno Unito”. “Non si addice a questa Corte applicare un trattato internazionale estraneo nel suo processo decisionale”, e “se questa Corte dovesse cedere alla richiesta dei genitori, essa agirebbe contro il ‘miglior interesse’ di Archie”. Gli avvocati della famiglia di Archie avevano detto alla Corte che interrompere i sostegni vitali di Archie costituirebbe piuttosto una violazione degli obblighi del Regno Unito ai sensi degli artt. 10 e 12 della Convenzione ONU per i Diritti delle Persone Disabili, e dell’art. 6 della Convenzione ONU per i Diritti dei Bambini.
Tom Allan, del Christian Legal Centre, che ha assistito la famiglia di Archie, ha detto alla Nuova Bussola Quotidiana, che “tutte le parti presenti all’udienza hanno ammesso di non aver avuto tempo sufficiente per affrontare tutte le implicazioni di questo difficile caso”. Dal principio di questa triste saga, Hollie Dance, la mamma di Archie, ha chiesto solo “più tempo”. Ora, un appello estremo alla Corte Suprema resta l’unica speranza per la famiglia per chiedere che si dedichi un tempo adeguato alle più recenti evidenze mediche su Archie.
Hollie afferma di poter dimostrare che Archie sta migliorando ed è stabile, anche con prove video sulla respirazione di Archie. Ma le Corti hanno sempre rifiutato di prendere in considerazione nuove richieste. Nella sua sentenza sir Andrew ha fatto inoltre riferimento alle evidenze mediche sottoposte al giudice Hayden, che ha emesso la sentenza del 15 luglio, e raccolte in quel periodo, secondo le quali si devono sospendere i sostegni vitali di Archie. Ha detto: “In breve, il suo organismo, i suoi organi, e in ultima analisi il suo cuore sono in fase di declino. Davanti alla Corte le opzioni sono sempre state nette”. Invece, Hollie afferma che i medici hanno “selezionato appositamente cosa mandare davanti alla Corte, così che i giudici stanno prendendo le loro decisioni sulla base di prove fornite dai medici. Questo ha pilotato la sentenza della Corte a favore dell’azienda ospedaliera, mentre noi siamo stati silenziati”.
In una dichiarazione successiva all’udienza di ieri, Hollie Dance ha detto che continua a essere “scioccata e traumatizzata dalla crudeltà delle Corti inglesi e dell’azienda ospedaliera”. “I nostri desideri di genitori continuano a essere bypassati e ignorati”, ha detto. “Non comprendiamo l’urgenza e l’ansia di interrompere i sostegni vitali”. “L’azienda ospedaliera non ci ha dato affatto il tempo di accettare l’accaduto”. “Non è possibile che una società compassionevole tratti in questo modo una famiglia nella nostra situazione. Noi continueremo a combattere per Archie”.
Resta da vedere se il dipartimento legale del governo del Regno Unito emetterà una dichiarazione o se lo farà il Comitato ONU, cui è stato detto chiaramente di non immischiarsi. Il Comitato ONU per i Diritti delle Persone Disabili aveva già criticato il sistema britannico di interrompere il trattamento di sostegno vitale sulla base del “miglior interesse” del paziente stabilito dalla Corte. Vale anche la pena di ricordare che l’ultima udienza è avvenuta in seguito a una lettera di domenica 31 agosto a nome del Segretario alla Sanità Steve Barclay, che ha chiesto alla Corte di “valutare con urgenza” la richiesta del Comitato ONU di revocare la sospensione del sostegno vitale ad Archie finché il caso veniva esaminato.
Il Regno Unito ha aderito volontariamente al Protocollo Opzionale della Convenzione dei Diritti delle Persone Disabili e questo permette al Comitato di chiedere al governo britannico di rinviare l’interruzione del sostegno vitale durante l’esame della controversia.
Edward Devereux QC, in rappresentanza della famiglia, ha detto alla Corte: “La Convenzione per i Diritti delle Persone Disabili non è direttamente incorporata nelle leggi nazionali, così che nessun pronunciamento del Comitato è formalmente vincolante per i nostri tribunali. Tuttavia le misure provvisorie hanno vigore nel nostro sistema giuridico nazionale per via del costante rispetto del Regno Unito verso i suoi obblighi internazionali”. Ha inoltre dichiarato: “Il Segretario di Stato ha effettivamente invitato la Corte a intervenire per assicurarsi che gli obblighi di diritto internazionale vengano rispettati dal Regno Unito. La Corte è libera di agire in conformità con le misure provvisorie nel caso presente e dovrebbe farlo”.
Non è la prima volta e probabilmente non sarà l’ultima, che il caso drammatico di un bambino muove i cuori e le coscienze dell’opinione pubblica. Se il governo britannico non acconsente a una revisione, estremamente necessaria, della gestione di questi casi, ma se prima di tutto non impone mutamenti radicali sui criteri delle sentenze relative alla morte e al miglior interesse, ci saranno ancora tante famiglie crocifisse dal peculiare sistema legale e sanitario della Gran Bretagna.