Ora il gregge non ha più paura
Alla messa di inizio pontificato di Papa Francesco anche il cielo ha dato ai presenti la netta impressione che il disegno, inizialmente indecifrabile e misterioso della rinuncia, si fosse compiuto e che le nubi della sede vacante fossero ormai lontane.
Chiamiamole coincidenze, così nessuno ci prende per visionari, ma un sole così non baciava Piazza San Pietro dal primo giorno da Papa del Cardinal Bergoglio. All’indomani di quel «Fratelli e sorelle… buonasera» che aveva stupito tutti.
Se si scorrono le foto di questo mese ce ne si rende conto. La pioggia dell’attesa (terminata misteriosamente dopo la fumata bianca), gli ombrelli dei fedeli, immobili per ore davanti al comignolo della Sistina, sono l’immagine più significativa del Conclave vissuto dalla gente.
Ieri, 19 marzo 2013, sembrava di essere tornati al 27 febbraio all’ultima udienza di Benedetto XVI, oggi Papa emerito.
Anche il cielo (nero il giorno prima) ha dato ai presenti la netta impressione che il disegno, inizialmente indecifrabile e misterioso della rinuncia, si fosse compiuto e che le nubi della sede vacante fossero ormai lontane.
Ed ecco Francesco, la novità nella continuità, uno stile diverso sullo stesso solco del suo predecessore.
Alle 8.45 si dona alla folla, senza riserve, a bordo di una Jeep, percorrendo in lungo e in largo i corridoi disegnati dalle transenne, all’interno del colonnato del Bernini. Al nuovo Papa poco importa dell’insistenza della security che, per ovvie ragioni, aveva insistito per la Papa-mobile. Anzi, fa fermare continuamente il jeeppone papale per baciare e accarezzare.
L’abbraccio al ragazzo disabile e ai suoi accompagnatori è una delle istantanee da conservare di questa giornata nel segno di San Giuseppe.
La seconda è quella che vede il Santo Padre in ginocchio davanti alla tomba di San Pietro. «Quello è il baricentro della Chiesa», aveva detto qualche giorno fa ai giornalisti. L’ennesimo richiamo all’essenziale in pochi giorni («Senza Cristo, Pietro e la Chiesa non hanno ragion d’essere»).
Nella terza c’è tutto il parroco della periferia del mondo. Le telecamere infatti sorprendono due volte Papa Bergoglio guardare impazientemente l’orologio mentre osserva la lenta processione dei cardinali. Un gesto che, ci raccontano, ha fatto scoppiare in un’affettuosa risata piazza de Mayo a Buenos Aires, collegata con i maxi-schermi (alle 4.45 di notte). Una folla che era già andata in visibilio qualche ora prima, per la telefonata del Santo Padre («Fate i bravi eh! Anche se sono lontano!» aveva detto come un padre buono che sta per tornare), ennesimo fuori programma.
Poi la semplice madonnina fatta mettere sull’altare e le parole spese sul ruolo di custos (custode) di San Giuseppe (non a caso nello stemma papale c’è la Sacra Famiglia: il simbolo gesuitico di Cristo, Maria “stella dell’evangelizzazione” e il fiore di nardo di Giuseppe). Un esempio da seguire per i cristiani, ma anche per chi non crede. Custodire il creato, custodire gli altri, soprattutto gli ultimi, quelli che stanno «alla periferia del cuore», secondo l’insegnamento dell’alter cristus, il “poverello di Assisi”.
Il Pontificato di Papa Bergoglio ora può avere inizio, segnato dal palio di Ratzinger e dall’anello piscatorio in argento. «Il vero potere è servizio» ha spiegato Francesco ricordando l’invito di Gesù a San Pietro (“Pasci i miei agnelli”).
Al popolo, numeroso in piazza e rinfrancato nel cuore, non resta che seguirlo.