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POLONIA

Onu, Ue e media fermano il divieto di aborto

Il Parlamento polacco boccia la proposta di legge di iniziativa popolare “Stop Abortion”, firmata da 450 mila cittadini. Un ruolo importante in questo ripensamento lo hanno giocato le pressioni internazionali, provenienti sia da istituzioni come l’Unione europea e l’Onu sia da organizzazioni non governative.

Vita e bioetica 08_10_2016
La manifestazione delle donne in nero
Appena due settimane. Tanto è il tempo trascorso tra il convinto “sì” iniziale (267 voti a favore e 154 contrari) del parlamento polacco alla proposta di legge di iniziativa popolare “Stop Abortion”, firmata da 450 mila cittadini e che mirava a stabilire il principio che l’aborto è un reato senza eccezioni, e il successivo “no” da parte di una schiacciante maggioranza (352 contro 58) nella seduta di giovedì.
 
Un dietrofront clamoroso per proporzioni e tempi, che solo in parte si può spiegare con la protesta di lunedì scorso delle donne pro-aborto (116 mila in tutta la Polonia, secondo gli organizzatori, sebbene alcuni media abbiano propagandato l’abnorme cifra di “sei milioni” di partecipanti), le quali si erano vestite di nero per inscenare la morte dei loro diritti, urlando gli slogan che da mezzo secolo vengono usati per sostenere l’aborto e che mai tengono in considerazione il diritto alla vita del nascituro.
 
Un ruolo importante in questo ripensamento lo hanno giocato le pressioni internazionali, provenienti sia da istituzioni come l’Unione europea e l’Onu sia da organizzazioni non governative. Basti pensare che il primo rigetto della proposta pro-life è avvenuto mercoledì da parte della commissione Giustizia e Diritti umani della Camera bassa polacca: nonostante questo tipo di leggi non sia affatto di competenza comunitaria, la sera di quello stesso giorno era in programma una discussione all’Europarlamento proprio sui diritti delle donne in Polonia. Difficile pensare a una coincidenza, piuttosto - come hanno notato anche dei media laicisti - quella della commissione parlamentare è stata una mossa preventiva, che di fatto equivale a una resa alle pressioni.
 
C’è poi da considerare il ruolo di gran parte del sistema mediatico internazionale che ha rappresentato lo sciopero delle donne di lunedì come se si trattasse di una protesta di tutte le donne polacche (come ha già osservato Robi Ronza), quando invece sono state tante le donne in prima linea nel promuovere l’iniziativa pro-life. I grandi media, compresi quelli italiani, hanno inoltre fatto passare l’idea che la proposta “Stop Abortion” fosse una “legge del governo” (mentre nasce appunto da una mobilitazione dal basso), voluta principalmente da “fondamentalisti cattolici” e “gruppi ultracattolici”.
 
L’intento di queste distorsioni è chiaro: bollare di estremismo, quindi da marginalizzare, le idee di chiunque difende un principio naturale (in questo caso, il diritto del bambino in grembo), opponendosi al pensiero unico veicolato dal mainstream. È così che si crea consenso, portando dalla propria parte gli indecisi.
 
In questa occasione, il meccanismo di condizionamento ha funzionato così rapidamente da causare la retromarcia del partito di maggioranza, Diritto e Giustizia. Per giustificare il cambiamento di linea, il suo leader Jaroslaw Kaczynski ha detto che “siamo in presenza di un gigantesco equivoco. Noi abbiamo il massimo rispetto per coloro che hanno firmato la proposta sul divieto di aborto. Ma siamo arrivati alla conclusione, osservando la situazione sociale, che questo sarebbe un fattore che conduce a proteste”.
 
Con un ragionamento da realpolitik, basato sulla presunta ineluttabilità del male (e fin troppe volte sentito), ha poi aggiunto: “Il nostro partito è e sarà sempre dalla parte della vita ma l’impatto del divieto di aborto può essere contrario ai risultati desiderati”. Poco dopo queste parole, la Camera bassa ha votato compatta contro l’iniziativa a difesa del nascituro, con le poche voci di parlamentari fuori dal coro che hanno definito la presa di posizione di Kaczynski come un tradimento dei valori conservatori.
 
Secondo quanto riporta Radio Poland, i vescovi polacchi, pur apertamente favorevoli al divieto di aborto, avevano pubblicato mercoledì una dichiarazione per esprimere il loro disaccordo con la misura che prevede una pena per le donne che abortiscono volontariamente. Comunque, al di là delle considerazioni sul tipo di pena più opportuno per questa fattispecie, va detto che un articolo di “Stop Abortion” prevedeva esplicitamente la discrezionalità del giudice nel mitigare la pena per una donna, inclusa la possibilità di assolverla del tutto.
 
Malgrado il voltafaccia di Diritto e Giustizia, il fronte polacco contrario all’aborto non si è perso d’animo e, come rende noto la piattaforma Citizen Go (che ha lanciato subito una petizione a sostegno della nuova iniziativa), ha presentato al parlamento un’altra proposta di legge, chiamata “We love each child”, anche questa diretta a dare piena tutela alla vita umana fin dal concepimento. Insomma, nonostante le molte spinte contrarie, in Polonia la battaglia a difesa del nascituro è ancora viva.