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REVISIONE PERIODICA UNIVERSALE

Onu: le Ong denunciano l'Italia alle dittature

Nella Revisione Periodica Universale, ogni Stato membro dell'Onu si sottopone a giudizio dei membri del Consiglio per i diritti umani, di cui fanno parte anche molte dittature. Così l'Iran ci raccomanda di rispettare i diritti delle donne e il Pakistan quelli delle minoranze. A raccogliere dati e verificare sul terreno sono soprattutto le Ong

Esteri 13_11_2019
L'aula del Consiglio per i Diritti Umani

Le Nazioni Unite comprendono innumerevoli organi, agenzie, fondi che si occupano di ogni aspetto della vita sociale, economica e politica degli stati membri. Seguirne tutte le attività è praticamente impossibile. Il 4 novembre, ad esempio, si è svolta a Ginevra la 34esima sessione del Gruppo di lavoro della Revisione Periodica Universale, UPR, un organismo istituito nel 2006 dal Consiglio Onu per i diritti umani con l’incarico di verificare periodicamente lo stato del rispetto dei diritti umani negli stati membri dell’Onu. L’Italia, che era uno dei 14 paesi sottoposti a esame, ha dovuto rispondere, e si è in attesa dell’esito, in merito a ben 199 “raccomandazioni” di adottare provvedimenti, norme, direttive intese a rimediare a omissioni o violazioni dei diritti – di immigrati, persone LGBT, minori e minoranze, donne… – formulate quattro anni fa in occasione della precedente verifica.

Dal Brasile, ad esempio, è arrivata all’Italia la raccomandazione ad adottare un piano nazionale contro il razzismo, le discriminazioni razziali, la xenofobia e per prevenire la violenza razzista e xenofobica. Il Bangladesh ci ha raccomandato di prevenire ogni forma di discriminazione e pregiudizio nei confronti dei rom, dei musulmani e degli emigranti. Il Pakistan ci ha chiesto di rafforzare le istituzioni di contrasto alle discriminazioni razziali al fine di combattere i discorsi di odio e proteggere i rom e le minoranze razziali e religiose, inclusi i musulmani, da violenza e discriminazione. L’Iran voleva da noi misure contro la violenza alle donne e protezione immediata alle vittime; l’Angola sforzi intensificati per integrare nel sistema scolastico i minori immigrati. Spagna, Olanda, Canada, Gran Bretagna hanno raccomandato di combattere le discriminazioni e le violenze legate all’identità di genere e all’orientamento sessuale.

Che il Pakistan ci trovi in difetto in materia di tutela delle minoranze religiose e si permetta di farci delle raccomandazioni o l’Iran faccia altrettanto in fatto di violenza alle donne è a dir poco singolare, sapendo quel che succede in quei paesi. Ma l’Italia deve comunque prendere atto di tutte le raccomandazioni, a prescindere da chi le inoltra, se vuole superare la verifica dell’UPR che valuta se sono state soddisfatte e quante invece sono rimaste inascoltate. Come l’Italia, tutti i paesi membri dell’Onu sono oggetto di esame e tenuti ad accogliere le raccomandazioni che ricevono. In questo modo l’UPR assicura la promozione dei diritti umani, assicura l’Onu, molto fiera di questo suo organo che considera una “importante innovazione perché tratta tutti i paesi allo stesso modo e fornisce loro l’opportunità di illustrare che iniziative intraprendono per migliorare la situazione dei diritti umani e abbattere gli ostacoli al loro pieno godimento”. Vale quindi la pena descrivere come funziona.

Ogni anno vengono esaminati 42 stati nel corso di tre sessioni, 14 per sessione. Le verifiche sono svolte dai 47 membri del Consiglio per i diritti umani, ma tutti gli stati membri possono partecipare alla discussione. Ogni stato sotto verifica inoltre è assistito da tre stati scelti a sorteggio, la cosiddetta “troika”, che fungono da relatori. Le verifiche si svolgono tramite una discussione interattiva tra lo stato in esame e gli stati membri dell’Onu nel corso di una seduta del Gruppo di lavoro dell’UPR durante la quale tutti i paesi possono fare domande, commenti, raccomandazioni che poi la troika eventualmente raggruppa assicurandosi inoltre che il dialogo interattivo si svolga in maniera ordinata e corretta. L’iter per ogni revisione è molto lungo, laborioso e oneroso, in termini di risorse umane e finanziarie impiegate. Sono previsti diversi incontri per ciascun paese, preceduti da altri al livello nazionale, fino alla stesura del rapporto finale che viene adottato durante una sessione plenaria del Consiglio per i diritti umani nel corso della quale lo stato sotto verifica ha ancora facoltà di rispondere a questioni non sufficientemente chiarite in precedenza.

Ma su che cosa si basano le verifiche? Su quali informazioni? Raccolte da chi? I documenti – risponde l’UPR – consistono in informazioni fornite dallo Stato sotto esame; da informazioni contenute in rapporti redatti da esperti, gruppi indipendenti, comitati di monitoraggio del rispetto dei dieci trattati internazionali sui diritti umani, altri organi Onu; da informazioni pervenute da altre parti interessate incluse le istituzioni nazionali per i diritti umani e le Organizzazioni non governative. Queste ultime possono partecipare alle sessioni dei Gruppi di lavoro e fare delle dichiarazioni durante le sessioni finali del Consiglio.

Mancano però due dati importanti per poter valutare l’efficacia dell’UPR. Nulla è detto sui meccanismi per accertare la veridicità delle informazioni e per evitare l’interferenza di soggetti orientati politicamente e ideologicamente. Così, ad esempio, l’Ong italiana Cild l’11 ottobre ha potuto presentare alla pre-sessione relativa alla verifica dell’Italia un documento in cui accusa il nostro governo di violare i diritti degli emigranti, intendendo però quelli illegali per salvaguardare i quali chiede inoltre che venga abolito il reato di ingresso irregolare, e afferma, mentendo, che il nuovo sistema di accoglienza è notevolmente peggiorato ed esclude i richiedenti asilo. Arcigay, OII-Italia, Gaycs e altre Ong si vantano invece di aver contribuito, presentando un documento di analisi dei diritti umani delle persone LGBTI e partecipando a diversi incontri bilaterali con oltre 35 rappresentanti di missioni permanenti all’Onu, alla formulazione di 17 raccomandazioni in favore delle persone LGBTI.

C’è poi un ulteriore punto critico, fondamentale. La dettagliata descrizione del funzionamento dell’UPR si conclude con la spiegazione di che cosa succede se uno stato non ignora le raccomandazioni, così illustrata: “il Consiglio per i diritti umani deciderà i provvedimenti da adottare nei confronti di uno Stato che si ostina a non collaborare con l’UPR”. Non una parola di più, che d’altra parte porterebbe ad ammettere l’impotenza del Consiglio privo di forza e autorità per “farsi obbedire” con il risultato che certi paesi continuano impunemente a violare i diritti umani mentre altri, a torto accusati di farlo, vengono messi alla berlina.