Omogenitorialità illegale. La Procura avverte Pizzarotti
Delle coppie lesbiche ricorrono alla fecondazione eterologa e hanno nel complesso quattro bambini. Il 21 dicembre il Comune di Parma riconosce come genitori dei piccoli anche le compagne delle madri biologiche. La Procura annuncia ricorso avvertendo il sindaco Pizzarotti che nell’ordinamento italiano «nessuna norma consente o prevede» tale riconoscimento per coppie gay. E se la mossa di Pizzarotti fosse solo propaganda per forzare la mano del legislatore?
Accade in quel di Parma. Delle coppie lesbiche decidono di ricorrere alla fecondazione eterologa e così nascono nel complesso quattro bambini. Le compagne unite civilmente o conviventi con le madri biologiche dei bambini chiedono all’anagrafe di poter figurare anch’esse come “madri”. In uno dei casi si richiede una sorta di riconoscimento incrociato, visto che ognuna delle due donne della data coppia lesbo ha partorito un bambino.
Il 21 dicembre scorso l’amministrazione comunale di Parma, guidata dal sindaco Pizzarotti, riconosce anche le compagne come genitori dei piccoli, come se anche loro avessero partorito i bambini. Infatti l’omogenitorialità acquisita da queste donne, non madri naturali, non è passata attraverso la stepchild adoption. In breve, è come se una madre e un padre avessero riconosciuto i loro bebè. Solo che in questo caso a farlo sono due donne insieme. Non è la prima volta che avviene in Italia. In alcuni casi il riconoscimento è stato rifiutato dall’ufficiale di Stato civile, ma poi concesso dal Tribunale che ha ordinato alle amministrazioni comunali il riconoscimento; in altre occasioni, invece, sono state queste ultime a concederlo sin da subito, appunto come è accaduto a Parma.
A guastare la festa a Pizzarotti, però, è intervenuta la Procura di Parma che intende far ricorso contro questi riconoscimenti. La Procura ha pubblicato un comunicato stampa in cui si spiega che “nell’ordinamento italiano, ad oggi nessuna norma consente o prevede” tale riconoscimento. “L’atto di riconoscimento successivo è previsto solo per il figlio nato fuori dal matrimonio e può essere effettuato esclusivamente dalla madre e dal padre che non lo abbiano riconosciuto al momento della nascita”. Dato che il riconoscimento originario era stato fatto dalla madre biologica, quello “successivo poteva essere effettuato esclusivamente dal padre e non da un’altra donna, che ovviamente non è madre né tantomeno può essere padre”.
La Procura, a tal proposito, aggiunge che anche le novelle legislative intervenute dal 2013 al 2015 sul tema del riconoscimento successivo non hanno modificato questo impianto normativo: «Il legislatore ben avrebbe potuto introdurre questo riconoscimento da parte delle coppie omosessuali», ma così non ha fatto, prova certa che il legislatore ha escluso anche in questa ipotesi la legittimazione dell’omogenitorialità. Continua il comunicato stampa della Procura: “Neppure la legge Cirinnà, che ha introdotto le unioni civili tra coppie dello stesso sesso, ha inteso legiferare in materia di filiazione di coppie omosessuali, per cui anche sotto questo aspetto gli atti di riconoscimento ricevuti dal sindaco appaiono non conformi alle disposizioni di legge”.
Ma non c’è solo la legge Cirinnà a dirci, seppur non in modo limpido, che due donne non possono venire qualificate entrambe come genitori, ma anche la legge 40 del 2004 sulla fecondazione artificiale. «Tale norma - continua la nota della Procura - esplicitamente vieta questo tipo di procreazione da parte delle coppie omosessuali. Nei ricorsi in questione la Procura si è dilungata a dimostrare che tale divieto legislativo non sarebbe costituzionalmente illegittimo».
Ciò a dire che se la legge 40 avesse permesso alle coppie gay di accedere alle pratiche della fecondazione artificiale questo avrebbe significato che tutti e due i partner della coppia omosessuale avrebbero avuto il diritto di fregiarsi del titolo di genitori dei bambini avuti in provetta. Ma dato che la legge 40 vieta l’accesso a queste tecniche alle coppie omosex ne consegue logicamente che è vietata anche l’omogenitorialità. Anche una relazione tecnica da parte dell'Ufficio di Stato civile di Parma, richiesta dalla Procura, sostiene “non accoglibile il riconoscimento richiesto dalle coppie omosessuali, proprio perché non previsto dal nostro ordinamento (tanto che il sindaco è dovuto personalmente intervenire per ricevere gli atti di riconoscimento successivo)”. Da ultimo ricordiamo il recente provvedimento del ministro Salvini che riguarda le carte di identità dei minori: i genitori d’ora in poi dovranno essere indicati con la dicitura “madre” e “padre”, proprio per ribadire che due donne non possono venire qualificate come genitori dello stesso minore, né due uomini.
Pizzarotti, da parte sua, commenta così il comunicato stampa della Procura: «Sui diritti delle persone occorre andare avanti. Se la legislazione è lacunosa, tocca ai sindaci far valere i diritti dei cittadini». Ma la legislazione su questa materia non è lacunosa, ossia non manca di indicazioni precise, infatti vieta la doppia genitorialità omosessuale. Se l’ordinamento giuridico ad esempio vieta la truffa, nessuno potrebbe mai sostenere che la legge italiana è lacunosa su questa materia.
In breve, la decisione di Pizzarotti, come quelle analoghe prese dai suoi colleghi e dai giudici civili, sono illegittime proprio perché per il nostro ordinamento un bambino può avere come genitori solo un padre e una madre, non due uomini o due donne. I sindaci e i giudici lo sanno bene e sanno bene che i loro riconoscimenti sono illegittimi, ma allora perché sono andati avanti sulla loro strada? Per una motivazione squisitamente ideologica: vogliono che il Parlamento permetta questi tipi di riconoscimento. Sostanzialmente si tratta del solito trucchetto già usato sia per le unioni civili che per il testamento biologico: prima crei alcuni precedenti, ossia una prassi amministrativa o giurisprudenziale illegittima diffusa in tutta Italia, e poi sulla scorta di questi precedenti contra legem chiedi al Parlamento di renderli legittimi. Una sorta di condono.
Una prova che si tratti proprio di una strategia di carattere ideologico è data dal fatto che a Parma mancano le trascrizioni degli atti di riconoscimento, quasi che il tutto sia solo un escamotage per far montare il caso mediatico. L’ex senatore Carlo Giovanardi sulla Gazzetta di Parma a tal proposito dichiara: «A questo punto mi viene il dubbio che questo sbandierato riconoscimento sia solo un’operazione di facciata. È stato effettivamente trascritto? Dove sono gli atti? Perché il sindaco di Parma nega l’accesso a questi documenti pubblici?». Poi Giovanardi elenca tutti i tentativi per richiedere questi atti, ma inutilmente, e alla fine in modo retorico si domanda: “Non è che si è trattato solo di una manovra di propaganda?”.